Se vi capita di fare una gita nel Sulcis Iglesiente, allora non dovete mancare di fare tappa a Sant’Antioco. La città, che sorge sull’omonima isola, ha una storia antichissima e di sicuro interesse per chi ama essere avvolto dall’aura sprigionata dal passato che si compenetra con il presente.
La bellezza di questo luogo cattura gli occhi del visitatore già mentre attraversa lo stretto istmo, realizzato dall’uomo in epoca antica, forse addirittura punica, che separa l’isola dalla terraferma. La città moderna sorge sull’antica città fenicia prima, punica e romana poi. Il sito ha avuto continuità di vita sino ad oggi ed è interessante vedere come l’antica necropoli punica fu riutilizzata in parte in epoca cristiana sia come luogo dei morti, come catacomba, sia come luogo dei vivi. Infatti, al di sotto della chiesa del santo patrono dell’isola, da cui essa prende il nome, in una delle tante tombe Antioco stabilì la propria dimora.
Vi lascio immaginare la durezza della vita affrontata dal santo, non solo per essersi ritirato in un luogo dove la luce del sole non giungeva mai, ma anche perché aveva come giaciglio la nuda pietra, per giunta umida. Se vi inoltrate nella cripta, sentirete per primo un forte odore di muffa, poi il gelo si insinuerà nelle vostre membra, facendovi in breve battere i denti. Questo per lo meno è ciò che è capitato a me, quando ho visitato questi luoghi in pieno inverno. Inevitabilmente ho pensato a cosa avesse patito quell’uomo, per sua stessa volontà, vestito di un solo abito ed in grado di sopravvivere solo grazie alla generosità dei fedeli che spesso gli facevano visita. Se vi interessa la storia di Antioco, una guida sarà più che lieta di illustrarvi ogni episodio della sua esistenza.
Per quanto riguarda l’abitato antico, esso, come dicevo prima, si sviluppa sotto la città moderna. Ciò implica un’oggettiva impossibilità, per chi si occupa del passato, di compiere i necessari studi. Nonostante questo disagio, l’isola offre tantissimi spunti interessanti per il visitatore. Se, infatti, molto è destinato a rimanere celato sotto le fondamenta delle case moderne, altrettanto si trova invece alla luce del sole. A partire dal tratto di strada romana, ora sommerso dalle acque, che riemerge ogni qual volta la marea si abbassa, e dal ponte romano, visibile quando percorrete l’istmo.
Nella parte nord della cittadina potrete trovare diversi siti di interesse storico, sia antico che recente. Prima di tutto il tophet, luogo in cui venivano deposti i resti incinerati di bambini morti in tenera età. La funzione del tophet veniva spiegata, sino a qualche anno fa, come luogo deputato ad accogliere le spoglie dei bambini sacrificati a Baal Ammon. Questa concezione è stata rivista e oggi si ritiene che in realtà il tophet altro non sia se non un cimitero di bambini, ancora troppo piccoli per essere considerati membri della cittadinanza a tutti gli effetti. Pensate che le urne in ceramica, in cui le ceneri venivano raccolte, possono contenere resti sia di feti che di bimbi sino a 4 o 5 anni d’età.
Accanto al tophet si sviluppa il Museo Archeologico, che raccoglie tutti i reperti ritrovati nell’isola durante le numerose campagne di scavo. La sala principale presenta anche una ricostruzione tridimensionale in scala di come doveva essere l’abitato antico, con tanto di porto ed imbarcazioni. Un ottimo mezzo questo per far comprendere la struttura della Sulci (questo è l’antico nome della città) fenicio-punica a tutti coloro che sono incuriositi dalla storia di questo luogo. Tra i reperti ospitati nel museo spiccano le due statue leonine che probabilmente erano collocate all’ingresso della città in epoca punica.
Poco più a sud del tophet si trova il forte sabaudo, costruito nel diciottesimo secolo d.C. sopra l’acropoli punica, da cui provengono le pietre usate per la sua costruzione. Da qui si diparte la necropoli, in parte ancora visitabile. Ed è qui che una nuova sorpresa vi aspetta: se raggiungete il Museo Etnografico potete chiedere di visitare alcune tombe che furono utilizzate in epoca moderna, sino ai primi anni del novecento, come abitazioni. Immaginate di entrare in una casa interamente realizzata nella roccia, fredda e umida, composta da alcune stanze di piccole dimensioni, spesso e volentieri arredate solo con il minimo indispensabile. Alcune tombe conservano degli oggetti di uso quotidiano, appartenuti a chi tali dimore abitava. Per rendere più accogliente l’ambiente, se mai tale cosa era possibile, gli abitanti di queste povere case arrivarono anche a creare delle canne fumarie per poter usufruire del fuoco di un camino che potesse scaldarli. Vivere in quelle condizioni era davvero proibitivo.
Se infine amate lo spettacolo della natura, nel sud dell’isola avrete occasione di ammirare sia splendide spiagge, sia ripide scogliere a strapiombo sul mare. Un mare spesso mosso, per un’isola spesso sottoposta alla furia del vento. Sant’Antioco promette tutto questo e anche di più: il piacere da essa offerto sta tutto nella sua scoperta. Non mi resta che auguravi buon viaggio!
(Foto laguna di Gianni Persico, foto tophet di Roberto Ferrari in licenza Creative Commons)
1 commento a “Un’isola non isola…”
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Complimenti!! Molto interessante…