GUIDA  Portici/Reggia di Portici

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(Memorie Storiche)
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==Storia==
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Il Palazzo Reale di Portici sorse per volere del re Carlo III di Borbone. La zona, a ridosso della collinetta di Sant'Antonio, era, infatti, un'oasi pregiata. Meravigliosi boschi nutriti dalla ferile terra vulcanica del Vesuvio, in affaccio sul mare, in modo da dominare tutto il Golfo di Napoli da Capo Posillipo a Punta della Campanella e, alle spalle, la sagoma severa del vulcano campano.
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Portici era, infatti in posizione strategica: rispetto a Napoli. da qui vicinissima, era un lussureggiante sito ameno. La reggia era, inoltre, assai vicina ad [[Ercolano]], dove da poco si erano scoperti gli [[scavi]]. Era idea del sovrano controllare i lavori ed alloggiare i preziosi ritrovamenti in un'ala della reggia da adibire a museo. In realtà una discreta parte dei reperti andarono perduti per due motivi. Gli ingegneri incaricati di sovraintendere agli scavi, Alcubierre e La Vega, non erano particolarmente esperti di archeologia; la stessa disciplina era, allora, agli arbori. I ritrovamenti, poi, avvenivano spesso presso i poderi rustici dei contadini alle pendici del Vesuvio. Non vi era quindi, consapevolezza e molti beni andavano non tanto trafugati, quanto dispersi o distrutti.
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I lavori della reggia iniziarono nel 1738 su progetto di Antonio Medrano. Ma tanti artisti si susseguirono, negli anni, nel completamento o revisione dell'opera.
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Nel 1840 i lavori passarono ad Antonio Carnevari.
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Parteciparono, poi, anche due illustre eminenze dell'architettura napoletana ed internazionale come Ferdinando Fuga, autore dell'Ospedale dei Poveri di Napoli, e Luigi Vanvitelli, l'ideatore della massima espressione del potere dei Borbone: la Reggia di Caserta.
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La sistemazione del parco, sontuosa, fu affidata a Francesco Geri: i giardini sono disseminati di casini, fontane e busti e statued di spoglio.
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Nel 1872 fu aggiunto l'Orto Botanico.
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Dopo l'Unità d'Italia, la reggia passo al Demanio e, dal 1935, è sede della prestigiosa Facoltà di Agraria dell'Università di Napoli.
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== Descrizione ==
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La struttura ha una complessa ed affascinante planimetria. Si compone di due ali. Una inferiore, rivolta verso il mare, ed una superiore che guarda verso il Vesuvio. Le due ali sono collegato da un grande cortile, attraversato, allora, dalla via Regia delle Calabrie che, rappresenta, in pratica, l'affaccio su strada della reggia.
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Il prospetto del cortile si articola nelle facciate delle due ali principali e nelle ali dei cortili, aperte da belle serliane.
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Le facciate si articolano in una sezione centrale, prospiciente tramite un portico e sormontato da finestre con timpani circolari al piano nobile, e in due sezioni laterali. Queste ultime sono decorate con delle belle e mosse finestre, al piano terra, terminanti con una sorta di arco ogivale, in alternanza con finestre sormontate da timpani lineari.
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Le ali al piano nobile recano luci sormontate da bei timpani triangolari; tutto il secondo piano è aperto da luci più piccole e semplici, architravate.
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Gli interni sono sontuosi ed eleganti. Sono sopravvissute integre diverse strutture che recano l'originale decorazione tardobarocca, a base di affreschi in  tromp l'oeil, stucchi, alcuni marmi e diversi pavimenti in mosaico.
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Affascinante è la Stanza Dorata, con uno studio in stile Luigi XVI.
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La Cappella Reale, nata come teatrino di corte fu convertita all'uso sacro da Ferdinando Fuga, attraverso grandi giochi prospettici, nel 1749. La cappella, a pianta ottagonale, è coronata da un bell'altare sormontato da un baldacchino in marmo verde sormontato arredato con degli angeli.
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L'iconostasi custodisce una pregiata Madonna di bronzo dorato della metà del Settecento.
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Gli arredi sacri includono pregevoli sculture settecentesche degli artisti Manuel Pacheco e Andrea Violani e tele di scuola napoletana e della bottega di Solimena: segnaliamo un Ecce Homo e un Cristo sulla via del Golgota.
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Gli affreschi sono opera di Giuseppe Bonito.
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==Curiosità==
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La reggia ospitava numerose meraviglie, in seguito asportate dal sito.
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Fra queste ricordiamo: il salottino di porcellana, ricco di più di 3000 pezzi e voluto dalla Regina Maria Amalia, oggi presso il Museo di Capodimonte.
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Il pavimento dello Zodiaco, proveniente dalla villa di Tiberio a Capri.
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Una collezione di reperti provenienti dagli scavi di Ercolano, oggi confluito nel [[Museo Archeologico Nazionale]].
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Una preziosa collezione di sete di [[San Leucio]].
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==Memorie Storiche==
 
