25 Luglio 2008

La Luminara di San Ranieri. Luci tremule

di Enrica Orlando (Blog Pisa. Racconti di Viaggio)

“Quando sei a Livorno, fammi uno squillo che esco di casa per venirti a prendere.” Questa stessa frase, per quattro anni, in prospettive diverse.  Sul treno Roma- Pisa, già da Civitavecchia, sei concentrata su quella frase. Alla stazione d’arrivo, verrà a prenderti. Verrà  a prenderti?

Se si prende lo stesso treno una volta ogni due mesi, per quattro anni, si può raccontare molto, partendo dalla confusione a Roma Termini ai silenzi agitati, dalla vista sul mare alle campagne gialle, ai passeggeri tutti diversi, ai ricordi universitari, ricordi come luci tremule su un fiume. Il tutto dal solito posto finestrino.

L’arrivo a Pisa non è appesantito da ingombranti valige e da ansie pre esame, ma ti vede ugualmente solitaria (non è venuto a prenderti) avviarti verso la casa di lui, che ti ospiterà: perché non sei più in affitto in una piccola stanza con due letti, ma ospite su un divano, in un bel soggiorno. Il tuo ritorno da pseudo turista ruota attorno a pochi paletti, sostanzialmente emotivi: rincontrarsi con Valeria nei vicoli dai nomi più incredibili, agli orari più improbabili, infilarsi nel piccolo cinema, mangiare la pasta di Andrea, scherzare con Fabiana, ripescare Concetta dietro un enorme jambey e rivedere lui.

Tutto possibilmente come contorno alla festa, il paletto emotivamente più grosso che include tutto il resto come in un bel contenitore festaiolo: la Luminara di San Ranieri, Luminara di San Ranieri - Pisail sedici giugno, alla vigilia dei festeggiamenti cittadini per il patrono San Ranieri. La folla occupa tutto il centro, è agghindata a festa, ha i tacchi, incomprensibilmente conciliabili alle lunghe camminate previste nella nottata dei festeggiamenti. Corso Italia, il corso principale di Pisa, è intasato da gruppi di amici, per lo più studenti  e turisti, che si avviano verso il buio surreale dei lungarni. Sulle strade che fiancheggiano il fiume, infatti, sono stati sistemati, nei giorni precedenti, dei lumini di media dimensione, mentre i palazzi dei dintorni hanno le sagome delineate da telai in legno, sui quali vengono appesi altri lumini, in vetro diafano, liscio. I lampioni sono spenti, le strade sono  buie e lo spettacolo ha il gusto di altri tempi, quando ci si muoveva di notte, guidati dai candelabri. Dal ponte della Cittadella, verso la fine del lungarno, si vedono i fuochi d’artificio, e tutti a testa alta a guardare, fotografare o baciarsi.

Ogni anno, questa festa ti ha visto evolvere: dagli occhi ingenui ed esaltati della prima volta, alla litigata più clamorosa che ricordi, la seconda volta, alle danze della terza. Tutti gli anni, con il pensiero degli esami imminenti. Quest’anno, il lato turistico ha soppiantato quello di studentessa e ti ritrovi anche a ricercare informazioni dettagliate su questa bella festa. La prima Luminara risale al Seicento e fu organizzata in onore della traslazione dell’urna del patrono Ranieri degli Scacceri. Ai tempi era nominata Illuminazione, mentre fu denominata Luminara solo nell’Ottocento.

Passeggiando per le strade, tra la musica, solo pochi suoni si isolano, il tempo sembra sospendersi, certe immagini si sfocano virate in blu notte e si materializzano nella memoria le immagini video dell’artista francese, Robert Cahen, che arrivò a Pisa solo per immortalare questa festa, stravolgendo il punto di vista prevedibile della documentazione festaiola, confusionaria, adolescenziale e truccatissima, per trasferire tutto nel surreale. Le voci dei bambini divertiti e stupiti sono in sottofondo, le luci si fanno distorte e sfocate dilatandosi sul letto dell’Arno e del tempo.

La comunicazione con i compagni festeggianti risulta sempre ostacolata dall’euforia caotica e senza smettere di sorridere, si balla e si mangia senza pensare ad altro. Qualcuno ti spinge con tubi fluorescenti in testa, altri circondano gli artisti di strada che si esibiscono per pochi soldi in un cappello, tutti i vicoli pisani diventano passerelle per raggiungere il fulcro della festa.

Finalmente, il momento che aspetti ogni anno arriva, alla stessa ora: la metà della nottata. Quando la maggior parte torna a casa, in vista degli studi per le sessioni d’esame estive, i piccoli sono già nel mondo dei sogni e i turisti più adulti si incamminano, i superstiti vagano nelle strade buie, stazionano accanto agli altoparlanti sempre tonanti, passeggiano tra i vicoli, seguiti dal tintinnare di bottiglie vuote lasciate a terra e trascinate da passi distratti dalla stanchezza.

In questo frangente, ti avvicini beata al muretto che fiancheggia il fiume, sgombero dalla folla di ragazzi che lo occupa in ogni momento della serata, ti defili momentaneamente dal gruppetto che ti ha accompagnato, ti siedi ed eccole: le luci tremule. Ogni lumino si riflette nell’acqua, perde i contorni, diventa liquido e fragilissimo. Con le ginocchia raccolte tra le braccia, fissi il disperdersi della festa, respiri il silenzio che piano piano si popola della voci che ti hanno raggiunto e ora chiacchierano intorno a te, anche se tu le senti lontane. Le voci degli amici che, ormai, puoi incontrare raramente nelle loro fattezze corporee, perché per il resto dell’anno sono diventati luci tremule che vagano nella tua testa ondeggiante, trasportando bei ricordi. Da qui il passo al fantasticare più sfrenato è breve e tutti i lumini riflessi sono ricordi che le persone ogni anno tornano a rimirare, accovacciati sul muretto del lungarno.

Lui ti abbraccia per aiutarti a scendere e a tornare nella realtà. La notte è finita e la Luminara ha nuove luci tremule da conservare per l’anno prossimo.

(Foto di Francesco Contini in Licenza Creative Commons)

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