GUIDA  Viù/Memorie Storiche

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Memorie Storiche su Viù

Nel Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale (1854) Goffredo Casalis così descrive il comune:

Viù (Vicus Lancensium), capoluogo di mandamento nella prov., dioc. e div. di Torino. Dipende dal magistrato d'appello, intend. gen., tribunale di prima cognizione, ipot. di Torino, insin. di Lanzo. Ha l'uffizio di posta. Sta nella valle a cui dà il nome, sulla sinistra del Chiara, a maestrale di Torino da cui è distante diciotto miglia circa. I confini di questo mandamento sono: a tramontana l'alto contrafforte che lo separa dalla valle d'Ala, a levante i mandamenti di Fiano e di Lanzo, a mezzodì il contrafforte che dal Mont-Bas s'innalza gradatamente sino alla Roccia-Melone, separandolo dalla valle della Dora Riparia, ed a ponente le Alpi Graje dalla roccia Michel al col d'Arnas. Viù come capoluogo di mandamento ha soggetti i comuni di Col di s. Giovanni, di Lemie, e d'Usseglio.

Al comune di Viù sono aggregate le seguenti frazioni: La-Gritlera, Les Maddalene, le-col-de-Capretto, le Crot, Toglie, Malpas, Fubine, Mondrezza, Oldri, Crochera, Selvagnengo, Paschero, Pascheretto, Molar-Tessieri, Molar-Marchis, Verzino, Pian-de-l'Ento, Ayres, Crat-de-l'Inverso, Chiabergie, Tuober-ghengo, Molar-Michela, Fucine, Verney, Venera, Rochiettera, Brendo, Balma, Alas, Guicciardièra, Truchera, Pessinèa, les-Tournets, Freida, Cramoletti, Eiretta, Polpresa, Piazza, Carlevà.

Il Villaggio di Viù è il più popolato delle tre valli dette di Lanzo. Giace in un bello e vasto bacino a 401 tese di elevazione al di sopra del livello del mare, e 168 al dissopra della piazza di s. Giacomo di Lanzo, da cui è lontano sei miglia. Delle sue vie comunali, una assai malagevole, della lunghezza di 18 chilometri, tende ad Usseglio; un'altra mantenuta in buono stato accenna a Germagnano pel tratto di 13 chilometri; una terza di difficile passo, lunga chilometri 6; scorge al comune di s. Gioanni; una infine per tratto di 15 chilometri conduce a Lemie. Le strade vicinali che servono di comunicazione tra le villate meno discoste dal capoluogo si trovano in istato assai buono.

Sul colle denominato della Chialmetta, che serve di limite ai distretti di Mezzenile e di Viù, si vede nella bella stagione una grande quantità di rododendri, e godesi della magnifica veduta della valle di Viù e della vallea principale. Ivi, or fa quattro lustri, venne edificato un tempietto. Su quell'altura e sulle attigue montagne stanno molte vipere; e siccome sono esse ricercate dai farmacisti, non pochi di quegli alpigiani da lunghissimo tempo ne fanno la caccia, e ne traggon notevol vantaggio: a questo fine provveduti d'un sacco e d'un pajo di mollette in legno ne vanno in cerca durante tutto il mese di agosto; e riportano alle loro case, chi quindici e chi ben anche venti dozzine di vipere vive. Le ritengono, ove d'uopo, presso di loro, durante tutto l'inverno, in una cassa piena di crusca, donde le traggono fuori a misura che loro se ne fanno domande. Fuvvi alcuno di quei mercanti di vipere, che ne presero nel corso della loro vita parecchie migliaja.

Nel territorio di Viù sul torrente Chiara, là ove ingrossato dalle acque di varii piccoli rivi prende il nome di Stura, sta un ponte in pietra. Contiene questo fiume molte trote di gusto squisito. Un ponte in pietra vi sta pure sul torrentello Viana.

Dalla borgata Fucine, rimontando alle sorgenti di questo rivo influente dello Stura, s'incontra un'amenissima valletta, ove trovansi i casali detti Les Tournets, ed altra vallicella che mette pel colle del Paschietto in quella d'Ala.

I prodotti territoriali più considerevoli sono la segale, le castagne e le patate; il soprappiù di tali derrate smerciasi dagli abitanti in Lanzo e nelle città di Chivasso e di Torino. L'estensione dei boschi di questo comune è di circa 956 giornate, di cui due terzi offrono faggi, e l'altro terzo è popolato di quercie e di larici. Vi si ritrae anche dalla pastorizia un lucro di qualche rilievo.

Vi si trova in copia una sabbia ferruginosa. Il conte Luigi Francesetti di Mezzenile dice che essa potrebbe utilmente trattarsi con un forno alla catalana. Presso le alte montagne di Viù si trovarono miniere di varii metalli, e principalmente una di cobalto di bella qualità, la quale venne scoperta nel 1753. La coltivazione ne veniva conceduta al conte Rebuffi di Traves con R. patenti del 17 gennajo 1772.

L'attuale chiesa parrocchiale è la più vasta, e più elegante di quante se ne veggono nelle tre valli di Lanzo: vi si ascende per una molto ampia e bella scalea in pietra. Fu costrutta nell'anno 1782 su vago disegno d'ordine jonico: è dedicata a s. Martino. Il paroco ha la qualità di vicario foraneo. Evvi un'altra chiesa uffiziata da una confraternita. Esiste un oratorio in ciascuna delle seguenti villate; Fubine, Maddalene, Pessinèa, Polpresa, Les Tournets, Touberghengo e Toglie: tutti gli oratorii di queste borgate sono uffiziati da sacerdoti stipendiati dai terrazzani che ne profittano. Il cimiterio trovasi nella prescritta distanza dall'abitato. Una cappella fuvvi eretta sotto il titolo dell'Annunziazione di Maria Vergine trentanni fa in un sito, ove si crede che già sorgesse un forte castello; ed è perciò che chiamasi la cappella del castello.

