20 Settembre 2009 alle 13:01

la torre dello Scarpariello di Ravello

di gianniB (Ravello, Campania. Castelli e Fortificazioni. Categoria A)

Ravello - la torre dello Scarpariello di Ravello


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Sorta tra la fine dell’Impero Romano d’Occidente e l’aurora di quello d’Oriente, Ravello deve la sua fondazione alle famiglie dell’aristocrazia romana che, lasciate le proprie città, ormai insicure a causa delle invasioni barbariche, trovarono rifugio sui Monti Lattari, ricchi di acque e di vegetazione. A tal proposito Aurelio Cassiodoro nel suggerire una cura adatta per la salute di Daro, cortigiano del re Teodorico, sottolineava l’effetto salutare del latte prodotto in questi luoghi, dovuto alla salubrità dell’aria e alla fecondità del suolo in grado di produrre erbe di dolcissime qualità.
Molti studiosi hanno fatto derivare il toponimo “Ravello” da una presunta ribellione alle leggi della repubblica amalfitana; in realtà le origini del nome vanno ricercate in un radicale pre-indoeuropeo “Grav”, che collegato alla sua base “Karra”, pietra, dirupo, starebbe ad indicare un luogo scosceso, specificando la collocazione geografica della città.
Ravello fino all’XI secolo seguì le sorti del Ducato di Amalfi, una repubblica di astuti mercanti, in grado di stabilire intensi rapporti commerciali con l’Oriente arabo e bizantino, dove confluivano gli aromi, le spezie, le stoffe, le droghe e gli altri prodotti provenienti dal continente asiatico. I traffici marittimi favorirono l’ascesa di una nuova aristocrazia ravellese sostenuta sia dai sovrani normanni, grazie ai quali Ravello nel 1086 divenne sede vescovile direttamente dipendente dal Papa, che da quelli svevi ed angioini. Durante i secoli XI-XIV si assistette all’ascesa economica della città, caratterizzata da un nucleo urbano densamente popolato, dove sorgevano palazzi, chiese, botteghe e giardini, circondato da tre ordini di mura, al di fuori delle quali si estendevano i casali rurali con case coloniche e terreni coltivati. Con la morte di Roberto d’Angiò si aprì purtroppo una serie di lotte intestine tra Angioini e Durazzeschi che finì per trasformare le opulente città del Ducato in luoghi desolati, in balia dei briganti e abbandonati dalle nobili famiglie, partite alla volta di Napoli o della Puglia.
All’epoca dell’ “Infeudazione” (1398 – 1583) la “Civitas”, interessata da una progressiva ruralizzazione, conservava ancora ampi tratti delle mura medievali e le principali dimore gentilizie, sottratte alla rovina e all’abbandono da una nobiltà che, però, spostava gradualmente i propri interessi verso la capitale del Regno. A partire dal XVI secolo terremoti, pestilenze (1527-1528) e carestie (1565-1570-1585), gettarono Ravello, emarginata ed inaccessibile, in uno stato di torpore sociale e culturale mentre la sua storia, priva di tratti specifici e marcata nei secoli successivi da un susseguirsi di calamità, è assimilabile a quella più generale del Regno di Napoli. La città, ormai ridotta ad un’ immagine sbiadita del suo illustre passato, si sarebbe ridestata solo nella seconda metà dell’Ottocento, quando divenne meta di viaggiatori europei, attratti da quelle bellezze della natura e dell’arte in grado di trasformare il viaggio in una “serendipity”, felice ed inaspettata scoperta a rigenerazione dell’animo.
FONTE: www.comune.ravello.sa.it/

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