Firenze - Cinema Gambrinus

Per discutere dei fotoreportage della nascente nuova sezione

Moderatori: Luciano Salvati, Marcello Di Sarno, Paola Perna, Matteo Di Bello

Firenze - Cinema Gambrinus

Messaggioda albatros » gio 12 mar 2009 19:49

Vi ricordate la scena commovente dell’abbattimento del Nuovo Cinema Paradiso nel capolavoro di Tornatore?
A distanza di tanti anni, niente di nuovo sotto il sole…
Lo abbiamo visto già con la vicenda del Teatro Garibaldi, segnalata da Greenland.
Ma chissà quanti Teatri Garibaldi e Cinema Paradiso sono scomparsi e vanno scomparendo in tutta Italia..!

In nome del profitto, o forse vittime della trasformazione epocale che ha investito anche l’Italia, cedono il passo a utilizzi “più moderni e funzionali”, ai parcheggi, ai megastores, o rimangono tetri e silenziosi a sfaldarsi, a marcire, come fiori gettati in un angolo dopo aver perso il loro colore, la loro freschezza e il loro profumo…finchè non vengono spazzati via.

Sta accadendo anche a Firenze, e non solo. Perché ogni città ha il suo Nuovo Cinema Paradiso.

L’ultimo a chiudere è stato lo storico Gambrinus, il più bel cinema che abbia mai visto, quando ancora brillava della luce riflessa del suo antico splendore.
Qualche mese fa ci son passata quasi per caso, e con il magone dentro, ho scattato queste foto:

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Per chi interessa saperne di più, e magari vuol trarne spunto per parlare di quel che accade ai cinema della sua città, posto anche alcuni articoli:

CINEMA IN CRISI
Chiudono Gambrinus e CiakSi spegne un pezzo di città
L'Alter Ciak di via Faenza diventerà una sala a luci rosse. "La gente non si sentiva sicura a venire qua la sera, ma dopo sarà peggio". Lo storico Gambrinus 'imprigionato' da un nobile vincolo: non può non essere un cinema
Firenze, 22 giugno 2007 - Nel centro di Firenze due sale cinematografiche chiuderanno. Sono l’Alter Ciak, in via Faenza, a due passi dal mercato di San Lorenzo, e il Gambrinus, in via del Campidoglio. Muoiono due pezzetti della vita culturale cittadina. L’Alter Ciak diventerà, con ogni probabilità, un cinema porno: destino al quale era sfuggito, una decina di anni fa, quando era diventato sala d’essai, dopo anni di desolato languore con il nome stropicciato di Columbia. Che cosa diventerà il Gambrinus, non si sa. A dire il vero, la chiusura del Gambrinus è solo annunciata. Ma dopo lo stop estivo, è molto probabile che non riapra più.
 
Chiudono velocemente le sale cinematografiche del centro. Perché? Nel caso del Ciak di via Faenza, è tutto un quartiere che sta inabissandosi. Basta passeggiare in via Faenza, alle 12 di una mattina qualunque. Il selciato è un’ipotesi, tra buche e pietre che sporgono. Ai lati, rivoli di orina. A destra e a sinistra, tanti internet point. "Senza uscite di sicurezza, senza servizi igienici, con degli accrocchi di fili elettrici che penzolano dal soffitto", dice uno che in quella strada ci vive.
"E se succede un incendio, finiamo tutti bruciati". E lì dove c’erano artigiani importanti, cartelli di 'vendesi'. Intanto passano gruppi di zingari, mamme africane, cinesi, musulmane col velo, turiste americane. Sarebbe bello, e colorato, multietnico. Se non avesse quell’aria poco rassicurante che hanno certe zone di confine, dietro le stazioni delle metropoli. "Negozi con le merci per terra, come in Africa. E il complesso di Sant’Orsola, vuoto da anni, che è diventato come un immenso orinatoio", dice un abitante del quartiere.
 
"Qui verrà un cinema a luci rosse", dice Stefano Stefani, gestore dell’Alter Ciak, con una programmazione coraggiosa, 'politica' oltre che d’essai. "E sarà l’ultimo capitolo del degrado di questo quartiere. Perché una sala a luci rosse è quasi solo un punto di ritrovo per un certo tipo di prostituzione omosessuale, non solo tra adulti. Noi chiudiamo. Perché la gente non si sentiva sicura a venire la sera a vedere un film al Ciak. Ma dopo, si può immaginare che cosa accadrà". Esiste un comitato per combattere contro il degrado di un quartiere importante. Il comitato 'Insieme per San Lorenzo', attraverso il quale persone come Alessandro Savorelli e Beatrice Romano cercano di fare sentire la loro voce. "Solo ieri, abbiamo scoperto che non c'è obbligo per internet point e wine shop di rispettare certe norme igieniche e di sicurezza", dicono. "E c’è qualcuno che affitta o subaffitta questi fondi a un tipo di esercizio senza regole. Così via Faenza è diventata una strada di Calcuttta".
 
Diversa la situazione del cinema Gambrinus. Lì il degrado intorno non è così forte. Ma il problema è doppio. L'accessibilità difficile al centro, di sera, è il primo. Ganasce e Ztl notturna non aiutano chi vuole vedere un film la sera. Soprattutto perché dopo l’ultimo spettacolo, a mezzanotte e mezza, quale bus ti porta a casa? Se poi vuoi mangiare una pizza, devi mettere in conto il taxi, obbligatorio. Presenze in sala che crollano, cinema che agonizza. Secondo problema: il vincolo sul Gambrinus come cinema. Un vincolo nato con finalità nobili. Perché una sala di cinema non si trasformi in un parcheggio. Ma che non ha toccato, per esempio, le sale a luci rosse. Per questo, le storiche sale a luci rosse, Arlecchino e Italia, chiuderanno per diventare altro. Cose più redditizie. Ma il Gambrinus no, non potrà. E un immobile bellissimo, di enorme valore, nel centro di Firenze, perde di valore perché è obbligato ad essere cinema, mentre la gente al cinema, in centro, fa sempre più fatica ad andare.
Soluzioni possibili? Forse, una contropartita da parte delle istituzioni locali, un bonus a chi è sottoposto a questo vincolo. Sgravi fiscali, meno tasse. O agevolazioni della accessibilità al centro, la sera.
Giovanni Bogani
LA NAZIONE

