GUIDA  Portici/Villa Zelo

Da Wiki.

Storia

Le costruzioni datano del 1740, elevate su preesistenti insediamenti rurali della seconda metà del XVII secolo. Gli atti di acquisto dei terreni su cui furono impiantate le fabbriche risalgono anch'essi alla prima metà del XVIII secolo. Essi furono stipulati dal sacerdote D. Tommaso Bernabò per conto del dottor D. Giuseppe Siniscalco (*1680 †1751), mastro d'atti della città di Napoli e parente dello stesso Bernabò, per averne sposata nel 1733 la vedova del fratello D. Felice, adottandone successivamente il figlio Mattia.

Nel 1825 la villa con le sue dipendenze è acquistata da D. Giuseppe Zelo, Tesoriere Generale della Reale Tesoreria dei Domini di qua del Faro, cioè napoletani, poiché la dicitura “al di là del Faro” era riservata alla Sicilia. Il nuovo proprietario negli anni dal 1826 al 1834 commissiona importanti lavori di riattamento che, comunque, non trasformano l'aspetto generale della proprietà. Nella seconda metà del XVIII secolo la villa ha ospitato numerose personalità in ragione sopratutto della presenza a Portici del re e della corte:

  • Aristocratici, tra cui il Principe di Avellino D. Marino (III) Caracciolo, Duca di Atripalda, il Principe di Calvaruso D. Guglielmo Monchada, Gentiluomo di Camera (1745) e Cavaliere del Real Ordine di S. Gennaro (1747), il Cav. D. Andrea Bonanni, Balì Gran Croce di Onore e Devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta.
  • Principi della Chiesa, quali mons. D. Carlo Maria Rosini (*1748 †1836) filologo, vescovo cattolico italiano, nominato a capo della Diocesi di Pozzuoli il 21 dicembre 1797 da S. S. Papa Pio VI (*1727 †1799).
  • Artisti, come il Maestro di ballo delle Reali Infante, D. Gaetano Grossatesta (*172? †178?), coreografo del R. Teatro di San Carlo dal 1745 al 1752 ed impresario del Massimo napoletano dal 1753 al 1769. Di lui si racconta, ma non è ancora provato, che nel 1770 abbia ospitato Wolfgang Amedeo Mozart (*1756 †1791) durante il soggiorno nel napoletano del genio di Salisburgo.

Tra i personaggi che nel XIX secolo hanno soggiornato a Villa Zelo è doveroso citare per primo Sua Santità Papa Pio IX (*1792 †1878). Durante l'esilio napoletano, Papa Mastai Ferretti il 30 gennaio 1850 volle onorare mons. Domenico Zelo di una sua visita, in forma strettamente privata, per aver egli pubblicato nel 1849 “L’unico rimedio alle attuali circostanze per Domenico Zelo canonico della Cattedrale di Napoli”.

Un'epigrafe marmorea posta al piano nobile della Villa testimonia dell'augusta presenza. Nella prima metà dell'800 la villa è stata dimora di villeggiatura della famiglia di D. Francesco Ranieri, funzionario nell’amministrazione delle Poste che abitava a Napoli, a vico Pero a Fonseca, poco distante dall'abitazione della famiglia Zelo che risiedeva a Palazzo Cimitile. Fu grazie all’amicizia del Barone D. Giuseppe Zelo (*1772 +1859) con la Duchessa d'Ascoli, D. Carolina Berio dei marchesi di Salza (*1793 †1856), moglie del 6° Duca d'Ascoli D. Sebastiano Marulli (*1783 †1866), compagno di caccia e di divertimenti del sovrano, nominato Somigliere del Corpo alla salita al trono di Ferdinando II, che il giovane letterato Antonio Ranieri (*1806 †1888) per intercessione della Duchessa presso il Re poté rientrare nel Regno dall'esilio al quale le sue idee liberali lo avevano costretto.

Il Ranieri nel 1833 vi fece ritorno in compagnia dell'amico Giacomo Leopardi (*1798 †1837) che di lui diceva: “Solo il fulmine di Giove potrebbe dividere dal mio fianco” e, memore dei soggiorni trascorsi a Villa Zelo, quando in compagnia dell'amico fraterno rendeva visita alla famiglia, dopo la morte del poeta, nell'età matura, vi abiterà in compagnia della sorella Paolina fino alla fine dei suoi giorni sopravvenuta nel 1888, come ricorda un'epigrafe marmorea posta dai baroni Zelo nell'atrio della Villa.

