POESIE dimenticate (e non)

Punto di incontro della comunità: pensieri, riflessioni, passatempi, discussioni a tema libero

Moderatore: Justinawind

Messaggioda Diana Cocco » ven 13 apr 2012 19:41

IL SABATO DEL VILLAGGIO

La donzelletta vien dalla campagna,

In sul calar del sole,

Col suo fascio dell’erba; e reca in mano

Un mazzolin di rose e di viole,

Onde, siccome suole,

Ornare ella si appresta

Dimani, al dì di festa, il petto e il crine.

Siede con le vicine

Su la scala a filar la vecchierella

Incontro là dove si perde il giorno;

E novellando vien del suo buon tempo,

Quando ai dì della festa ella si ornava,

Ed ancor sana e snella

Solea danzar la sera intra di quei

Ch’ebbe compagni dell’età più bella.

Già tutta l’aria imbruna,

Torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre

Giù da’ colli e da’ tetti,

Al biancheggiar della recente luna.



Or la squilla dà segno

Della festa che viene;

Ed a quel suon diresti

Che il cor si riconforta.

I fanciulli gridando

Su la piazzuola in frotta,

E qua e là saltando,

Fanno un lieto romore:

E intanto riede alla sua parca mensa,

Fischiando, il zappatore,



E seco pensa al dì del suo riposo.



Poi quando intorno è spenta ogni altra face,

E tutto l’altro,

Odi il martel picchiare, odi la sega

Del legnaiuol, che veglia

Nella chiusa bottega alla lucerna,

E s’affretta, e s’adopra

Di Fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba.

Questo di sette è il più gradito giorno,

Pien di speme e di gioia:

Diman tristezza e noia

Recheran l’ore, ed al travaglio usato

Ciascuno in suo pensier farà ritorno.



Garzoncello scherzoso,

Cotesta età fiorita

E’ come un giorno d’allegrezza pieno,

Giorno chiaro, sereno,

Che percorre alla festa di tua vita.

Godi, fanciullo mio: stato soave,

Stagion lieta è cotesta.

Altro dirti non vò; ma la tua festa

Ch’anco tardi a venir non ti sia grave.



( Giacomo Leopardi, Canti, 1829 )


visto che domani è sabato
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Messaggioda Fabat » ven 13 apr 2012 20:53

XIII - LA SERA DEL DÌ DI FESTA

Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t'accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai nè pensi
Quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
Appare in vista, a salutar m'affaccio,
E l'antica natura onnipossente,
Che mi fece all'affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo dì fu solenne: or da' trastulli
Prendi riposo; e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te: non io, non già, ch'io speri,
Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo
Quanto a viver mi resti, e qui per terra
Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
In così verde etate! Ahi, per la via
Odo non lunge il solitario canto
Dell'artigian, che riede a tarda notte,
Dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or dov'è il suono
Di que' popoli antichi? or dov'è il grido
De' nostri avi famosi, e il grande impero
Di quella Roma, e l'armi, e il fragorio
Che n'andò per la terra e l'oceano?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
Il mondo, e più di lor non si ragiona.
Nella mia prima età, quando s'aspetta
Bramosamente il dì festivo, or poscia
Ch'egli era spento, io doloroso, in veglia,
Premea le piume; ed alla tarda notte
Un canto che s'udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Già similmente mi stringeva il core.

Giacomo Leopardi - 1820
___________________________________
Mi pare quasi un obbligo, allora... :flowers:
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Messaggioda Diana Cocco » ven 13 apr 2012 21:21

:plus1: :plus1: :plus1:
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Messaggioda carla armanino » ven 13 apr 2012 22:50

Propongo una poesia più semplice...un ricordo della prima media.

Il campanellino - Diego Valeri

Ci fu nel tempo antico un pastorello
che aveva dieci pecore e un agnello.
Era povero molto, e inverno e state ..
andava per montagne e per vallate.
Andava solo, senza pur un cane,
mangiando qualche frutto e un po' di pane;
andava e andava tutto il dì; la notte,
dormiva negli stazzi e per le grotte.
Ecco che un giorno, un sabato d'agosto,
che s'era soffermato presso un bosco
a pascer quelle sue pecore d'oro
e l'agnellino bianco come l'uovo,
gli arriva a orecchi un suono... un suono strano
non sapea se vicino o se lontano.
Canto d'uccelli non era, nè fronde
mosse dal vento, nè ridere d'onde; .
non era il bosco nè il ruscello in piena...
Era come una voce di sirena!
Ascolta attento e proprio gli sembrava :
una donna che a nome lo chiamava;
ma lo chiamava così dolcemente
come sopra la terra non si sente.