Al peggio non c'è mai fine!Inserito da Groucho il Mer, 2007-07-18 07:54
Leggo l’articolo della nazione e davvero non mi capacito.
Dire che il Gambrinus chiude perché non si può parcheggiare in centro significa avvalorare questo squallido stile di vita che ci sta crescendo intorno. Il centro si vive, a piedi, passeggiando e riappropriandosi degli spazi di incontro. Se vado al cinema in centro ci vado anche per godere Firenze. La macchina si può lasciare anche sui viali. Mai nessuno è morto per avere fatto 15-20 minuti a piedi. Ma è possibile che non si possa fare proprio a meno di esaltare questa cultura del “consuma e scappa”, applicato ora anche alla cultura?
“Come faccio se non posso arrivare fin sotto il cinema con la mia macchina?”.
“Prova a camminare, e magari camminando guardati anche un po’ intorno, e rilassati!”
I multisala delle periferie vengono perfettamente incontro alle esigenze che sembrano far chiudere il Gambrinus. Ma io non riesco ad immaginare niente di più spersonalizzante ed anonimo. Sono perfettamente d’accordo con Donna Immobile, compreso le motivazioni reali che potrebbero portare alla chiusura del Gambrinus. Non facciamoci prendere in giro.
Per quanto riguarda il Ciak sono davvero dispiaciuto per la sua chiusura. E’ una perdita grave.
E per favore, anche qui, non cerchiamo di giustificare chi dice di sentirsi in pericolo ad andare al Ciak alle 21:00. Né io né i miei amici abbiamo mai avuto questa sensazione. Il senso di pericolo viene ancora da questa mentalità che ci hanno inculcato in cui tutto è minaccia, soprattutto il diverso. Via Faenza è in condizioni davvero difficili, nessuno lo nega. Ma la soluzione non è abbandonare gli spazi, soprattutto se di valore, ma viverli ancora più intensamente per risollevarli. Il fenomeno dell’immigrazione va guidato, con politiche di integrazione, favorendo la nascita di luoghi di ritrovo e di confronto. Il contrario di questo è la creazione di ghetti, proprio quello che sta capitando in larghe zone del centro. Ghetti, ma con molti phone center e posti dove bere birra. E’ chiaro che certi percorsi vanno costruiti dalla politica e la responsabilità se questo non avviene è delle istituzioni.
Ma attenzione, perché coloro che fuggono in nome di una non meglio definita tranquillità, all’interno delle loro belle case o nei loro quartieri di periferia con villetta a schiera abbandonando i luoghi, le strade, le piazze che dicono di amare, rifugiandosi magari nel più vicino centro commerciale per passare la serata, non possono non essere considerati co-responsabili. Il Ciak chiude anche per colpa loro e per il loro disinteresse.
E l’estrema conseguenza di questo abbandono, di questo disinteresse è quanto racconta Faralla di Miami. Ma non ti preoccupare, questo a Firenze non credo succederà. E’ importante che la facciata rimanga pulita, per continuare ad attirare i turisti e i loro soldi.

Chiudono per la ZTL e le ganasce? Bufala!!Inserito da Gualtiero il Sab, 2007-06-23 07:49
I casi dei due cinema mi sembrano molto differenti.
L'AlterCiak lo conosco per averlo frequentato ed è una vera perdita. Probabilmente una programmazione rivolta a gente colta e impegnata non ce la fa a vivere in tempi in cui l'imbecillità spadroneggia e conta quasi solo il farsi vedere, il Rolex o il SUV.
Che il Gambrinus chiuda a causa della ZTL notturna mi sembra una colossale bufala. Cinema commerciali che vanno a gonfie vele in centro ce ne sono tanti.
Probabilmente c'è dietro una operazione speculativa: lamentarsi per ottenere la rimozione del vincolo a cinema per farci qualche schifezza più remunerativa. Quindi il contrario della cultura.
L'accenno alle "ganasce" poi è esilarante: ma chi ha visto mai qualcuna delle valanghe di auto in sosta abusiva in centro con il bloccaruote, se non per lavaggio strade? Ma ne vedete tanti di vigili a far le multe in centro, di notte poi?
Io vedo l'illegalità selvaggia, la pirateria stradale, di fatto tollerata, con qualche multa ogni tanto, più pro-forma che altro.
Fra l'altro: io frequento le presentazioni serali alla Libreria Edison (accanto al Gambrinus), e torno a casa in autobus comodamente fino alle una: basta portarsi in tasca gli orari notturni, guardarli alle fermate o consultarli a casa sul sito di ATAF, con un comodissimo "navigatore".
No signori, se non si perde la cattiva abitudine di accendere il motore prima del cervello andremo a fondo.
Casomai quindi le limitazioni al traffico sono poche e poco severe, non il contrario. E' qui che vorrei i nostri amministratori.
La Donna Immobile
(non Gilda nel Rigoletto ma Firenze!!)

