GUIDA  Montemurlo/Pieve di San Giovanni Decollato

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notturna

Indice

Storia

facciata
Orologio
Madonna con bambino... Granacci
fonte battesimale
organo
croce astile
corona
dipinto

La Pieve di San Giovanni Battista Decollato fu probabilmente costruita nella seconda metà del XI secolo. Essa non è la più antica pieve di Montemurlo, che era ubicata presso l’attuale Podere San Giorgio presso Villa Il Barone. Questa pieve fu costruita nelle mura del castello tra il 1086 e il 1096 con il nome di San Pietro per poi divenirne pieve con l’attuale nome; il nome di San Giovanni Decollato viene modificato nel 1501 per opera di Niccolò Pandolfini, il vescovo e per merito di Bartolomeo Fonzio, il pievano umanista: egli stesso eseguì dei lavori sia nella pieve che nella canonica, istituì con l’aiuto del comune una scuola pubblica di lettura e scrittura, che fu tenuta da uno dei cappellani della pieve. Nel settecento si ebbero altre trasformazioni nella chiesa ed anche ai primi del diciannovesimo secolo; il 1937 si ha l’erezione della propositura.

Facciata

La struttura della facciata è a capanna ed è preceduta da un portico con copertura in legno sorretto da pilastri a otto lati in mattoni con capitelli corinzi stilizzati, in laterizio, che furono realizzati da artisti locali, con ogni probabilità nella prima metà del quattrocento. La muratura della facciata è ben conservata, però mostra a sinistra una sconnessione nel parametro di alberese che farebbe supporre ad una mutazione oppure ad un parziale rifacimento della parete, forse per un probabile cedimento (forse per un sisma) che sarebbe conducibile alla seconda metà del tredicesimo secolo. Lo stemma che possiamo ammirare nella zona di coronamento è in arenaria e rappresenta la famiglia Pandolfini, ossia la famiglia che ebbe il patronato di questa pieve dalla seconda metà del quindicesimo secolo; sotto lo stemma vi è una finestra a lunetta, databile del 1800, che sostituisce un finestrone settecentesco, tamponato.Il portale riutilizza gli stipiti di quello medievale. Anche sui fianchi prosegue la cornice sottogronda in mattoni a dente di sega, riconducibile al 1500, che da uno splendido decoro alla facciata.Il lato lungo la strada ha muratura regolare in alberese con qualche inserto in serpentino verde di Prato, mostrando diverse modifiche apportate dall’apertura di due finestroni e dal tamponamento di una porta medievale; anche il lato opposto presenta la stessa situazione, visibile dal chiostro; ivi mancano gli inserti di serpentino ed oltre ai due finestroni resta un’allungata monofora medioevale.In un’apertura tamponata è posto uno stemma del tardo trecento della famiglia Tedici.

Chiostro

Adiacente alla pieve esso appare più come un cortile che come un chiostro; esso mostra un portico tamponato, ossia tre arcate a pieno centro su colonne con capitelli ionici, costruito nel 1502 insieme alle stanza collegate per volere del pievano Bartolomeo della Fonte. Nel tamponamento dell’ultimo arco vi è un portalino con cornice sangallese, coevo, recuperato da un interno.

Campanile

dipinto
campanile
dipinto
dipinto

Il campanile della pieve nasce come torre di guardia della porta di Freccioni che fu rialzata fra il trecento e gli inizi del quattrocento dove fu realizzata la cella; questa ha bifore su pilastri ottagonali in cotto e archetti nello stesso materiale, mentre il coronamento adotta una doppia cornice ad archi ciechi, mentre quelli superiori sono più ampi e tribolati, di gusto tardogotico.

