12 Dicembre 2009 alle 15:52

Verso il passo dei monti Aurunci

di lorenzangel4life (Itri, Lazio. Panorami. Categoria B)

Itri - Verso il passo dei monti Aurunci


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Turni (n.Voti/n.Sfide): 1° = 28/37 (76%); 2° = 28/38 (74%); 3° = 37/70 (53%); 4° = 73/142 (51%);

Si trova lungo il percorso della via Appia, tra Fondi e Formia, in corrispondenza di un passo dei monti Aurunci (passo di San Donato). Il territorio comunale arriva fino al mare, in corrispondenza di Punta Cetarola.

Il sito ebbe una frequentazione in epoca preistorica: sono stati rinvenuti resti di epoca neolitica (strumenti in pietra e in ossidiana) e dell’età del bronzo (Valle Oliva, II millennio a.C.).

Fece parte del territorio degli Aurunci, conquistato quindi dai Romani, che vi realizzarono la via Appia nel 312 a.C.. Il sito non divenne tuttavia un centro abitato, anche se è probabile la presenza di una stazione di posta. Il nome del paese deriva probabilmente dal termine latino iter (”via, cammino”).

Un antico tracciato viario, di cui si sono ritrovati resti di basolato nella località Calvi, collegava il luogo all’attuale Sperlonga.

La presenza di un serpente sullo stemma cittadino ha dato origine alla leggenda, priva di riscontri archeologici, che la fondazione della città fosse derivata dagli abitanti della città di Amyclae, sulla costa (ricordata dalle fonti, ma non identificata), fuggiti nell’interno per un’invasione di serpenti. Secondo tale leggenda il nome della città deriverebbe dalla figura mitologica dell’Idra di Lerna.

Le prime notizie di Itri risalgono al 914 (in un atto di vendita è citato uno “Stefano, itrano”). Tra il IX e l’XI secolo sorse il Castello su un’altura che dominava il passaggio della via Appia.

Itri fece parte del ducato di Gaeta e passò quindi sotto i Dell’Aquila, signori di Fondi e quindi ai Caetani. Appartenne sempre alla diocesi di Gaeta.

L’abitato sorse prima intorno al castello (città alta) e si espanse solo in seguito lungo la via Appia (città bassa). I due nuclei sono separati dal torrente Pontone (o Rio Torto). Un altro nucleo abitato era sorto nella zona di Campello, abbandonato nella seconda metà del XV secolo.

Fino all’unità d’Italia Itri appartenne quindi al Regno di Napoli (poi Regno delle Due Sicilie e fece parte della provincia di Terra di Lavoro.

Vi nacque nel 1771 Fra’ Diavolo (Michele Pezza), che fu prima fuorilegge e quindi colonnello dell’esercito borbonico di Ferdinando IV, in lotta contro l’occupazione dei Francesi, che lo presero e impiccarono a Napoli nel 1806.

Storicamente parte dell’antica provincia di Terra di Lavoro in Campania, nel Regno d’Italia fece inizialmente parte della provincia di Caserta, passò nel 1927 alla provincia di Roma, e successivamente alla nuova provincia di Latina (Littoria), nel Lazio, nel 1934.

Nel 1911 erano presenti nel comune cinquecento dei circa mille emigranti sardi arrivati per lavorare al V lotto della Direttissima Roma-Napoli. Nel contesto nazionale erano già presenti elementi di razzismo contro i sardi, chiamati sardegnoli, che non scomparvero fino alle imprese della Brigata Sassari nella Prima guerra mondiale [2]. Gli emigranti ricevevano un salario inferiore rispetto agli altri lavoratori, ma si rifiutarono di pagare ogni tangente alla camorra, allora infiltratasi nell’appalto, e per tutelarsi cercarono di costituire una lega di autodifesa operaria. Il 12 e 13 luglio, a seguito di futili pretesti, avvengono due imboscate a cui partecipano gli stessi notabili del paese, nell’indifferenza delle forze dell’ordine. Si contarono, non senza difficoltà e intralci, 8 vittime e 60 feriti, tutti sardi, [3] mentre dalla Corte d’Assise di Napoli trentatré imputati furono assolti dai giurati popolari e nove condannati in contumacia, a trenta anni di carcere. [4] Fonti locali parlano di una ribellione contro i sardi da parte della popolazione “stanca di sopportare violazioni e prepotenze [...] soprusi d’ogni genere” [5], di come “i sardi si trovavano nella condizione psicologica dei conquistatori [...] in questo centro-sud da poco conquistato dal loro Re” e “gli itrani non trovarono alcuna difesa nello Stato Sabaudo mentre ai sardi fu accordata una sorta di tacito salvacondotto tanto da portare all’esasperazione la società itrana non nuova ad atti di resistenza violenta.” .[6]