Addio cultura nell'indifferenza delle istituzioniInserito da Lapo il Ven, 2007-06-22 13:12
Dopo la libreria Le Monnier (già segnalata su questo sito), e altri innumerevoli casi di chiusura di importanti negozi storici della città (con l'apertura al loro posto di boutique di schifezze o macdonalds), ecco che anche ben 2 cinema di antica memoria chiudono i battenti. Continuiamo così, facciamoci del male...
Alla fine, con sempre meno librerie, sempre meno cinema (soprattutto impegnati), senza nemmeno le strade e le piazze per socializzare (perché diventate parcheggi a cielo aperto), il centro di Firenze non sarà che un deserto culturale, una zona morta dal punto di vista intellettuale e sociale, popolata di internet point, cinema a luci rosse e kebab (con tutto il rispetto, naturalmente, perché non è quello il problema). Con tutto quel che ne consegue.
Non ci rimarrà che chiuderci in casa davanti alla televisione (dalla padella nella brace, visto i programmi) o nei terribili e spersonalizzanti cinema "popcorn" multisala di impronta USA, dove sembra di andare a rincretinirsi invece che assistere ad uno spettacolo.
Ma forse è proprio quello che vogliono... cioè un centro storico morto, abitato da "zombie" rincoglioniti da traffico, smog, degrado, spaccio, e televisione. D'altra parte, mica si parla di calcio o del salvataggio della fiorentina... in quel caso si sarebbero mossi tutti, bipartisan, dal sindaco fino all'ultimo degli imprenditori, mettendo anche mano al portafoglio. Invece qui si tratta solo di cultura, no? E la cultura (a parte nutrire la mente e lo spirito) non fa profitti, quindi perché scomodarsi?
»
parole sante!Inserito da FARALLA il Ven, 2007-06-22 15:03
Ce' molto poco da aggiungere, caro Lapo.
Hai detto quello che diciamo in tanti, da un bel po'... noi che diciamo.
Altri, invece, stanno a guardare. Altri ancora, stanno a organizzare. Che cosa? Per ora stiamo solo intravvedendo il futuro di questa città (e tantissime altre), ma quando avremo capito a cosa si sta mirando, sarà troppo tardi.
Nel '97, sono stato a Miami, in Florida, per visitare il famoso salone nautico e ci son rimasto 15 giorni.
Ho avuto tempo sufficiente per rendermi conto di quanto la rassegnazione umana, non conosca limiti!
Arrivato in hotel, mi sembrò strano, leggere sulle guide turistiche l'avviso:
NON RECATEVI NEL CENTRO DI MIAMI (DownTown) DOPO IL TRAMONTO...SE SIETE BIANCHI!
Non ci volevo credere! Possibile che in una Nazione americana così famosa per le sue attrazioni a livello mondiale, non si potesse mettere piede, nel centro della capitale...dopo il tramonto?
Con altri amici, la seconda sera da quando eravamo arrivati, si prese un taxi, dopo cena, per andare a visitare la tanto famosa Miami.
Percorsa l'Ocean Drive, lunghissima strada su cui ci sono centinaia di hotel, uno dietro l'altro, si chiese al tassista di portarci a fare un giro in centro, in DownTown. Questi fermò la macchina e ci disse di NO, chiaro e tondo!
Gli si chiese, allora, di spiegarci la situazione ed eventualmente, consigliarci un percorso alternativo.
La motivazione del no (assoluto) fu questa: Quando alle 17, chiudono i negozi e gli uffici commerciali, che hanno sede in centro a Miami, gestiti in prevalenza da ebrei vestiti di nero, con bombetta, riccioli e giacca che arriva sotto il ginocchio, controllori di traffici di diamanti a livello planetario, si spengono le luci e cominciano ad affluire dalle periferie, auto di grossa cilindrata, guidate da neri con occhiali da sole, col braccio appoggiato fuori dal finestrino e che sgassano a suon di musica (che si sente a centinaia di metri di distanza).
Entro le 20, la sera, il centro della città e' in mano a questi brutti ceffi che spacciano di tutto. La polizia, ormai, non riesce più a controllare la zona. Scippi, furti, traffici, sbronze che sfociano in accoltellamenti e pestaggi, erano diventati ordinaria amministrazione.
Se sei bianco, scordati di entrare in centro, se non vuoi che ti succeda qualcosa di indimenticabile (ammesso che ti rimanga tempo da vivere per ricordare). La zona è OUT! Fine della spiegazione.
Esterrefatti, si chiese al tassista, cosa ci rimaneva da vedere, a quel punto. Ci propose un nutrito elenco di locali Lap Dance, alcuni Sex shop oppure...l'unico museo che gli veniva in mente e che era...il museo dei costumi usati da Schwarzenegger, nel film Terminator!!
A quel punto, delusissimi, si andò a bere qualcosa in un normalissimo bar gestito da italiani, dove si chiacchierò "paesanamente" dello squallore di Miami!
Tornato a Firenze, mi augurai che la nostra città, superconosciuta in tutto il mondo per il patrimoni di cui siamo tutti al corrente, non diventasse mai, una squallida città come Miami, il cui paragone è già di per se una bestemmia.
Che dire, oggi di Firenze, ripensando a quel viaggio? Quanto manca al "gemellaggio" con Miami?
Chi continuerà ad andare in centro, a cena, al teatro, oppure al cinema? L'unica cosa che si riesce ad annusare, guardando un pò più in là, è uno scenario catastrofico!
La colpa è solo ed esclusivamente di chi non vede al di la del proprio naso e si accontenta di incassare lo stipendio a fine mese, le mazzette che riscuote e la pensione che si aggiudicherà sicuramente, alla faccia nostra e di chi paga il "sistema" fino all'ultimo centesimo!
Spero tanto di sbagliarmi, mi auguro di aver fatto un parallelismo con una città che non ha niente a che fare con la nostra e con noi ma....
Ditemi che sbaglio, vi prego!
FARALLA

e già...Inserito da TKK il Gio, 2007-07-26 14:05
La città grazie a queste ultime invenzioni del Comune è stato consegnata, di fatto, non tanto a spacciatori e deliquenti, ma a al turismo di massa, e mi pare abbastanza evidente;
1) Ci impediscono di frequentare il centro di notte. Dopo l'una non esite un mezzo pubblico che ti riporta a casa, a meno che uno non si voglia far estorcere 25/30 euro da un Taxi. La macchina, a torto o ragione, non la puoi parcheggiare da nessuna parte.
2) Come è stato già detto chiudono cinema e posti d'interesse culturale cittadino, a favore di posti inutili e doppioni.
3) I bar, i negozi e le attività commerciali in genere sono diventati molto cari e nel caso dei locali e dei Pub l'offerta è rivolta quasi esclusivamente alle turiste sbronze targate USA...
4) E poi vogliamo parlare dei bagni pubblici?? A Firenze puoi camminare per ore senza trovare un bagno pubblico, sei costretto a comprare gomme da masticare, consumare caffè o acqua minerale per poter usufruire di "cesso"...vi rendete conto?
Andare in centro, non è più un piacere, ma una grande fatica...
saluti

commenti tratti dal sito http://www.sosfirenze.it/


Effetto Novoli
Cinema, qui nascerà il nostro profondo Texas
Nel cantiere del multiplex che ucciderà le sale del centro. Il permesso ancora non c'è, intanto le ruspe scavano

