GUIDA  Aosta/Bataille de Reines

Da Wiki.

Manifestazioni in Valle d'Aosta/Bataille de Reines

Razza bovina Valdostana - Pezzata castana
"Bataille de Reines" anno 21012 - La Regina Regionale "Bijou"
"Bataille de Reines" (programmazione) - Locandina anno 2017
"Bataille de Reines" (programmazione) - Locandina anno 2018
Allestimento vetrina
  • La razza bovina Valdostana (pezzata nero e/o pezzata castana,di sesso femminile) costretta a vivere in estate in grandi mandrie di cento e più capi ha sfoggiato ed affinato il suo carattere combattivo,nei confronti delle compagne della mandria,per affermare la propria dominanza sul gruppo di appartenenza.Prima dello scontro,esse mugghiano al cospetto dell'avversaria,si appostano in posizione d'attacco,grattano il terreno,si cospargono di terra e sollevano zolle con il muso per mostrare la loro potenza fisica ed intimorire la contendente.La bovina più forte e combattiva tra le dominanti sarà chiamata Reina (regina),vale a dire colei che controllerà e coordinerà gli spostamenti della mandria durante tutta la stagione estiva.Da questa competizione spontanea e naturale nasce la manifestazione chiamata Bataille de Reines :confronti non cruenti appositamente organizzati tra "reines" provenienti da alpeggi diversi,disseminati su tutto il territorio regionale.Si tratta di 21 concorsi ad eliminazione diretta dove ogni bovina,suddivisa per categoria in base al proprio peso,si confronta con un'avversaria designata a sorteggio;le concorrenti meglio classificate di ciascuna eliminatoria vengono ammesse alla partecipazione,a fine campionato,del Concorso finale Regionale per l'assegnazione del titolo di Reina delle Reine di ogni categoria.I due appuntamenti più importanti si svolgono ogni anno alle porte della Città.
Per Informazioni:Associazione Regionale "Amis des Bastailles de Reines" Telefono 0165-261037 [1]
  • Le mucche di Razza Valdostana sono:
- la Rodze (pezzata rossa):probabile discendente dei bovini pezzati del Nord Europa,questa razza è stata introdotta nella Valle dai Burgundi versola fine del V secolo.Il suo mantello è pezzato con variazioni di colore,dal rosso scuro al violetto.La testa,la zona addominale,le zampe e la coda sono bianche.La produzione di late è apprezzabile se rapportata alla taglia dei suoi esemplari,alle esigenze nutrizionali e sopratutto alle condizioni ambientali d'allevamento;
- la Neye (pezzata nera e pezzata castana):si tratta di due razze che si distinguono per il colore del loro mantello: nero pezzato di bianco(per la pezzata nera) ed uniforme con variazioni dal nero al fulvo(per la pezzata castana).questa razza deriva dal Bos brachyceros ,la popolazione bovina che occupava all'origine l'arco alpino.I segni particolari di questa razza,oltre al temperamento vivo e bellicoso,hanno un'ottima capacità locomotoria,un buon adattamento ai climi difficili,resistenza alle malattie,elevata attitudine riproduttiva e longevità.