Durante la seconda guerra mondiale, nel maggio del 1944, i bombardamenti distrussero il paese e i suoi monumenti al 75%.

Il Castello, possente fortezza medioevale, alta e maestosa, è collocato sulla parte più elevata della collina denominata Sant’Angelo. Esso si articola intorno ad una torre quadrata con piccola cinta merlata (attribuita al duca di Gaeta Docibile I nell’882). Nel 950 il nipote di Docibile, Marino I, fece costruire una seconda torre poligonale più alta e maestosa della prima. In seguito, il Castello fu oggetto di nuovi lavori, con la costruzione del dongione, della parte riservata all’abitazione e del cammino di ronda (1250). Quest’ultima torre è detta “del coccodrillo”, in quanto secondo la leggenda nel fossato si trovava uno di questi animali, al quale venivano dati in pasto i condannati a morte. A questo complesso appartiene anche un fortino (la cavea), affiancato da tre piccole torri cilindriche disposte ad un livello inferiore e visibili dall’entrata principale del Castello: questa parte doveva essere riservata all’uso dei cavalli, dei servitori e dei soldati.

La parte del Castello destinata ad abitazione si sviluppa su due piani, ciascuno diviso in tre sale. Entrando nel Castello, immediatamente a sinistra si presentano due sale dalle quali si può accedere, grazie ad una scalinata, al piano inferiore. Questa parte è costituita da due vasti pezzi destinati ad uso domestico, come lasciano supporre alcune vasche, ancora visibili nel secondo pezzo, utilizzate per conservare i cibi. Si può anche osservare l’antica cisterna dove erano raccolte le acque piovane. Al secondo piano è possibile vedere i resti di quello che era un camino ed un affresco rappresentante Sant’Antonio abate ed una Vergine. In questo punto, infatti, fu fatta costruire dalla famiglia Caetani una cappella privata che fa pensare che la sala antistante fosse una camera da letto. Secondo alcune leggende, sarebbe possibile sentire dei fantasmi lamentarsi nelle notti di temporale e, soprattutto, veder fluttuare dei mantelli lungo il cammino di ronda che collega il Castello alla “Torre del Coccodrillo”.

Il Castello ospitò per un giorno anche Giulia Gonzaga, contessa di Fondi e donna famosa per aver accolto nella sua dimora artisti e letterati dell’epoca.

Danneggiato dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, acquistato dalla provincia di Latina nel 1979 per un prezzo simbolico dal Dottor Comm. Francesco Saverio Ialongo e ceduto al Comune (una volta restaurato) a partire dal 1992, il Castello di Itri avrebbe dovuto ospitare dal 2003 il “Museo del brigantaggio”, suddiviso in tre sezioni (”Ragioni della storia”, “Ragioni del mito” e “Ragioni del luogo”). Durante i lavori di restauro, in seguito ad una richiesta di fondi, aventi come mittente la Comunità Europea e come destinatario il comune stesso, il sindaco e la giunta itrana hanno ritenuto opportuna la collocazione di suddetto museo in una diversa zona del paese, località Madonna delle Grazie.

L’inaugurazione della parte restaurata del Castello è avvenuta il 4 Giugno 2003.

http://it.wikipedia.org/wiki/Itri

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