Il viaggio comincia (forse finisce) qui, da un grande cantiere all'aria aperta, dall'orrida voragine posta all'angolo fra via di Novoli e via Forlanini, nell'area da tempo dismessa della Fiat. Questo incrocio, eternamente solcato dalle automobili che si avviano verso le autostrade , mi è sempre sembrato uno dei luoghi più spaventosi della città di Firenze. D'altra parte non è che si può sempre stare fra i magnifici monumenti. Novoli intiera, con l'università e il nuovo tribunale, secondo gli auspici del Comune, dovrebbe diventare, in breve, un quartiere vivace e culturalmente animato. Guardo gli enormi «palazzacci » e i polverosi (almeno per ora) «spazi di verde » e ho qualche dubbio: ma sono gusti personali, magari un tantino nostalgici. Il problema è un altro: nello spazio ancora informe all'incrocio di via Forlanini, dovrebbe sorgere una colossale multisala cinematografica (almeno dodici schermi, in gergo un multiplex), che spazzerebbe via parecchi (se non proprio tutti) dei cinema per così dire tradizionali confinanti, con presumibili effetti collaterali sul centro storico, che è già un desolato deserto, con poche bandiere al vento (l'elegante Odeon, il tenace Fulgor). La cosa non è ancora fatta, perché allo stato delle cose una legge regionale proibisce una costruzione di questo tipo in una terra così vicina, e le categorie coinvolte (piccoli e medi proprietari e lavoratori dipendenti) sono pronte a dare battaglia, arrivando alla procura della repubblica se sarà necessario. In questi mesi ho letto parecchie dichiarazioni intrecciate e contrastanti, nonché furenti comunicati di taglio sindacale. Ma per farmi un'idea più precisa sono venuto sul posto della discordia.
Il colosso. È un sabato mattina, le gru sono in movimento, impalcature di ferro e cemento sono già alte, almeno una decina di operai si muove nel cantiere. Insomma i lavori fervono. La cosa un po' mi sorprende, perché ho spesso avuto la sensazione che in altre occasioni (ad esempio nei canteri stradali che stanno rivoluzionando il traffico per la futura tranvia) l'attività non fosse così solerte; ma potrebbe essere una prospettiva nata dalla mia rabbia d'automobilista pigro e qualunquista che non vuole fare sacrifici e maledice gli ingorghi. Sono comunque ancor più sorpreso perché in una sorta di proto-struttura circolare ad anfiteatro, mi pare di scorgere il nucleo nascente del multiplex. E al momento, la Regione Toscana a cui spetta la competenza della decisione finale, non ha concesso permessi, anzi per bocca dell'assessore alla cultura Paolo Cocchi, ha emesso un verdetto negativo: «La multisala di Novoli non si farà. C'è una legge regionale che stabilisce un rapporto preciso fra sale di cinema e popolazione». Ovvero costruendo, si sarebbe già fuori dai parametri legalmente previsti per evitare il caos poco calmo del sovraffollamento.
Le gru. Eppure vedo le ruspe scavare e la situazione non mi sembra così chiara. Andiamo per ordine: il progetto totale (il maxicinema, più di cento negozi, un parco; anche bar e tavole calde immagino) è affidato alla Società San Donato, con la consulenza della «Larry Smith Italia», multinazionale assai specializzata in centri e delizie commerciali. Ai cancelli dei cantieri ci sono regolarmente elencati gli architetti e gli ingegneri responsabili. Per il cinema ancora non c'è nessuna scritta ufficiale. Si sa per altro che se diventerà operativa, la responsabilità della gestione del Multiplex sarà della Medusa (la casa cinematografica di Silvio Berlusconi), non senza un affitto milionario da pagare, con la probabile collaborazione della fiorentina Gloria Germani, una delle ultime eredi della più nobile dinastia («filmica »)fiorentina, attuale proprietaria e responsabile dell'Odeon, il bellissimo cine-teatro di piazza Strozzi. Per avere conferma telefono a Roma a Claudio Trionfera, fine critico e alto dirigente della Medusa stessa, che con cortese eleganza si tira fuori dalla zuffa: «Siamo effettivamente interessati al progetto; ma le dispute legali sul territorio non ci riguardano. Se non ci saranno i permessi, naturalmente ritireremo ogni offerta». Potrei passare la giornata al telefono, ma rischierei di trovarmi di fronte a un morbido muro di dichiarazioni del genere, gentili ma non chiarificatrici. I sostenitori del No sono invece disposti a parlare e a chiarire per ore. Le categorie del settore, ovvero l'Agis (associazione nazionale dello spettacolo) e l'Anec (associazione nazionale degli esercenti dei cinema) sono tesi e compatti. Il loro portavoce è Maurizio Paoli, proprietario della doppia sala dell'Adriano e pugnace presidente della sezione fiorentina della già citata Anec. Al suo fianco c'è Stefano Stefani, vivace direttore di cinema ad alta qualità come il Fiorella e il Flora. In un documentato dischetto si ricostruisce tutta la pasticciata storia, nata dal 2004 con decreti limitativi contro il mercato selvaggio, annunci di chiusure o di aperture di nuovi spazi. Francamente non ho la cultura giuridica per stabilire se una semplice Dia («dichiarazione inizio di attività») in un caso come Novoli sia sufficiente per costruire oppure no. Decideranno i magistrati, se si arriverà allo scontro finale. E non mi sorprenderebbe troppo se la Regione Toscana ritoccasse la legge esistente, cambiando i parametri e autorizzando in extremis la costruzione. È gia accaduto nel 2006 per i dintorni di Prato, ad ovest di Paperino, dove entro il 2009 sorgerà un multiplex, che insieme al colossale Vis Pathè (sedici sale, accanto al centro commerciale dei Gigli, a Campi Bisenzio) cancellerà (presumibilmente) tutti i cinema medio-piccoli della piana che arriva sino alle colline di Montecatini. Per quanto riguarda Firenze, se non si arriverà in tribunale, ci vorrà una decisione politica. A questo punto le cose si complicano, non è roba da sinistra contro destra. Gli schieramenti sono trasversali e non chiarissimi, con intrecci stravaganti fra gli assessori della maggioranza (Pd), spesso più o meno velatamente favorevoli al progetto e alcuni consiglieri di Forza Italia fieramente contrari.
Nomi e cognomi. Tecnicamente la decisione è della Regione; ma trattandosi di Firenze, il parere del Comune è importante. Come dicono gli investigatori nei gialli americani i nomi li so, gli indirizzi li conosco (la frase, per carità, non è minacciosa, solo che mi suona bene ); se la questione non annoierà, faremo incontri e interviste ai protagonisti della partita nelle prossime puntate. Sul momento, per capire il futuro, voglio tornare un attimo al passato prossimo. I numeri dicono che gli schermi fiorentini sono cresciuti: dai 22 del 1993 siamo passati ai 43 attuali. Ma la lievitazione è dovuta all'effetto «multisale», perché molti cinema famosi sono chiusi e defunti. Negli anni Sessanta, nei giorni di festa, andavamo al cinema in centro. Due dinastie (Germani e Castellani) avevano in mano il meglio della città. Si poteva scegliere il lusso del Capitol (l'ascensore, che vertigine), gli stucchi del Gambrinus mo chiuso, nell'autunno 2007, speriamo che in qualche modo riapra), la quieta eleganza dell'Excelsior e via dicendo, sino alle remote ombre del Supercinema e dei palchetti, dolcemente torbidi, del Nazionale, in via dei Cimatori. L'elenco delle lapidi potrebbe continuare per un pezzo, ma le cose cambiano (si sa) e non voglio stare qui piangere sulla stagione perduta, quando avevamo cent'anni di meno. Posso però fare qualche considerazione dolente. Molti degli spazi cinematografici «dismessi» sono rimasti non utilizzati e serrati. Sotto le logge dell'ex Capitol c'è stato per un po' un goffo mercatino, e ora c'è uno spazio (con caffè triste) per turisti stremati dalla visita agli Uffizi. Nel buio solitario del Supercinema immagino che corrano felici i topi e le pantegane; mentre non escluderei che dentro al Nazionale nuoti qualche coccodrillo, sbucato dalle fogne. Insomma le cose (i recuperi) non sono andati per il meglio. Per questo i fautori del rinnovamento veloce dovrebbero riflettere prima di favorire ennesime scomparse. I sostenitori del No sono convinti che la maggioranza della giunta fiorentina, partendo dal sindaco Domenici e dal vicesindaco Matulli, che per ora hanno taciuto sull'argomento (chi tace acconsente?), siano favorevoli alla costruzione del Multiplex. Su questa linea sarebbe schierato, nonostante che le sue dichiarazioni non siano nettissime, l'assessore all'urbanistica Gianni Biagi, che per la sua carica è fatalmente esposto a polemiche ricorrenti (i parcheggi, i restauri alla Fortezza, la tranvia stessa).
Giovani contro anziani. Il più sventato nelle esternazioni mi è però sembrato l'assessore alla cultura Giovanni Gozzini (ora sta correggendo il tiro, ma le parole sono pietre), che nei mesi scorsi ha sintetizzato la faccenda come una questione generazionale: le sale tradizionali sarebbero una zona archeologica per vecchi, i multiplex un giocoso centro per liberi giovani senza pensieri. Avendo passato i sessant'anni forse sono permaloso; e comunque non mi sarei aspettato uscite del genere da un intellettuale come Gozzini che ha diretto per anni il Gabinetto Viesseux, circolo letterario virtuoso e istruttivo, ma non esattamente un allegro club da «giovani marmotte». Il contrasto fra i ragazzi e gli anziani non c'entra niente, anche i nonni mangiano pop corn. I veri nodi da sciogliere sono «il progetto» e «il programma », come dicono anche i leader politici nazionali. Molti innocenti moriranno a stento. E, lasciando campo ai potenti Multiplex, c'è il rischio che si proiettino solo i best seller del momento: 12 copie dell'ultimo film di Pieraccioni, 10 di Moccia, e quattro di John Rambo. Tutte pellicole, sia chiaro, che rispetto. In giro però c'è altro: gli indipendenti europei e americani, gli incubi Gus Van Sant (Paranoid Parc) e le rivisitazioni crudeli del Novecento (II falsario, Oscar come miglior film straniero). Opere a volte noiose, a volte belle, come capita nell'altalena dell'arte e della vita; ma che sarebbe gravissimo non fare arrivare, o destinare a salette in stile casa di riposo per tetri pensionati. L'ipotesi di limitarsi ai colorati «pop-corn movie» calati in un centro commerciale da famigliola in shopping, fa molto Texas profondo o desolato Idaho. Meglio ricordarselo, così, tanto per capire(come suole dire Tex Willer a Kit Carson,) qual è la pista da seguire e il bersaglio contro cui vogliamo sparare.
Claudio Carabba
27 febbraio 2008 CORRIERE FIORENTINO