Interno

Una navata unica accoglie il pellegrino ed è coperta da tetto a capriate lignee su mensoloni cinquecenteschi ed è illuminata da finestroni del diciottesimo secolo; il presbiterio è separato da una balaustra settecentesca in pietra e presenta forme neoclassiche: esso è introdotto e concluso da un grande arco trionfale a pieno centro su colonne ioniche e paraste simili, concluse da due frammenti di trabeazione ed è coperto da volta a vela; due finestre a lunetta sulle pareti laterali illuminano tutto. La sistemazione è frutto di un intervento unitario realizzato nell’ottocento, che viene attribuito al pratese Giuseppe Valentini. Guardando la controfacciata notiamo una nicchia a destra dell’ingresso dove vi è un dipinto che raffigura il Battesimo di Cristo, eseguita da Matteo Barbini nell’ottocento> copiando un’opera identica di Andrea del sarto, mentre osservando in un'altra fascia al di sopra del portale, vi sono alcuni modesti affreschi che rappresentano le vicende legate ad un furto della croce astile ancora conservata nella pieve. I quattro affreschi (Ritrovamento della croce, Cattura dei ladri, Processo, Condanna dei ladri) sono opera di Giovanni del Grasso, pittore pratese, dipinte intorno al 1592. All’inizio delle pareti si fronteggiano due curiosi e particolari confessionali incassati, risalenti alla prima metà del settecento, con struttura architettonica in muratura a finta pietra; si susseguono due altari laterali, con struttura ad edicola in pietra serena, formata da colonne tuscaniche con capitelli ornati da rosette, architrave e timpano curvilineo, nel quale si inserisce un cartiglio. Gli altari furono realizzati nel 1741 e nel 1742 da Francesco Tozzi di Signa, che ripropose un modello seicentesco. L’altare di destra ospita un dipinto che fu eseguito nel 1609 da Matteo Rosselli che raffigura la Madonna del Rosario e i SS Domenico, Agata e Andrea; nell’altare di sinistra troviamo, invece, una tela, che ha incastonato nella tela un ovale, nella quale si inseriva la croce astile, raffigurante i Santi Antonio da Padova, e Cristina in adorazione della croce che presenta un influsso emiliano, ma dipinta nel 1742 dal pratese Giacinto fabbroni. Due confessionali uguali a quelli già che si trovano più verso l’uscita, precedono un’altra coppia di altari del seicento, che assumono le stesse forme dei precedenti, ad accezione di una più elaborata fattura nei cartigli. L’altare di destra accoglie una interessantissima pala di Giovanni Stradano che fu eseguita nel 1590, raffigurante l’ Assunta che dà la Cintola a San Tommaso, e i Santi Giovanni Battista e Niccolò; nello sfondo si identifica il poggio di Montemurlo con le cerchie difensive e la Rocca, che, ivi, mostrano le reali caratteristiche, che esse avevano un tempo. L’altare di sinistra si presenta con un’altra tela di Giacinto Fabbroni, anch’esso realizzato nel 1742, dove è raffigurata un’articolata Istituzione dell’Eucarestia. Dopo questi altari, possiamo ammirare due porte; quella di destra porta alla cappella della fonte battesimale e alla sacrestia, l’altra da accesso all’attiguo oratorio; sussegue il presbiterio, ove, al centro vi è sospesa la croce astile, in lamina d’argento sbalzata, opera pistoiese della seconda metà del 1400, realizzata da un argentiere operante nel duomo di Pistoia: essa è venerata già da quattrocento ed è celebrata il 3 maggio. Voltando lo sguardo sulla parete sinistra possiamo individuare una pala di notevole qualità eseguita da Francesco Granacci tra il 1521 e il 1522 che raffigura la Madonna col Bambino in trono e i SS Giovanni Battista, Niccolò, Antonio Abate e Pietro; l’altra parete ospita, invece, una tela settecentesca raffigurante un Santo monaco (forse Giovanni Gualberto) davanti al Crocifisso, mentre guardando in fondo al presbiterio vi è una cantoria lignea, a finta pietra, con sagoma mistilinea, con organo realizzato da Giosuè e Nicomede Agati nel 1821. Una grata lignea, osservabile sulla parete destra, mette in comunicazione visiva il presbiterio con la stanza della fonte battesimale, collegata alla sacrestia, accessibile anche dal chiostro. Il fonte, in pietra, a pianta ottagonale, è sormontato da un’arcata con dipinto settecentesco in cornice mistilinea, attribuibile a Giacinto Fabbroni che raffigura la Sacra Famiglia; sulla destra vi è un dipinto che raffigura un Crocifisso tra i Santi Paolo e Pietro opera di Pietro Naldini della prima metà del seicento. Tornando verso il chiostro, troviamo una cella, dove, all’interno, sono custoditi tutti i cimeli religiosi appartenenti alla pieve, moltissimi antichi, come corone dorate, parametri sacri etc.

La leggenda della croce

Si narra che alcuni giovani pistoiesi furono incaricati dalla Diocesi pistoiese di rubare la Croce astile di Montemurlo. Essi ci riuscirono, ma le gendarmerie li braccarono fino al torrente Agna (divide Montale e Montemurlo), che per non permettere questa sottrazione, si ingrossò rapidamente, lasciando che le guardie catturassero i ladri.