Si veggono in Viù bellissime case, che dimostrano l'agiatezza di chi le possiede, e tre pubbliche piazze. Vi esistono fonderie, una fabbrica di bottoni in legno, botteghe di tornitori, di falegnami, ecc. A vantaggio degli abitanti vi sono alcuni giurisperiti, alcuni medici e chirurghi, una farmacia, alcuni pubblici alberghi ed una bottega da caffè. Si tengono due annue fiere; la prima addì 11 di giugno, e la seconda il 13 di settembre. Vi si fa pure un mercato nel giovedì di ogni settimana.

Il bel cielo di Viù, l'aria salubre che vi si respira, e le fonti di eccellenti acque potabili, fanno sì che molte persone della capitale, anche spettanti alle prime classi della società, vi si conducono nella bella stagione, e vi si soffermano assai tempo.

Gli abitanti sono in generale di forte complessione, d'indole assai buona, e di bel sangue. Non pochi di loro vengono a Torino, ed anche in altre città, per servire in qualità di domestici e di cuochi. La popolazione ne è di 3800 anime.

Cenni storici. Non è priva di fondamento l'opinione di alcuni eruditi, i quali dicono che la terra di Viù in età rimotissima faceva parte del territorio dei Garoceli, di cui parla Cesare de Bel. Gall. lib. 1, cap. 10. Crediamo eziandio non allontanarsi dal vero chi avvisa che la terra medesima fosse occupata dai romani l'anno di Roma 584, in cui essi vinsero gli alpini popoli sotto la condotta di Marco Claudio Marcello. Nella sommità della valle di Viù si è discoperta un'antica lapide, che per ordine di monsignor Beggiami arcivescovo di Torino fu trasportata nella parrocchia di Usseglio. Questa lapide indica che fu eretta in onore di Ercole da Vibio Marcello. Non si può affermare che un tal monumento sia di Marco Claudio Marcello trionfatore dei popoli alpini; ma si può ben dire che un valoroso personaggio che appartenne alla famiglia di lui, e gli fu probabilmente compagno nella famosa spedizione delle alpi, innalzò quell'ara per isciogliere un voto ad Ercole invocato dai romani qual nume proteggitore delle ardue imprese e delle prodigiose fatiche.

Delle strade romane si conservò gran tratto che dalla terra di Viù conduce in val di Balma rasentando il monte di Torre Novarda. Questa ed altre vie di comunicazione erano state dai romani assicurate e ben custodite, perchè trovavansi frammezzo agli antemurali d'Italia. Ai tempi del romano impero, e all'epoca dei re Goti, Viù e tutti gli altri luoghi delle valli di Lanzo furono sempre parte d'Italia, e dopochè si propagò nei subalpini paesi la fede di Gesù Redentore, erano compresi nella diocesi di Torino. Ma venuti nel 568 ad occupare questa regione i longobardi che erano parte ariani, e parte ancora idolatri, gli abitanti ed i loro sacerdoti soffrirono da loro ogni maniera di persecuzioni.

Due monti che formano i punti culminanti meridionali della valle di Viù furono scopo, nei tempi di mezzo, a memorie di superstizione e di religione, delle quali abbiam già fatto cenno in altri articoli. Accadde poi che il vescovo di Torino tenne con ragione di proprietà i luoghi di Viù ed altre terre circonvicine, e specialmente il Colle di s. Gioanni popolato da' suoi coloni, come lo dimostra il nome stesso desunto dal titolo del vescovado. La chiesa di s. Martino di Viù veniva ceduta con altre possessioni in aumento di dote al monastero di s. Solutore dal vescovo Landolfo immediato successore di Gezone.

I visconti di Baratonia di antica stirpe e di molto potere, volendo estendere il loro dominio entro le valli di Lanzo, avevano ottenuta dai vescovi di Torino l'investitura di alcuni paesi di quelle valli, ed ottennero eziandio dall'abate di s. Mauro la giurisdizione sul paese di Viù. Dopo alcune vicende Viù venne sotto il dominio della R. casa di Savoja. Tra i proventi che ne venivano al principe eranvi il capo d'ogni cinghiale, e parte di ogni orso, che ivi si pigliasse. Una testa di cinghiale vendevasi (1367) tre soldi viennesi, cioè lire 94. Un vallone presso Viù chiamasi ancor oggi dell'Orsiera, perchè ivi si trovavano orsi; ed i principi della casa di Savoja, che vi si recavano alcune volte alla caccia di quegli animali, prendevano alloggio a Viù nella casa della famiglia Cuatto, ora estinta, alla quale famiglia i sabaudi Principi per gratitudine avevano conceduto varii privilegi. Quella casa sussiste ancora, e chiamasi il palazzo Cuatto. Duravano ancora gli orsi nella valle di Viù nel secolo XVII; e di fatto si trova che nel 1660 il duca Carlo Emanuele II vi si recava alla caccia dell'orso.

Viù fu dato in feudo con titolo signorile ai Provana di Frossasco: vi ebbero anche giurisdizione feudale i Verolfi di Boschetto.