Una chiesa senza Dio...e senza tempo"Un simbolo per
Monselice". E' la voce unanime di istituzioni e cittadini che sottolinea l'importanza dell'ex chiesa di Santo Stefano per la comunità locale. Una considerazione ancor più amara se rapportata a ciò che consegna il presente. Per rendersene conto basta farsi un giro a via Carboni. Lì sorge la splendida facciata romanica dell'edificio chiuso al culto da circa due secoli e da un anno e mezzo posto in quarantena con un sistema di transenne, perché pericolante proprio dal versante che fronteggia la strada. Da allora n'è passata di acqua sotto i ponti, ma di concreto non è stato fatto alcunché. Ci vuole tempo, ma di tempo l'ex Chiesa di Santo Stefano non ne ha molto davanti a sé.
PROFILO STORICO - Stiamo parlando di un luogo che ha dato qualcosa alla storia, ma che dalla stessa storia ha ricevuto più umiliazioni che onori. Addossata al colle della Rocca, cuore storico del comune padovano, sulla sua fondazione non esiste alcun documento; tuttavia il nucleo originario è databile intorno all' XI-XII secolo, cui si sono sovrapposte, nei secoli, successive trasformazioni. Lo stile è una perfetta armonia di romanico e gotico, con due navate laterali del '600 e un campanile del '400.
La prima data disponibile, il 1347, ne ricorda l'accorpamento con un convento domenicano, di cui resta traccia nel cortile interno.
IL DECLINO - La sua parabola discendente ha avuto inizio a cavallo tra XVIII e XIX secolo, prima con la soppressione del monastero e poi con la chiusura al culto, per toccare infine il culmine nel momento in cui fu acquistato al patrimonio comunale. E' stato allora che si decise di trasformarla in caserma militare, con annessa stalla.
Poi un lungo silenzio fino al recente passato allorché si è ritenuto che potesse tornare utile come magazzino comunale, dislocandovi gli automezzi della polizia municipale e diversi contenitori di rifiuti. Una condizione mortificante cui, nel luglio 2005, l'allora amministrazione comunale - tutt'ora in carica e a pochi mesi dalla fine del mandato - ha deciso di porre fine, annunciando (come riportato sulle colonne de
"Il Mattino di Padova") di volere
«restituire un altro gioiello alla città: la Santo Stefano [..] uno spazio bellissimo, molto grande, che fino ad oggi è stato lasciato nel degrado e utilizzato per usi che di certo non sono i più idonei ad una struttura come quella». Il tutto nell'ambito di un'opera di riqualificazione e rilancio turistico del Colle della Rocca.
IPOTESI DI RECUPERO - Recuperarlo come teatro e sala convegni: questa la finalità del progetto di riqualificazione della struttura, dal costo complessivo di tre milioni di euro, affidato dal Comune, nel 2005, all'architetto Renato Bovo. Un'ipotesi che ha trovato il favore di buona parte dell'opinione pubblica, dal momento che la città, in seguito alla chiusura dell'Astoria, non ha più un teatro, né dispone tanto meno di un centro congressi. Nello specifico, il progetto prevede la separazione d'uso delle tre navate, destinando quella centrale ad ospitare un teatro con 204 posti a sedere; le altre due fungerebbero da sala conferenze, location di mostre, etc.
Il problema è che tre milioni di euro per un Comune di 17mila abitanti circa, come Monselice, rappresentano una cifra insostenibile e le possibilità di accedere a finanziamenti esterni non sono tante. Un primo finanziamento di 250mila euro è arrivato dalla Regione Veneto, ma a quanto pare prima del 2010 non saranno disponibili. Nel frattempo il Comune è impegnato nella disperata ricerca di finanziatori esterni e sponsor per mettere assieme la parte restante della cifra.
L'AMARO PRESENTE - Anni di incuria e di improprio utilizzo non potevano non lasciare traccia nell'ex Chiesa di Santo Stefano. Lo stato precario della struttura aveva già spinto, dieci anni fa, la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, a intervenire con alcuni lavori di consolidamento delle parti più pericolanti. Un intervento che non ha frenato la decadenza dell'edificio nella parte fronte strada, da cui hanno iniziato a cadere calcinacci, con grave rischio per i passanti. Di qui il provvedimento, nel dicembre 2007, di transennare l'area.
Sembra da escludersi il pericolo di un crollo imminente, stando alle rassicurazioni dell'amministrazione comunale:
"Non c'è alcun rischio di crollo - sottolinea l'Assessore ai Lavori Pubblici Romano Gelsi
- L'area è stata transennata perché si sono staccati alcuni calcinacci, cosa normale per edifici così datati. E' nostra ferma intenzione restituire questo bene alla città, ma la cifra necessaria al recupero dell'edificio è fuori dalla nostra portata; per questo siamo aperti a qualsiasi proposta di privati. Del resto accedere ai fondi regionali per una tale somma è impresa ardua".
Più allarmata la posizione dell'architetto Francesco Miazzi, responsabile di un comitato civico per la difesa dell'ambiente e dei beni architettonici e consigliere comunale d'opposizione:
"La situazione appare seria - ammonisce Miazzi
- ed è più che reale il rischio di compromettere irreversibilmente la struttura. Il colle è di proprietà di un consorzio formato da Regione, Provincia e Comune, all'interno del quale il Comune stesso potrebbe far valere le proprie ragioni, lasciando aperta nel contempo la strada del coinvolgimento di privati. Penso al caso della vecchia discarica, recuperata come sede di una palestra grazie al sostegno economico delle fondazioni bancarie. Il recupero dell'ex edificio - conclude -
è funzionale al rilancio turistico dell'area del Colle, di cui l'ex chiesa potrebbe rappresentare la porta d'accesso".