Dalla città di Porto Azzurro inizia il mio soggiorno elbano. La macchina passa per le tortuose strade dell’isola e come arriviamo rimango colpita dal blu profondo che accarezza la pancia delle imbarcazioni nel porto della città; sono una ‘terricola’ e mi fa sempre effetto vedere il colore del mare. Penso “Queste vacanze mi piaceranno molto” ed è una profezia veritiera. Dal nostro appartamento riesco a vedere in lontananza il monte Calamita e tutti i colori che appartengono alla terra: il verde della vegetazione, la terra che è rossa e di varie gradazioni di marrone, chiaro, scuro, verdastro e bluastro a causa dei metalli, le rocce dai tantissimi colori.
Il mio primo pomeriggio sulla spiaggia trascorre a cala di Mola. La sabbia è chiara, è del resto anche l’acqua è limpidissima e mi invita a fare snorkeling. Mi lascio convincere dal mio fidanzato a prendere accordi per il giorno seguente, per un giro in gommone. Sapevo che non sarebbe stato facile per me, ma presto la costa si scopre in tutta la sua bellezza, mentre riesco a fatica a coordinare i movimenti necessari a scattare una serie di foto, cercando di non tralasciare particolari che da terra è impossibile vedere e così mi dimentico del mal di mare. Gli scogli che compaiono di fronte a noi, le meduse coi loro ombrelli, velenose ma eleganti che ci nuotano attorno e la costa che sembra ondeggiare anch’essa, tuffarsi tra le onde - stavolta dell’acqua - e scivolare sotto per poi emergere di nuovo, ed infine stendersi al sole ad asciugare. Sto ancora leggermente male, ma ormai sono rapita in tutto e per tutto e sono felice.
Per il pranzo scendiamo a terra, ormai arrivati presso l’innamorata, dove posso riprendermi passando un paio di ore a terra. Il mio lui si lancia entusiasta in un’esplorazione dei dintorni, saltando da un’altura all’altra tra uno scoglio e l’altro, dando sfogo al suo desiderio di conquistare, anche solo per un momento una terra per lui ancora inesplorata, mentre io cammino lentamente per le vie del paese, fotografando gli scorci, le piante di fico d’india che crescono rigogliose ovunque e le alture dietro le quali il mio compagno è appena svanito.
Trascorse le due ore è ormai tempo di ripartire per Porto Azzurro e non mi lascio sfuggire i particolari che all’andata avevo tralasciato di immortalare: dei resti di fortini che non ho ben capito a quale epoca risalgano, gli impianti per l’estrazione dei minerali che ormai sono abbandonati e appartengono all’archeologia industriale e stavolta, quasi giunti al nostro punto di partenza, poco prima di imboccare la corsia per le imbarcazioni, colgo un particolare che alla partenza mi era sfuggito. Alla mia destra la città vera e propria ci mostra la fortezza, mentre alla nostra sinistra il faro chiude la cala in un abbraccio. La spiaggia è vicina e la nostra gita è finita. Lo rifarei almeno un centinaio di volte.
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