Allora dice al suo piccolo armento:
Statevi quete, e torno in un momento.
Si reca in spalla l'agnellino bianco,
e va e cammina, e va verso quel canto.
Traversa tutto il bosco, e va e cammina,
in fin che arriva ad una porticina.
Entra, e si guarda intorno, é fiori e stelle,
e perle, a cento, a mlle... Uno splendore!
Nel mezzo, una fanciulla occhio di sole
tesseva a un suo telaio, che suonava
come un organo e il canto accompagnava:
Pastorello poveretto
lascia il gregge e viene a me.!
Sé vorrai restar con meco
sarai ricco più d'un re.
Il, pastore mirava sbigottito
quella gran festa, e non movea dito:
e la bella, al telaio, sorrideva,
e il suo canto soave riprendeva:
Pastorello poverino,
gemme, perle ed oro fino,
se lo vuoi tutto è per te.

Ora il pastore stava già per dire:
Resto, son tanto stanco di patire;
quando sentì sul collo il buon tepore
dell' agnellino e il battito del cuore.
Pensò la greggia, le vallate e i monti,
l'ombra dei boschi e il chioccolio dei fonti...
Si guardò intorno... Nulla più di bello!
nulla... oppure, ecco, solo un campanello:
un campanello piccolo di rame
entro un mucchio di gioie e di collane...
Si prese quello, ringraziò la fata
e tornò fuori all' aria profumata...
Traversa tutto il bosco, e va e cammina,
e finalmente alla sua greggia arriva
C'erano tutte... Un breve salutare;
e i dodici ripresero ad andare.
E innanzi a tutti andava l'agnellino,
scotendo al collo il suo campanellino.
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Messaggioda Fabat » sab 14 apr 2012 01:49

:doh: Più semplice? Diego Valeri? :nonsifa: Ma è una battuta, la tua... ;-) :flower: :plus1:
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Messaggioda Diana Cocco » sab 21 apr 2012 14:51

A se stesso

Or poserai per sempre,
stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,
Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
In noi di cari inganni,
Non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
Palpitasti. Non val cosa nessuna
I moti tuoi, né di sospiri è degna
La terra. Amaro e noia
La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T'acqueta omai. Dispera
L'ultima volta. Al gener nostro il fato
Non donò che il morire. Omai disprezza
Te, la natura, il brutto
Poter che, ascoso, a comun danno impera,
E l'infinita vanità del tutto.

(Giacomo Leopardi)
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Messaggioda Fabat » lun 23 apr 2012 13:48

Talor, sognando, mi raccolgo anch’io
Sopra la cima d’un ridente clivo,
In una villa tacita, e là vivo
Solo con te, le mie memorie e Dio.

Edmondo De Amicis
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Messaggioda Diana Cocco » mer 25 apr 2012 21:13

poesia araba

Immagine Sulla Parete

Da mille...
duemila...
forse tremila anni...
il flautista cieco sta sempre a mostrar se stesso
sulla parete... qui
e ci sorride spesso...
col cuore guarda lontano
e dalle dita leggere,
dalle labbra genera la melodia d’un canto.
Mi chiedo
A noi sorride o ci deride?
E la sua melodia... è un allegro canto
o è invece lutto e pianto?
Allora mi chiedo:
se il suonatore cieco... è come noi, cieco.
1969
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Messaggioda Fabat » ven 27 apr 2012 10:22

Canto alle rondini

Questa verde serata ancora nuova
e la luna che sfiora calma il giorno
oltre la luce aperto con le rondini
daranno pace e fiume alla campagna
ed agli esuli morti un altro amore;
ci rimpiange monotono quel grido
brullo che spinge già l' inverno, è solo
l' uomo che porta la città lontano.

e nei treni che spuntano, e nell' ora
fonda che annotta, sperano le donne
ai freddi affissi d' un teatro, cuore
logoro nome che patimmo un giorno.

Alfonso Gatto
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Messaggioda Diana Cocco » sab 28 apr 2012 15:21

MARIO NOVARO
SOSPIRO

Sempre un sospiro nuovo
mi resterà nel cuore,
poi che anzi l'alba io vidi all'oriente la luna
che in mare tendeva
languida trama di un sogno di maggio

e Venere la seguiva
in un incanto di raggio e cielo più terso:
mormorava il mare alla riva:
e in un bruno pallor l'aria odorava
gonfia di primavera:
mentre gli uccelli fra le rame dei pini
ancora muti aspettavano il giorno.

(da Murmuri ed echi, Ricciardi, 1912)
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Messaggioda Viviana Bernardini » mer 16 mag 2012 21:14

"E se passando per Bonaria vi sembrerà di vedere su quei gradini mille petali di rose rosse saranno briciole di cuori lasciate perché del cuore non si perda la strada.
Se sentirete quel mare cantare e le rocce suonare capirete che anche se vanno via i musicanti la musica non può mai andar via.