Il parcheggio al posto del Fulgor
La proprietà vuole abbattare la sala per fare spazio a decine di posti auto per residenti. Si spera che la modifica passi dal Consiglio: «Un’amministrazione di sinistra direbbe no».
Rischia la chiusura una delle ultime sale cinematografiche del centro, eroicamente sopravvissute negli ultimi anni al vero e proprio assalto delle multisala: la proprietà del cinema Fulgor ha infatti avanzato richiesta all’amministrazione comunale di poter trasformare la struttura di via Maso Finiguerra in un parcheggio pertinenziale: decine i posti auto, che in sostituzione delle attuali 5 sale cinematografiche potrebbero essere destinati alla sosta dei residenti.
La norma comunale risalente al 2004, che disciplina il settore cinematografico a Firenze, permette infatti, secondo un singolare cavillo presente al suo interno, di poter destinare il 70% della superficie di ciascun cinema, a ‘funzioni privilegiate’, fra cui rientra anche la sosta. Qualora la direzione all’urbanistica di Palazzo Vecchio dovesse accogliere la richiesta avanzata dalla proprietà del cinema, di fatto sparirebbe l’ultima sala cinematografica destinata alle prime visioni, ancora presente nella zona della stazione di Santa Maria Novella.
Di pochi giorni fa, infatti, la notizia della chiusura dello storico ‘Spazio Uno’ di via del Sole, che avverrà a inizio 2009. La rinascita del cinema Fulgor, dopo quasi 20 anni di abbandono, risale al 1999 a seguito del suo acquisto da parte della famiglia Rinaldi: la nuova proprietà decise di trasformare il vecchio stabile nella prima multisala fiorentina.
L’edificio, risalente agli anni ‘30, periodo a cui deve il suo stile Liberty (che lo rende dunque inevitabilmente vincolato dalle Belle Arti), ospitava inizialmente la ‘Saffa’, storica fabbrica di fiammiferi fiorentina. Soltanto successivamente venne trasformato in un cinema a luci rosse. «Ci auguriamo - spiega Gregorio Malavolti, presidente della commissione ambiente di Palazzo Vecchio - che qualsiasi ipotesi di modifica della destinazione d’uso del Fulgor, passi prima dal Consiglio comunale: la proprietà può avanzare qualsiasi richiesta, starebbe ad un’amministrazione di sinistra opporre il proprio no».
Fonte: Quotidiano Il Firenze del 18 Dicembre 2008, articolo di Gabriele Firmani