==Memorie Storiche==
 
Nel libro [[Libri/Napoli e i luoghi celebri delle sue vicinanze]] del '''1845''', così viene descritta la Reggia:
 
Nel libro [[Libri/Napoli e i luoghi celebri delle sue vicinanze]] del '''1845''', così viene descritta la Reggia:

Versione delle 11:55, 4 set 2007

Indice

Storia

Il Palazzo Reale di Portici sorse per volere del re Carlo III di Borbone. La zona, a ridosso della collinetta di Sant'Antonio, era, infatti, un'oasi pregiata. Meravigliosi boschi nutriti dalla ferile terra vulcanica del Vesuvio, in affaccio sul mare, in modo da dominare tutto il Golfo di Napoli da Capo Posillipo a Punta della Campanella e, alle spalle, la sagoma severa del vulcano campano. Portici era, infatti in posizione strategica: rispetto a Napoli. da qui vicinissima, era un lussureggiante sito ameno. La reggia era, inoltre, assai vicina ad Ercolano, dove da poco si erano scoperti gli scavi. Era idea del sovrano controllare i lavori ed alloggiare i preziosi ritrovamenti in un'ala della reggia da adibire a museo. In realtà una discreta parte dei reperti andarono perduti per due motivi. Gli ingegneri incaricati di sovraintendere agli scavi, Alcubierre e La Vega, non erano particolarmente esperti di archeologia; la stessa disciplina era, allora, agli arbori. I ritrovamenti, poi, avvenivano spesso presso i poderi rustici dei contadini alle pendici del Vesuvio. Non vi era quindi, consapevolezza e molti beni andavano non tanto trafugati, quanto dispersi o distrutti.

I lavori della reggia iniziarono nel 1738 su progetto di Antonio Medrano. Ma tanti artisti si susseguirono, negli anni, nel completamento o revisione dell'opera. Nel 1840 i lavori passarono ad Antonio Carnevari. Parteciparono, poi, anche due illustre eminenze dell'architettura napoletana ed internazionale come Ferdinando Fuga, autore dell'Ospedale dei Poveri di Napoli, e Luigi Vanvitelli, l'ideatore della massima espressione del potere dei Borbone: la Reggia di Caserta. La sistemazione del parco, sontuosa, fu affidata a Francesco Geri: i giardini sono disseminati di casini, fontane e busti e statued di spoglio.

Nel 1872 fu aggiunto l'Orto Botanico.

Dopo l'Unità d'Italia, la reggia passo al Demanio e, dal 1935, è sede della prestigiosa Facoltà di Agraria dell'Università di Napoli.

Descrizione

La struttura ha una complessa ed affascinante planimetria. Si compone di due ali. Una inferiore, rivolta verso il mare, ed una superiore che guarda verso il Vesuvio. Le due ali sono collegato da un grande cortile, attraversato, allora, dalla via Regia delle Calabrie che, rappresenta, in pratica, l'affaccio su strada della reggia.

Il prospetto del cortile si articola nelle facciate delle due ali principali e nelle ali dei cortili, aperte da belle serliane.

Le facciate si articolano in una sezione centrale, prospiciente tramite un portico e sormontato da finestre con timpani circolari al piano nobile, e in due sezioni laterali. Queste ultime sono decorate con delle belle e mosse finestre, al piano terra, terminanti con una sorta di arco ogivale, in alternanza con finestre sormontate da timpani lineari.

Le ali al piano nobile recano luci sormontate da bei timpani triangolari; tutto il secondo piano è aperto da luci più piccole e semplici, architravate.