Il 17 dicembre 2000, nella giornata a tema dedicata a “Leopardi e Portici” l’Amministrazione comunale della Città di Portici ha fatto apporre in prossimità della Villa un epigrafe con cenni storici del luogo che così recita:

"Costruzione databile della prima metà del 1700, su preesistente sito seicentesco dotato di sorgiva, commissionata dal Dottor Don Giuseppe Siniscalchi, Mastro d'Atti della Città di Napoli. Disegno a pianta stereometrica attribuibile all'arch. Muzio Nauclerio. Centro di un più vasto complesso con giardini e tenuta agricola, comprendente altri due casini più piccoli, detti “di sopra” e “di sotto”. Prende la denominazione attuale dal Barone Don Giuseppe Zelo, Controloro Generale e Vice Ministro delle Finanze del Regno, il quale ne fece acquisto nel 1825. Cappella pubblica di patronato laicale fondata nel 1741 sotto il titolo della SS. Vergine Addolorata. Costruzione del secondo piano, rifazione in stile neoclassico della facciata ed ampliamento della Cappella per volontà di Mons. Domenico Zelo, Vescovo di Aversa, databili della metà del XIX secolo, su progetto attribuibile all'arch. Tommaso Benevento, ad iniziativa del Barone Don Gennaro Zelo, Avvocato e Procuratore Generale del Re. Furono ospiti della Villa SS. Papa Pio IX, il Poeta Giacomo Leopardi, il Senatore Antonio Ranieri ed altri uomini illustri".

Descrizione

Originariamente costituito da soli due piani, piano terra e piano nobile, il palazzo aveva una facciata barocca a sette campate; i corpi di fabbrica situati alle estremità erano limitati ad un sol piano sovrastati con terrazzi prospettanti ad oriente sulle falde del Monte Vesuvio e ad occidente sul mare. Il portale d'ingresso in pietra era sormontato da un balcone centrale, fiancheggiato da finestre, a loro volta seguite da balconi. Su ciascuna delle due stanze cantonali del piano nobile si ergeva un altro vano a mo’ di torrione e quello ad occidente era fiancheggiato dal campanile della Cappella. Il rimaneggiamento ottocentesco, affidato all'architetto Tommaso Benevento (*1808 †18??), consistette essenzialmente nella trasformazione della facciata barocca in facciata neoclassica, nella costruzione di un altro piano e nell'apertura di accessi dalla strada ad alcuni ambienti del piano terra mediante cornici ad arco a tutto sesto. Il portone che consente l’ingresso alla Cappella, conserva invece l'aspetto originario del XVIII secolo. Oggi il portale d'ingresso in pietra è ricoperto da stucchi di stile neoclassico ed è sormontato dallo stemma della Famiglia Zelo decorato della Croce del S.M.O. Costantiniano di San Giorgio (1851).

Il cortile scoperto è unico; vi si accede dall'atrio ed è concluso da un'esedra semicircolare sulla quale si aprono gli accessi alla rimessa delle carrozze, alla stalla, alle cucine, alla cantina, al pozzo e, infine, al Parco. Dall'atrio, una scala del tipo "a tenaglia" costituita da un unico blocco disposto lateralmente all'asse di simmetria, sormontata da una volta a cupola ogivale fortemente ribassata, decorata con un leggiadro dipinto a tempera con grottesche, consente l’accesso al piano nobile. Essa costituisce l'episodio saliente della composizione planimetrica: la sua preminenza nell'economia dell'organismo è confermata dalla connessione tra la sua configurazione e quella degli ambienti del piano nobile.

La sua articolazione e il suo impianto, per evidenti somiglianze architettoniche con altre opere della stessa epoca, sono attribuibili all’architetto Maurizio (Muzio) Nauclerio (*1699 †1747 Napoli), che fu anche ingegnere e scultore, figlio di Luigi, Regio Ingegnere, e fratello del più noto Giovanni Battista Nauclerio (*1666 †1739). Gli ambienti del piano nobile, tutti “voltati”, recano decorazioni “a tempera” commissionate al Cav. Camillo Guerra (*1797 †1874) che negli stessi anni eseguiva dipinti ed affreschi nella Cattedrale di S. Paolo ad Aversa per conto di Mons. D. Domenico Zelo (*1803 †1885), Vescovo di quella Diocesi (1855-1885).

Nell'ala sud-occidentale della villa si trova la Cappella palatina, dedicata alla Vergine de’ Sette Dolori, per cui, a costruzione ultimata, nel 1741 Giuseppe Siniscalco istituisce dapprima un beneficio semplice, come si legge nell’atto di fondazione, e poi, nel 1743, un vero e proprio diritto di Cappellania. Fino alla metà dell’800 la Cappella palatina serviva come chiesa succursale della distante parrocchia di Portici. Per tale motivo essa rivestì grande importanza per la zona fino al 1835 quando nelle adiacenze fu costruita una nuova chiesa anch’essa dedicata alla Madonna Addolorata.

Vedi Anche