Il vecchio cinema Universale
Il Festival dei popoli si inaugura questa sera con la proiezione del documentario sulla sala d’essai chiusa alla morte del proprietario Braciotti.
C’era una volta in via Pisana, quasi all’altezza di Porta San Frediano, un cinema che era non solo luogo di proiezioni cinematografiche ma anche e soprattutto luogo di socializzazione, luogo in cui le persone s’incontravano, discutevano, si confrontavano. Era il Cinema Universale, erano gli anni Settanta e Ottanta. Quel cinema poi chiuse e diventò per Firenze un luogo di culto, un ricordo da preservare con cura, un esempio da voler far rivivere.
Matteo Poggi, fiorentino doc, nel 2001 ha scritto Breve storia del cinema Universale, edito con successo da Polistampa (con una seconda edizione nel 2003 e addirittura una ristampa nel 2007), accorato e partecipato racconto di quella sala cinematografica che fu. Federico Micali, anche lui fiorentino doc, regista che da diverso tempo racconta con passione la sua città, ne ha tratto un documentario dal titolo Cinema Universale d’essai che sarà presentato in assoluta anteprima nazionale come evento inaugurale del Festival dei Popoli (che partirà venerdì) questa sera alle ore 21 al Teatro Verdi.
«L’Universale era il palcoscenico del naturale popolaresco in tutte le sue diaboliche, macabre, affascinanti, seducenti rappresentazioni» scrive Matteo Poggi: l’Universale era davvero uno spazio d’aggregazione importante per la città; si fumava, si vedevano film che difficilmente passavano nella consueta distribuzione commerciale, ci si confrontava sulle visioni, s’intrattenevano le più svariate relazioni. Aperto dagli anni Quaranta fino al 1989, il cinema è stato chiuso nel 1990, alla morte del suo proprietario, il ‘mitico Manlio Bracciotti’ e oggi rivive non solo nel libro, ma anche in un documentario che ne ripropone tutta la vivacità, fatta di urla verso le schermo, di accanite discussioni per decidere quale film proiettare, di leggende metropolitane che vogliono addirittura che una volta un ragazzo entrasse in vespa.

C’era tutto il popolo di San Frediano a frequentare l’Universale, ma c’erano anche gli intellettuali, gli artisti che decidevano di passarvi le serate per vedere magari i film d’autore che mai proiettava nessuno sul grande schermo. Si respirava un’atmosfera ‘diversa’ al cinema Universale, quasi rockettara e comunque controcorrente: una democrazia assoluta regnava all’interno, fra chi bevevo, chi fumava, chi giocava a carte sulle seggioline di legno.
Un luogo mitico, uno di quegli spazi che Firenze ancora oggi rimpiange, un cinema ma anche un posto dove si vedeva tutti insieme ‘Lascia o raddoppia’ oppure si assisteva alle serate, ad ingresso rigorosamente gratuito, di Edoardo Spadaro o Marina Marinari.
Fonte: Quotidiano Il Firenze del 12 Novembre 2008, articolo di Letizia della Luna


In estinzione le vecchie sale cinematografiche

Sono ormai tanti anni che si parla di ridare linfa vitale alle vecchie sale cinematografiche fiorentine. È tanto tempo che si parla di combattere lo strapotere delle multisale periferiche con una politica cittadina culturale che rivitalizzi i piccoli cinema del centro. Ancora però di concreto non è stato fatto niente e le monosale cittadine stanno lentamente ma inesorabilmente chiudendo una dopo l’altra. Anzi, anche gli esercenti che gestivano numerose sale della città si stanno proiettando verso altre direzioni.
Eclatante in questo caso è l’esempio del gruppo Cinehall; la famiglia Germani da decenni gestisce numerose sale cinematografiche della città: il Gambrinus di piazza della Repubblica, a causa di un non rinnovo del contratto d’affitto, è stato chiuso lo scorso anno; l’Odeon di piazza Strozzi vive praticamente delle proiezione in lingua originale e dell’affitto della sala per eventi speciali (vedi in questo periodo France Cinema e i festival che seguiranno); l’Astra 2 di Piazza Beccaria è l’unico che probabilmente riesce a vivere serenamente con i propri incassi e questo è dovuto a due fattori principali: il primo è quello che riguarda la programmazione, ovvero il cinema Astra 2 proietta prevalentemente film d’animazione, genere che ad oggi riscuote grandissimo successo non solo fra i più piccoli ma anche fra gli adulti, e inoltre non è nel bel mezzo del centro storico ma anzi in una zona con ben due parcheggi vicinissimi.
Il gruppo Cinehall inoltre ha deciso di gestire, insieme a Medusa, il tanto discusso multiplex che sorgerà a Novoli. Negli anni quindi si è sistematicamente abbandonato il centro fiorentino, contribuendo anche con la chiusura dei cinema alla sua triste desertificazione: in pochi anni hanno chiuso, oltre al citato Gambrinus, l’Excelsior (diventato una libreria), l’Astra (trasformato in albergo), il Vittoria (diventato appartamenti), il Goldoni, il Ciack, l’Alfieri, il Teatro della Compagnia e tanti altri.

Stefano Stefani, direttore delle sale Circuitocinema a Firenze, da sempre si batte con tenacia e costanza, proprio per far continuare a vivere le piccole sale del centro cittadino: la sua più recente battaglia riguarda proprio il cinema Ciak di via Faenza, da lui trasformato in piccolo cinema militante (già il nome Alter Ciak prometteva bene) le cui programmazioni volevano non solo proporre cinema di qualità, ma anche rivitalizzare un quartiere in forte abbandono e lasciato al degrado come quello di San Lorenzo.
Nonostante le numerose e rumorose battaglie, Stefano Stefani alla fine ha dovuto deporre le armi, abbandonando il cinema Ciak a un destino di morte annunciata. Come purtroppo tanti altri. La sala cinematografica del centro storico che più si salva è il cinema Fulgor di via Maso Finiguerra, nato nel 1999 sulle ceneri dell’omonimo cinema chiuso per 16 anni: le sue cinque sale, tutte denominate con nomi di pianeti, gli permettono una programmazione talmente variegata da attrarre il più vasto pubblico possibile.
Fonte: Quotidiano Il Firenze del 31 Ottobre 2008, articolo di Letizia della Luna


