Purtroppo la piaga della speculazione affligge, in maniera trasversale, ogni opera che possa far girare grandi quantità di denaro. Ovvio, più è grande, più soldi ci sono, più bocche possono essere sfamate, e più la cosa è interessante per chi ha nella sua penna il potere di dire si o no.
Sarà banale, ma io credo che il giusto stia nel mezzo, e che di ogni cosa, anche di quella che sembrerebbe più giusta, non va fatto abuso. Voglio dire che, a mio modesto parere, il nostro futuro energetico deve essere basato innanzitutto sull'efficienza, in primis delle singole unità abitative, e su una forte spinta all'autosufficienza. In questa maniera si ridurrebbe di molto la necessità di installare grossi impianti, eolici, fotovoltaici, idroelettrici o quant'altro, ed ancor più di costruire nuove centrali. Ma, ricollegandomi a quanto detto qualche rigo più su, tutto questo viene ostacolato dalle grandi multinazionali che come è ovvio hanno interesse a tenere nelle loro mani il monopolio energetico grazie a mega centrali che servono milioni di cittadini.
Ma c'è un'altra considerazione che vorrei fare, da ambientalista ed animalista quale ritengo di essere, e riguarda quell'ambientalismo estremo, sordo e cieco, che porta alcuni a dire no a tutto.
E' necessario che ognuno di noi prenda coscienza del fatto che il nostro stile di vita così com'è non è modificabile, almeno non nella misura in cui potrebbe definirsi sostenibile dal punto di vista ambientale, e soprattutto non in pochi anni. Insomma, passi indietro non ne possiamo fare, nessuno di noi tornerebbe alla candela pur di non accendere la luce per non consumare energia (sto estremizzando ovviamente), e questa energia in qualche maniera la dobbiamo pur produrre. E vorrei tanto chiedere a quei signori che sono contrari agli aerogeneratori perché modificano i flussi migratori, o agli impianti fotovoltaici perché vattelappesca, se è più dannosa una pala o una centrale a carbone, una a biomasse, o peggio ancora una nucleare.
Si al rispetto dell'ambiente, ma nella consapevolezza di quello che siamo diventati e che, purtroppo, non possiamo smettere di essere.