Locandine

Curiosità

  • La storica Bataille de Reines fu già citata dal primo poeta valdostano che lasciò poesie scritte in dialetto valdostano :Jean-Baptiste Cerlogne (vds. Personalità Ilustri in [2] ) .
La bataille di vatse a Vertozan (da Poësies en dialecte valdôtain , anni 1889-90)
Un bà dzor de jeuillet, lo dzor de la Revenna,
De Veulla dze m’en parto a l’arba di matin,
In porten aprë mè: salan, pan blan, fontenna,
E tsecca de ci cllier que se feit din la tenna,
Pe me bletti lo pot lon de mon tsemin.
A Saint-Pierre dzi prei lo tsemin que meinàve
Su di coutë de Vertozan.
Dzà pe Saint-Nicolà lo mondo s’apprestàve
Come cen se feit tseut le-s-an.
Ié, qui d’un coutë crie et qui de l’âtro braille
Hoé! hoé, parten-nà, le-s-ami?
Di vatse se vat fére euna groussa bataille;
Maque degadzen-nò, l’est l’aoura de parti.
Traduzione:
La battaglia delle mucche a Vertosan
Un bel giorno di luglio, il giorno della Revenna,
da Aosta parto alle prime luci del mattino,
Portando con me: salame, pane bianco, fontina,
E un po’ di quel succo che si fa nel tino,
Per bagnarmi le labbra lungo il mio cammino.
A Saint-Pierre ho preso il sentiero che portava
Su alla volta di Vertosan.
Già a Saint-Nicolas la gente si preparava
Come si usa fare tutti gli anni.
Lì, chi da una parte chiama e chi dall’altra grida
Hoé! hoé, partiamo, amici?
Si prepara una grande battaglia di mucche;
Sù sbrighiamoci, è l’ora di partire.
Bientou se sent lo flà di violette neissente,
Qu’imboumon l’air frëque de Vertozan:
Bientou dze sento dzà que le béque pouegnente
Repondon a bë-tor, i sublo di s-arpian.
Pe le prà, tseut in fleur, qu’un eigue pura arrouse
Dèsot l’erba catsà tsante lo greseillon
Di boueisson i sapin lo rossegnon se pouse,
Et regale i passen se pi belle tsanson.
De llioen se veit qu’i Breuil embouon leur vatse pleine,
Que bedzolàvon dzà, senten lo tsaat di dzor;
Dze traverso lo plan, yaou dzouëre se promeine,
Et que partadze in baillen de détor.
In arreuven i Breuil dz’i vu, come euna fëta;
Tot lo mondo achouedzà di pià tanque a la tëta.
Le femalle, ci dzor, l’ayan de dzen pitset,
Fran come voulon leur; cen restàve se ret!
Già si sente l’odore delle violette nascenti,
Che profumano l’aria fresca di Vertosan:
Presto già sento che le vette aguzze
Rispondono tutt’intorno ai fischi dei mandriani.
Nei prati fioriti che un’acqua pura irrora
Sotto l’erba nascosto canta il grillo.
Dal cespuglio all’abete si posa il pettirosso,
Regalando ai passanti le sue più belle canzoni.
Di lontano si vede che al Breuil fanno rientrare le mucche sazie,
Che già correvano, sentendo il caldo del giorno;
Attraverso il pianoro dove il ruscello gironzola
Dividendolo con le sue svolte.
Giungendo al Breuil ho visto, come in un giorno di festa,
Tutti ben vestiti dai piedi alla testa.
Le donne, quel giorno, avevano dei bei merletti,
Proprio come esse li vogliono, stavano così rigidi!
L’ayan leur bà faouder lliat atot de levreye,
Leur dzen motsaou di cou di pi bô qu’in troveye;
L’ayan leur sardze rodze a baste pe lo fon;
Ci dzor, l’an dzaratà tanqu’i fon de l’artson.
Le berdzé leur ettot l’an trét leur vesta grise;
L’an bettà la tanetta et la dzenta tsemise.
Aprë mè, tot vecinet: ferrialle, ommo. garçon:
Le sun su de monteure et le s-âtre a piaton,
Porten din leur doblë de tsér de la greichëre,
Et p’aplani la tsardze, un passablo barlet,
Plein de ci bon vin viou de l’an quarente-vouet:
Cen lé, lo mioù de tot, contente le fretëre.
Avevano il loro bel grembiule legato con dei nastri,
E intorno al collo il più bel fazzoletto che si possa trovare;
Avevano la loro gonna rossa con le balze al fondo,
Quel giorno, hanno rovistato fino in fondo alla cassapanca.
Anche i pastori hanno tolto la loro giacca grigia;
Hanno indossato il completo e la bella camicia.
Dietro di me, venivano tutti: donne., uomini, ragazzi:
Gli uni cavalcando gli altri a piedi,
Portando nelle loro bisacce carne della vacca ingrassata,
E per equilibrare il peso un discreto barilotto,
Pieno di quel vecchio buon vino dell’anno quarantotto:
Quello, più di tutto, soddisfa le caciare.
Pe trové me s-ami dze sayà lo tsemin;
Dze và tanque tsi leur, dze crio: ho! de dedin.
La fretëre sort foura et me deut: Maque entràde;
Soplé, dete-mè vei cen que v’avolontàde.
Dz’i pe vo presenté pocca tsousa avouë ren;
Pe tsecca de caillà féde gneun complimen.
Pe me fére chatté me baille euna breiletta;
Su la tabla, toustou, l’épate euna sarguetta;
Me presente, avouë grâce, un fromadzo pequen.
Fét de vouet dzor devan, et fran bon pe me den,
Et greviëre, et fontenna incora case intsëre,
Et de beurro sorti frëque de sa beurrëre.
Et un’ecouëla de cràma, un âtra de caillà;
Et dz’i trovà bien bon tot cen que m’at baillà.
A tabla, tot solet, dze mindzo san façon;
Dz’aveitso celle dzen fatsendé pe meison.
Le dò bré rebratà dze veyo la fretëre
Que l’avendze lo prë di fon de sa tsaoudëre:
I tsardze son fromadzo, et pouë pren lo tsanon,
Vat terrié de bounë d’un petsou bareillon;
Per trovare i miei amici conoscevo la strada,
Vado da loro e grido: oh! di casa!
La caciara esce e mi dice: Entrate pure;
Vi prego, ditemi quello che desiderate.
Posso offrirvi poco o quasi niente;
Per un po’ di cagliata non fate complimenti.
Per farrmi sedere mi dà uno sgabello;
Subito sulla tavola stende una piccola tovaglia,
Con grazia mi presenta un formaggio piccante,
Fatto da otto giorni e proprio buono per i miei denti,
E gruviera, e fontina ancora quasi intere,
E del burro appena uscito dalla sua zangola,
Una scodella di panna, un’altra di cagliata;
E ho trovato ottimo tutto quello che m’ha dato.
A tavola, tutto solo, mangio senza complimenti,
Osservo quella gente faccendare per casa.
Le due maniche rimboccate, guardo la caciara
Che trae la cagliata dal fondo del calderone:
Carica il suo formaggio, e poi prende il mastello,
Va a spillare del siero di latte da un piccolo barile;