Probabilmente non ho mai nemmeno pensato veramente di arrivare a Trieste. L’ho sempre vista solo sulle cartine. Lì in fondo, in un angolo. È sempre stata per me la città più lontana da casa, anche se a dire il vero, sono stata in posti molto più lontani.
Per raggiungerla prendo, come sempre, il treno. Il paesaggio muta diverse volte davanti ai miei occhi, dietro al finestrino. Prima i campi arati di fresco della pianura padana, le fabbriche di Brescia, grige, ordinate, metalmeccaniche. E il Lago di Garda, con i suoi colori, verde, azzurro, ancora verde, visto dal ponte della ferrovia di Desenzano del Garda. Ancora, le colline del veronese, morbide e basse, vigne e prati coltivati, frutteti di piante ormai spoglie. Poi Venezia e finalmente il mare. Comincia a fare buio e in lontananza vedo le luci di Trieste, che si riflettono sul mare.
Arrivando con il treno si è avvantaggiati, mi dicono, sei vicinissima al centro. Trecento metri a piedi. Ottimo. A parte il vento che, per me che non sono abituata, è fastidioso, ci vuole una camminata per vedere com’è questa città. Non c’è molta gente in giro. Sembra una città del nord in pieno inverno. Poche persone, tutte di fretta. Mi guardo intorno, i palazzi sono stupendi, lavorati, puliti. Il colore bianco dei muri riflette la luce arancione dei lampioni della strada.
Prendo la via che porta verso le rive. Il mare. È vero, a Trieste c’è il mare. L’ultimo pezzettino del mare italiano. C’è un piccolo porticciolo, turistico forse, e un canale che entra verso la città, con tante piccole e colorate barche, probabilmente di pescatori. Chiedo a un passante, si chiama Canal Grande, “come quello di Venezia” mi dice orgoglioso. Quasi che fosse questo l’originale e non quello della città lagunare. Cammino un pochino lungo la riva del corso d’acqua, verso le costruzioni della città. Mi sembra quasi di camminare in una città straniera. Le persone che incrocio non parlano italiano.
Vedo un ponte e decido di attraversarlo per vedere cosa c’è dall’altra parte. Una figura attira la mia attenzione. Fermo sul ponte Rosso, un personaggio. Immobile, come una statua. James Joyce, un omaggio della città al suo illustre ospite. Non guarda verso il mare. Anche lui, come me, fissa una costruzione particolare. Assomiglia a una chiesa: ha una grande cupola, ma non vedo il campanile. Mi avvicino e, come sempre, chiedo. È il Tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità. Un esempio di architettura bizantina stupendo, sia all’esterno che all’interno. Alla fine del canale si erge una costruzione in chiaro stile neoclassico, mi dicono essere la chiesa di Sant’Antonio nuovo, ma più che una chiesa a me ricorda molto un tempio greco, con il portico sorretto da 6 colonne bianche. Cammino ancora, tornando verso la stazione, ma per le vie interne questa volta.
Trieste è proprio una bella città, pulita e ordinata. Gentile ed educata. Ritrovo senza fatica, ma con l’aiuto di un passante, la piazza della stazione, piazza Libertà. Alberi enormi al centro della piazza, con un piccolo parco dove mi fermerei volentieri se non fosse per il vento, che comincia a infastidirmi. Prendo il sottopassagio, ottima idea per attraversare senza farsi calpestare dalle auto che, nell’ora di punta, sono numerosissime. Entro in stazione e mi siedo ad aspettare. Contenta di aver goduto, anche se solo per poco tempo, di una città tanto bella.
(Foto di Zinn in Licenza GFDL)
3 commenti a “Una breve passeggiata nella Vienna Italiana”
Scrivi un commento
Per inviare un commento devi fare il login.
molto interessante, complimenti.
Grazie mille
Bella Descrizione! E peccato che non ci sei arrivata di giorno col treno… vedere quel panorama dall’alto delle rotaie è una cosa stupenda..io pur vivendo da sempre a TS mi emoziono sempre quando vedo quegli scorci stupendo di panorama che si godono da dopo Monfalcone
ciao