Il cinema fiorentino cerca una nuova casa

Nel corso degli ultimi anni a Firenze hanno chiuso i cinema Excelsior, Astra, Ideale, Vittoria, Ariston, Eolo, Supercinema, Goldoni, Arlecchino, Ciak, Alfieri, Gambrinus, Teatro della Compagnia, Italia. Nel frattempo hanno aperto i Multiple Vis Pathè e Warner Village e, se la magistratura non interviene, aprirà anche la discussa Multisala di Novoli, provocando, come dice l’Associazione degli esercenti, l’ulteriore chiusura di Manzoni, Flora, Adriano.
Figuriamoci dunque se non sarebbe utile una Casa del cinema che promuovesse film di qualità. Ma si tratta di capire dove e come. La scelta dell’Odeon come sede è stata fatta senza che neppure le categorie interessate fossero coinvolte e infatti non la ritengono idonea. Una delibera regionale ha approvato un Protocollo d’intesa con Provincia e Comune (che però hanno incredibilmente smentito il loro coinvolgimento) stabilendo una dotazione di 780.000 euro per 3 anni.
Unaltracittà ha interrogato il sindaco per capire se c’è stata una gara per scegliere il miglior progetto possibile e per sapere come intende tutelare le altre strutture di ricerca e proiezione cinematografica operanti in città. Sì perchè scegliendo l’Odeon si salva in modo assai remunerativo una sala dello stesso Gruppo Germani già favorito con l’apertura della Multisala di Novoli; non vorremmo insomma che tutte le decisioni andassero verso la direzione di tutelare chi risulta gradito alla politica, a scapito di qualità e trasparenza.
Fonte: Quotidiano Il Firenze del 10 Ottobre 2008

L'Alfieri dimenticato
Ancora fermo il restauro dello storico cinema di Santa Croce
Quattro mesi fa l'annuncio del via ai lavori per fine gennaio

Qualcuno si è dimenticato dell'Alfieri. E non stiamo parlando del sommo poeta e drammaturgo, ma della storica sala cinematografica di proprietà comunale, situata nel cuore del quartiere di Santa Croce, chiusa ufficialmente dal 1˚ gennaio 2007 e che aspetta da troppo tempo ormai una riapertura che viene rinviata di anno in anno.
SARACINESCA ABBASSATA. Eppure l'assessore Giani quattro mesi fa aveva dichiarato al Corriere Fiorentino che i lavori sarebbero partiti per la fine di gennaio 2009, ovvero un mese fa. Oggi in via dell'Ulivo però regna la pace più tetra, visto che non si vedono né cantieri in allestimento né operai al lavoro. Un ritardo fisiologico? Può darsi, ma si ha la sensazione che in questi due anni le promesse, gli impegni, gli annunci e i ritardi si siano succeduti continuamente senza aver prodotto un bel niente: la saracinesca di quella che è stata una delle sale cinematografiche più attive e importanti di Firenze per quasi un trentennio resta ancora tristemente abbassata.
LA STORIA. Cinefili, appassionati e semplici spettatori ricorderanno infatti che l'Alfieri è stata fin dal 1979 la vera «Casa del Cinema» fiorentina. Con un'ardita scommessa, affrontata insieme dal Comune di Firenze e dalla Cooperativa l'Atelier, in quell'anno veniva recuperata una struttura fatiscente, ma dalla lunga storia (già teatro nel Settecento, poi diventata negli anni Cinquanta una sala adibita sia a proiezioni cinematografiche sia a numeri d'avanspettacolo), che diventò ben presto il punto di riferimento esclusivo per gli amanti della cultura cinematografica, proponendo una nutrita serie di film d'essai, organizzando anteprime e incontri con i più prestigiosi registi e attori del mondo (da Marco Ferreri a Roberto Benigni, da Eric Rohmer ad Abel Ferrara, da Marco Bellocchio a Gian Maria Volonté e Margherita Buy), ospitando tutti i festival fiorentini, promuovendo proiezioni notturne, retrospettive e pubblicazioni di settore, lavorando con scuole e università, ospitando qualche volta anche piccoli spettacoli di musica, cabaret e danza fino a trasferirsi d'estate nelle arene all'aperto (Forte di Belvedere, Campo di Marte e Palazzo dei Congressi). Facendo un rapido calcolo, in ventisette anni d'esercizio almeno dieci milioni di spettatori hanno assorbito i sogni e le immagini del cinema di qualità lanciati dalla piccola sala dell'Alfieri. Una grande storia fiorentina, insomma, che però negli ultimi anni, dopo una lenta agonia, ha subito uno stop forzato, per colpa di quella variegata crisi del consumo cinematografico tradizionale che ha colpito e affondato quasi tutte le sale del centro storico di Firenze.
IL PROGETTO. Eppure prima della chiusura, già dall'inizio del 2005 la Cooperativa l'Atelier, diventata poi Associazione Amici dell'Alfieri, aveva lanciato il suo grido d'allarme. L'ambizioso progetto per uscire dalla crisi era quello di ripensare la funzione della sala, aprendola a una serie di attività che non fossero solo rassegne cinematografiche di qualità, ma anche spettacoli di teatro, cabaret, musica, reading letterari, incontri. L'Alfieri doveva perciò essere ristrutturato per le nuove esigenze: un nuovo foyer, un palcoscenico più grande, una galleria, camerini, una nuova dotazione tecnologica, uno spazio bar-ristoro con sedie e tavolini. La causa fu subito perorata dall'ex assessore alla cultura Simone Siliani che si spese in prima persona per far sì che il Comune, in accordo con la Fondazione MPS, si accollasse le spese. Un preventivo di spesa di circa 450 mila euro (il 15% della quale doveva essere coperta dal Comune), con i lavori che sarebbero dovuti partire nella primavera del 2005. Ma l'ok della fondazione tardò ad arrivare, fino a che, nel marzo del 2006, l'istituto non si tirò indietro dal progetto, lasciando nelle mani del Comune la patata bollente. Intanto l'agonia continuava: dopo la pausa estiva, il 14 settembre la sala riapriva regolarmente, annunciando che i lavori sarebbero partiti nella primavera del 2007 e sarebbero durati solo qualche mese, fino alla prevista riapertura fissata per l'inizio del 2008.
ANCORA RITARDI. Ma i buoni propositi rimasero lettera morta, e quando poi la causa perse anche la sponda politica di Siliani, allontanatosi dalla giunta comunale, la cooperativa decise, nel dicembre del 2006, di gettare la spugna. A fronte di un preventivo di spesa di circa il doppio, il Comune decise di reagire stanziando 250 mila euro per il 2007 e poi altrettanti per l'anno successivo: progetto affidato all'architetto Giuseppe Cini e cantiere al via - parola dell'allora assessore Gozzini - nel febbraio 2008. E cioè, un anno fa. Il resto è cronaca di questi mesi: nuovi annunci, nuovi ritardi. E la storica sala dell'Alfieri, con dentro il suo scrigno di memorie collettive, aspetta, se non di essere salvata, almeno di non essere dileggiata un'altra volta.
Marco Luceri
06 marzo 2009

