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Foto Gonnostramatza:
2012, 2009, 2008

Gonnostramatza è situato in Sardegna in Provincia di Oristano. Il 29 settembre si festeggia il Patrono, San Michele Arcangelo. Tra gli edifici religiosi: Chiesa parrocchiale di San Michele; Chiesetta di Sant'Antonio Abate; Chiesa di San Paolo di Serzela. Da Vedere: Domus De Janas di Bingia e Monti.

Confina con i comuni di: Collinas, Siddi, Gonnoscodina, Masullas e Mogoro.

Biblioteche

  • Biblioteca Comunale, Piazza San Michele, 5

Memorie Storiche

Nel Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale (1841) Goffredo Casalis così descrive il comune:

Gonnos-Tramatza, villaggio della Sardegna nella prov. d'Isili e nel mand. di Mògoro, sotto la prefettura d'Oristano. Era compreso nel Parte-Montis, antico distretto del giudicato d'Arborea. La sua situazione geografica è nella latitudine 39° 41', e nella longitudine occidentale da Cagliari 0° 17' 30". Giace sulle due sponde del fiume principale della regione. Le case sono fabbricate a pietre e a fango, non usandosi in queste parti i mattoni crudi (làdiris), e sono disposte irregolarmente da contrade storte e ora larghe, ora anguste, e nell'inverno assai fangose, e in molti tratti non praticabili. Essendo il rione di ponente posto sopra una piccola eminenza, e quello di levante (alla sinistra del fiume) a piè di due piccole collinette che lo coprono dalla tramontana e dal levante, è da doversi notare qualche differenza di salubrità, essendo il rione di ponente meno umido e più ventilato che quello di levante. Anche la malignità dell'aria par minore ad alcuni nella parte di ponente, che nella contraria: nel che però io sarei d'avviso contrario.

L'estensione territoriale di questo Gonnos può valutarsi a circa starelli 5750 che nella massima parte è in pianura. Si possono notare dalla parte del sirocco tre colline denominate Cucuru-Cabònis, Santavittoria e Cucurubingias; e dalla parte verso il meriggio l'eminenza che dicono Crucu. In alcuni siti trovasi terra ottima per la fabbricazione de'mattoni e tevoli.

Il fiume sunnotato ridonda qualche volta in inverno, e allaga per qualche tratto i campi con grave danno de' seminati, e con incomodo degli abitanti del paese. Un ponte ben costrutto serve alla comunicazione fra due rioni. In esso contribuì il popolo, ma il più della spesa fu conferito dal rettore Aru, che governò questa parrocchia verso la fine del secolo xvi ? e volle a quest'opera utilissima consacrate intere due sue prebende. I gonnesi benedicono tuttora alla sua memoria, ed io rendo al degno sacerdote l'onore che si merita per l'uso ottimo che seppe fare de' frutti de' suoi beneficii. In questo fiume vengono dalla parte di monte Siddi alcuni ruscelli, il Coccioledda che traversa il rione di levante, ed ha un piccol ponte, quindi un altro rivolo alla parte di mezzogiorno che taglia la via a Serzela, e l'altro alla parte contraria che dicono Fascas, e che vive solo nelle stagioni invernale e primaverile.

Popolazione. Nell'anno 1839 si numeravano in Gonnos anime 850, delle quali 410 nel sesso maschile e 440 nel femminile distinte in famiglie 230. La media dà nascite annuali 25, morti 15, matrimonii 6. I più mancano prima del sessantesimo anno. Nella prima età è la maggior mortalità, e questa osservasi principalmente nel mese d'agosto. La ragione di tanta pernicie pare esser questa, che andando le donne alla stoppia portano seco i bambini, non avendo a chi raccomandarli, ed ivi li depongono sopra il terreno bruciante, non usando altra cura che di ricoprirli dal sollione con un panno disteso sopra tre canne riunite in alto. Lo stesso praticandosi ne' vicini paesi e in altre parti vedesi lo stesso effetto, il quale non è poi veduto in rispetto a quei piccoli che non patiscono la stessa inclemenza. Nelle altre età vedonsi corpi robusti, e così temperati da resistere alle più forti cause morbifere. Le malattie più frequenti e perniciose sono i dolori laterali e i mali di fegato. I due flebotomi che si hanno per curare la sanità pubblica, dopo aver salassato ed aver adoperate le sanguisughe così, come da persone più dotte della setta de' dissanguatori usasi in altre parti, lasciano che operi o il male o la natura. Si ha una levatrice.

