A Linfen, provincia dello Shanxi, si aggirano corpi scheletrici che vomitano catarro nero. A Copsa Mica, nelle valli della Transilvania, si muore 9 anni prima rispetto alla media del paese.
Queste due città sono tra i dieci luoghi più inquinati al mondo. Per scoprire cos'hanno in comune con la città di Taranto andiamo con la memoria a un fatto di cronaca di un paio di mesi fa. All'ospedale Moscati di Taranto una scoperta che mette in subbuglio la scienza medica internazionale e sciocca l'opinione pubblica italiana: nella bocca di un ragazzino di 13 anni viene diagnosticato un cancro da fumatore incallito, il cui nome scientifico, adenocarcinoma del rinofaringe, ha un suono spettrale. Superfluo sottolineare che il ragazzino non aveva mai toccato una sigaretta in vita sua; bensì il destino gli aveva riservato la ben più triste sventura di nascere nel quartiere Tamburi, ribattezzato dai tarentini "il quartiere dei morti viventi".
E' qui infatti che ogni giorno si respirano i veleni delle attività industriali ed è su questa zona in particolare che si fonda il triste primato del capoluogo salentina di "città più inquinata d'Italia e dell'Europa Occidentale".
Il responsabile di questo disastro ambientale secondo l'ARPA (agenzia regionale per l'ambiente) è l'Ilva con le sue cokerie. Uno studio condotto dalla stessa agenzia regionale per l'ambiente, suffragato da dati scientifici del Cnr e del dipartimento di fisica dell'Università di Firenze, ha rilevato nel terreno all'interno del sito industriale e nelle sue adiacenze, un livello di diossina tre e volte mezzo superiore alla soglia consentita.
In buona sostanza basterebbe sollevare un po' di terreno per inalare veleni e sostanze tossiche.
Va precisato che per adiacenze dell'Ilva s'intendono il già citato quartiere Tamburi e la masseria Fornaro, quest'ultima salita agli onori della cronaca per le tristemente note "pecore alla diossina". Da questa e altre masserie adiacenti il sito industriale, secondo gli ambientalisti di Peacelink, sarebbero usciti formaggi e mozzarelle contaminate dalla diossina; un pericolo invece smentito dall'Ispel (istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul lavoro).
La diossina però non è l'unico cancerogeno rinvenuto dall'Arpa. Nello stesso studio si denuncia l'enorme concentrazione nell'atmosfera di metalli pesanti e idrocarburi, in particolare del benzoapirene che, secondo l'Arpa, sarebbe scaricato proprio dalle cockerie dell'ilva.
Numeri che il Ministero dell'Ambiente giudica inattendibili perché condotte non secondo i criteri di legge. N'è nato un braccio di ferro tra Arpa e Ministero, anche in vista del rilascio dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale), previsto per marzo, senza la quale l'Ilva non potrebbe continuare la sua attività.