SCOPPIA LA POLEMICA A LIVORNO. Anche Sgarbi scende in campo
Giù il cinema futurista, si fa il parcheggio
«E le macchine passeranno davanti alla tomba di Smollett, uno dei più grandi scrittori britannici»
LIVORNO - L’ultima ruspa ha fatto arrabbiare anche Vittorio Sgarbi. «Stanno distruggendo una delle testimonianze più importanti dell’architettura cinematografica del Novecento», ha detto il professore. E subito dopo sono arrivate raffiche di proteste, appelli per bloccare il progetto Odeon, ovvero lo smantellamento di uno dei cinema più belli di Livorno, in pieno centro città, progettato dall’architetto futurista Virgilio Marchi.
DAL CINEMA AL POSTEGGIO - L’Odeon, con un finanziamento di 6 milioni di euro, sta per essere trasformato in un posteggio da 600 auto. Un progetto indispensabile per cambiare la viabilità del centro diviso in due dalla chiusura di Piazza Cavour.  Eppure i lavori “salva traffico” per molti sono un oltraggio estetico. E anche in insulto al Futurismo alla vigilia dei festeggiamenti (nel 2009) della nascita del movimento con il famoso manifesto di Marinetti.
COLORE POLITICO - C’è chi poi dà alla “furia demolitrice” una connotazione politica: «Se Marchi avesse avuto la tessera del Pci forse l’Odeon sarebbe stato salvato – sostiene Marcella Amadio, consigliere regionale e comunale di An-Pdl -. Livorno ha salvato il teatro San Marco semidistrutto dai bombardamenti (anche se lo sta conservando nel modo peggiore), ma è riuscito ad abbattere la casa di Mascagni (anche lui con la tessera del Pnf) e a lasciare in assoluto stato di abbandono il mausoleo della famiglia Ciano. C’è quasi una mania iconoclastica, Livorno non riesce a conservare e a mantenere le memorie del proprio passato. Faremo un libro bianco sugli scempi architettonici di questa città».
L'AUTO DAVANTI ALLA TOMBA DI SMOLLETT - Il progetto parcheggio non interessa soltanto cinema futurista. «Le auto passeranno davanti al cimitero monumentale degli inglesi – spiega Dario Matteoni, ex assessore (Pd) alla Cultura del Comune, storico dell’arte della Sovrintendenza per i beni cultura di Pisa e di Livorno - una testimonianza del Seicento e del Settecento, qui è sepolto Tobias Smollett, uno dei più grandi scrittori e poeti britannici. Nel cimitero arrivarono in visita Dickens e  Cooper». Le ruspe hanno già sventrato la parte posteriore dell’edificio dalla forma rotonda e oggi è rimasto in piedi solo la bellissima facciata. «Che non sarà abbattuta ma valorizzata – spiega Riccardo Vitti, presidente della Spil, la società a maggioranza del Comune che segue il progetto -. Qui nasceranno centri di estetica, uffici, insomma servizi. E’ stata invece abbattuta la parte anonima, senza alcun valore artistico».
LA POLEMICA - L’ex assessore Matteoni non è d’accordo. «Ciò che è stato già abbattuto non era affatto anonimo. Marchi era riuscito a coniugare la funzionalità dell’impianto, l’ottimo assetto acustico, con la
raffinatezza delle soluzioni architettoniche, particolarmente apprezzabili nel foyer ellittico e nella struttura parabolica di copertura.  Recentemente si è voluto ritrovare nel  cinema livornese memoria del progetto presentato da Marchi nel 1934 al concorso per il Palazzo Littorio, una combinazione di verticalismo e di forme sferiche, tutto segnato da evidente matrice classica».
Vittorio Sgarbi è contrario ad abbattimento e ristrutturazione: «Qualunque intervento cancelli la memoria storica di un edificio architettonico va bloccato. E’ un atto di barbarie, di inciviltà.  Un cinema è il riferimento di una comunità e oltretutto l’Odeon ha una valenza architettonica di prestigio. Trasformarlo in un parcheggio è un atto di barbarie. A Milano hanno abbattuto lo stabilimento Alfa Romeo: aveva 100 anni, ci hanno fatto una rotatoria. Uno scempio».
Quella dell’Odeon sembra un po’ la storia di Nuovo Cinema Paradiso. Con due differenze, sostanziali. La prima è che nel film di Tornatore si abbatte un piccolo e insignificante (ricordi a parte) cinema di paese, a Livorno si cancella uno dei pochi monumenti sopravvissuti a bombardamenti e piani regolatori. La seconda differenza è che l’abbattimento dell’Odeon è reale e non virtuale  come nella pellicola premio Oscar.
SCEMPIO ARCHITETTONICO - L’assalto all’Odeon è solo l’ultimo scempio architettonico nella storia recente di Livorno. Una città martoriata dai bombardamenti e ricostruita in modo pessimo. Le demolizioni eccellenti sono sconcertanti.  Negli anni Settanta si decide di abbattere la casa natale di Mascagni, nella Piazza Cavallotti cuore della città. Al suo posto si costruisce un orribile palazzo rosso.  Non si salva neppure il Politeama, cinema-teatro  dove aveva debuttato Beniamino Gigli, raso al suolo per un altro palazzone senza gusto estetico. E ancora le ruspe abbattono la villa  Attias, mirabile esempio di architettura neoclassica, per costruire un parcheggio sotterraneo e un palazzo dove c’è un grande magazzino.
Poi ci sono le dimenticanze architettoniche. Clamorose. Il teatro San Marco, dove nel 1921 nacque il Pci di Gramsci e Bordiga, non è stato ricostruito e la facciata, l’unica ad essere rimasta in piedi, oggi ospita un asilo. La casa natale di Amedeo Modigliani è stata cancellata dalla toponomastica della città, sino a quando un lodevolissimo privato amante dell’arte, Giorgio Guastalla, l’ha acquistata di tasca propria per salvarla dall’incuria. La casa dove nacque Giorgio Caproni, uno dei più grandi poeti del Novecento, che a Livorno ha dedicato poesie e scritti, è stata dimenticata sino a un anno fa. Oggi è chiusa (appartiene a un privato) ma è stata posta una targa di memoria sulla facciata. E’ poco, ma sempre meglio di una ruspa.

Marco Gasperetti
25 agosto 2008 Corriere della Sera

Se ho preso troppo spazio...ditemelo! :-)
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