Professioni. Sono applicate all'agricoltura famiglie 150, ai mestieri 30, alla pastorizia 6. Vi sono poi famiglie nobili 5 con 9 individui, quindi le famiglie de' preti, de' notai e dei ricchi. Le famiglie non possidenti sono 100. Le donne lavorano in 215 telai, panni, lani e lini pel bisogno della famiglia. Quasi in tutte le case è questa macchina di antica forma, perchè ogni donna, di qualunque stato ella sia, quando va nella casa del marito, tra tutti i mobili e arnesi che vi porta, pone primo il telajo.

Nella scuola primaria si numerano fanciulli 10. Il frutto finora ottenuto da questo insegnamento è quasi nullo.

Agricoltura. Nel generale questo territorio è attissimo ai cereali, e nutre ottimamente le diverse specie de" fruttiferi, principalmente gli olivi e i mandorli. Si sogliono seminare annualmente starelli di grano 900, di orzo 100, di fave 250. L'ordinaria fruttificazione è all'ottuplo. Di lino se ne semina pochissimo. Le vigne non sono molto curate; e non pertanto producono abbondantemente. Le uve sono bianche, e la più comune è quella che dicono nuràgus; però anche i vini sono bianchi. L'estensione piantata a viti sarà circa di 110 starelli. Gli alberi fruttiferi, sebbene allignino, sono ancora rari. Vi saranno 100 ulivi, 2000 mandorli, ed un altro migliajo di altre diverse specie.

Bestiame. È in piccolissimo numero, non avendosi che 200 buoi per l'agricoltura, 50 vacche, 20 vitelli, 40 cavalli, 15 maiali, 40 porci, 50 pecore. Quest'ultima specie pascola nella regione di pastura comune che dicono Pabarìle, le altre nel prato e nelle terre chiuse (le tanche).

Religione. I gonnesi sono sotto la giurisdizione del vescovo di Ales. La chiesa maggiore è dedicata all'arcangelo s. Michele, ed il paroco che la governa ha il titolo di rettore ed è assistito nella cura delle anime da altri due preti. Quindi vi ha una sola chiesa filiale che trovasi all'estremità dell'abitato ed è dedicata a s. Antonio abate, ed un'altra in campagna. La principale sacra solennità è per il titolare. La festa è accompagnata dal solito spettacolo della corsa de' barberi. La chiesa rurale che accennai è l'antica parrocchia del deserto villaggio di Sèrzela e trovasi a mezz'ora da Gonnos in sulla sponda sinistra del fiume. Essa era dedicata a san Paolo apostolo, e tiene ancora il suo fonte battesimale, l'altar maggiore di legno dorato con pitture in tavola di molta antichità e di gran pregio. Nel piccol coro vedesi un marmo incastrato nel muro colla seguente leggenda in lingua nazionale:

A. VI. DE ARBILI MDLXXXVI
EST ISTA DA ISFATTA SA BIDDA DE VRAS
DE MANVS DE TVRCVS E MORVS,
E FÌADA SV CAPITANV DEIS MORVS BARBAROSSA.

Del paese non restano che poche vestigie, e qua e là qualche muro, alto due o tre metri; nè più discernesi il luogo dote i gesuiti avevano il loro ospizio. Vedonsi in una parte le fondamenta della chiesa di s. Elena.

Sèrzela era prebenda decanale. L'ultimo decano nominato Giacomo Spiga per disparere con gli altri canonici del capitolo si ritirò fra' detti religiosi e ottenne dal papa Gregorio XIII, che la sua prebenda fosse addicata al noviziato di s. Michele. In questa chiesa leggesi la seguente memoria: Nob. et Egreg.us D.r D.us D.n Jacobus Espiga Estampach.us Cal.us olim canon.us et Decan.us Eccl.us Cath. Teralb. (dum consisteret) postea nrimus Rector Ecclesiarum Sardarae et Cercelae, quarum decimas ex concessione Gregorii XIII applicuit huic domni anno MDLXXXVIII, in quo obiit die 24 april. Hic sepultus jacet.

Onesti due monumenti giovano a spargere qualche lume sulle sventure che patì la Sardegna nel secolo XVI dalla ferocia de' barbareschi. Lo Spiga fu canonico nella cattedrale di Terralba, e questa più non era servita o esisteva quando egli passò a reggere le due chiese di Sardara e di Serzela; quindi il disfacimento e disertamento di Terralba può riferirsi alla metà del detto secolo. L'eccidio di Uras notato nell'altra nel 1586 per le armi di Barbarossa mi rammenta un'altra invasione de' turchi e barbareschi riferita all'anno 1527 sopra Uras, Terralba ed Arcidano. I popoli poteron fuggire, ma le loro case furono saccheggiate, onde i fuggitivi dovettero andar raminghi. Deducesi questa notizia dalla testimonianza d'un uomo di molta età, che ripeteva ciò che aveva udito narrare dal suo avo, in una causa di litigio de' vassalli dimoranti in quei villaggi contro certa pretesa del barone.