Se tutto in quel luogo sembrerà farvi provare qualcosa di nuovo sarà la scia persistente delle anime che vi si sono incontrate e hanno formato un'anima sola che rimarrà li' per sempre.
Se tutto questo non dovesse bastare a spiegare la presenza che avvertite avvicinandovi, sappiate che io ero con loro, con voi, che sono ancora con voi e ancora là.
Tutto questo ha cementato la nostra amicizia per sempre, qualunque cosa accada essa è scritta sulle rocce, nel mare, nel cielo e su quegli scalini di Bonaria
Grazie a chi ha cantato e suonato con me. Grazie a chi c'era in qualsiasi modo a festeggiare il mio compleanno più bello di sempre...
Andrea Parodi
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Messaggioda emmaromanazzi » mar 22 mag 2012 19:17

Dovrei paragonarti a un giorno d'estate? [sonetto XVIII]

Dovrei paragonarti ad un giorno d'estate?
Tu sei ben più raggiante e mite:
venti furiosi scuotono le tenere gemme di maggio
e il corso dell'estate ha vita troppo breve:
talvolta troppo cocente splende l'occhio del cielo
e spesso il suo volto d'oro si rabbuia
e ogni bello talvolta da beltà si stacca,
spoglio dal caso o dal mutevol corso di natura.
Ma la tua eterna estate non dovrà sfiorire
nè perdere possesso del bello che tu hai;
nè morte vantarsi che vaghi nella sua ombra,
perchè al tempo contrasterai la tua eternità:
finchè ci sarà un respiro od occhi per vedere
questi versi avranno luce e ti daranno vita.
---
Shall I compare thee to a summer's day?
Thou art more lovely and more temperate.
Rough winds do shake the darling buds of May,
And summer's lease hath all too short a date.
Sometime too hot the eye of heaven shines,
And often is his gold complexion dimm'd,
And every fair from fair sometime declines,
By chance or nature's changing course untrimm'd;
But thy eternal summer shall not fade,
Nor lose possession of that fair thou ow'st;
Nor shall Death brag thou wand'rest in his shade,
When in eternal lines to time thou grow'st.
So long as men can breathe or eyes can see,
So long lives this and this gives life to thee.

William Shakeapeare
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Messaggioda emmaromanazzi » mar 22 mag 2012 19:19

Dovrei paragonarti a un giorno d'estate? [sonetto XVIII]

Dovrei paragonarti ad un giorno d'estate?
Tu sei ben più raggiante e mite:
venti furiosi scuotono le tenere gemme di maggio
e il corso dell'estate ha vita troppo breve:
talvolta troppo cocente splende l'occhio del cielo
e spesso il suo volto d'oro si rabbuia
e ogni bello talvolta da beltà si stacca,
spoglio dal caso o dal mutevol corso di natura.
Ma la tua eterna estate non dovrà sfiorire
nè perdere possesso del bello che tu hai;
nè morte vantarsi che vaghi nella sua ombra,
perchè al tempo contrasterai la tua eternità:
finchè ci sarà un respiro od occhi per vedere
questi versi avranno luce e ti daranno vita.
---
Shall I compare thee to a summer's day?
Thou art more lovely and more temperate.
Rough winds do shake the darling buds of May,
And summer's lease hath all too short a date.
Sometime too hot the eye of heaven shines,
And often is his gold complexion dimm'd,
And every fair from fair sometime declines,
By chance or nature's changing course untrimm'd;
But thy eternal summer shall not fade,
Nor lose possession of that fair thou ow'st;
Nor shall Death brag thou wand'rest in his shade,
When in eternal lines to time thou grow'st.
So long as men can breathe or eyes can see,
So long lives this and this gives life to thee.

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Messaggioda fador » gio 11 ott 2012 14:17

Vincenzo Cardelli - "Gabbiani"

Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino pace.
Io son come loro, in perpetuo volo.
La vita la sfioro com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete, la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere balenando in burrasca.

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Messaggioda mavi80 » gio 11 ott 2012 14:22

fador ha scritto:Vincenzo Cardelli - "Gabbiani"

Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino pace.
Io son come loro, in perpetuo volo.
La vita la sfioro com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete, la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere balenando in burrasca.

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Che bella questa, grazie Fabio per avermela fatta ricordare :flower:
E c'è una parte della vita mia che assomiglia a te,
quella che supera la logica, quella che aspetta un'onda anomala


http://rete.comuni-italiani.it/foto/2012/158107
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