Gli interni sono sontuosi ed eleganti. Sono sopravvissute integre diverse strutture che recano l'originale decorazione tardobarocca, a base di affreschi in tromp l'oeil, stucchi, alcuni marmi e diversi pavimenti in mosaico.

Affascinante è la Stanza Dorata, con uno studio in stile Luigi XVI.

La Cappella Reale, nata come teatrino di corte fu convertita all'uso sacro da Ferdinando Fuga, attraverso grandi giochi prospettici, nel 1749. La cappella, a pianta ottagonale, è coronata da un bell'altare sormontato da un baldacchino in marmo verde sormontato arredato con degli angeli. L'iconostasi custodisce una pregiata Madonna di bronzo dorato della metà del Settecento. Gli arredi sacri includono pregevoli sculture settecentesche degli artisti Manuel Pacheco e Andrea Violani e tele di scuola napoletana e della bottega di Solimena: segnaliamo un Ecce Homo e un Cristo sulla via del Golgota.

Gli affreschi sono opera di Giuseppe Bonito.


Curiosità

La reggia ospitava numerose meraviglie, in seguito asportate dal sito. Fra queste ricordiamo: il salottino di porcellana, ricco di più di 3000 pezzi e voluto dalla Regina Maria Amalia, oggi presso il Museo di Capodimonte.

Il pavimento dello Zodiaco, proveniente dalla villa di Tiberio a Capri. Una collezione di reperti provenienti dagli scavi di Ercolano, oggi confluito nel Museo Archeologico Nazionale. Una preziosa collezione di sete di San Leucio.


Memorie Storiche

Nel libro Napoli e i luoghi celebri delle sue vicinanze del 1845, così viene descritta la Reggia:

Il palazzo fu edificato sopra un terreno già ricoperto altra volta dalle eruzioni vesuviane, perocchè la lava detta del granatello servì di fondamento al nuovo edificio; ed è fama che gli architetti e la corte avessero ardito di farne parola al Principe perchè non avventurasse una nuova opera così vicino alle tracce della passata ed alle minacce di una futura distruzione, e che il Principe con parole devote rispondesse: la Madonna e san Gennaro ci penseranno.

Il cortile del palazzo che è parte della pubblica strada, sorge in forma presso che ottagona, essendo gli angoli del rettangolo tagliati verso l'estremo da un muro che segue l'ordine del rimanente, e dà luogo nell'interno a varie scale le quali giungono fino al secondo piano dell'edificio. La strada che viene di Napoli entra nel palazzo per mezzo di tre archi verso il lato occidentale, ed uscendo per altri tre archi dal lato opposto prosegue innanzi toccando i villaggi di Resina, e della Torre, ed è la medesima strada che mena a molte province del regno. I lati meridionale e settentrionale della corte più lunghi degli altri contengono undici finestre ciascuno, nel primo piano reale, e altrettante nel secondo, destinato alle persone della corte. Nel mezzo di questi due lati maggiori si aprono tre archi i quali conducono ai reali giardini verso la collina, ed a quelli verso il mare che un tempo giungevano fino al granatello. Quando il palazzo reale di Portici fu destinato a contenere i preziosi lavori d'arte che venivano dissotterrati da Ercolano, sotto questi archi dal lato di mezzogiorno e di settentrione sorgevano le due statue equestri che ora si conservano nel museo borbonico come opere di stupenda bellezza, una di Nonio Balbo figlio, un'altra del padre, i quali avendo ben meritato della nazione ercolanese ottennero l'onore di quelle statue, e questi preziosi avanzi di antichità furono da principio collocati colà nel palazzo innanzi alle due magnifiche scale marmoree che giungono al primo appartamento reale.

Il Re avendo notizia degli scavamenti con felice successo incominciati nel principio di quel secolo dal Principe di Elbeuf Emmanuele di Lorena, comandante in Napoli le armi per l'imperatore Carlo VI, e propriamente presso al casino detto ancora oggi di Elbeuf, comandò che venissero continuati, destinando il palazzo di Portici a contenerne gli oggetti. Tutte queste ricchezze cresciute in numero, vennero negli anni seguenti tramutate nel museo borbonico, ma nell'osservare il grande appartamento reale composto di oltre a quaranta stanze, sono meritevoli di ammirazione i pavimenti di alcune tra esse i quali andarono ad ornarle, trasportati tutti interi con mirabile attenzione da quelle rovine, con altri leggiadrissimi lavori in bronzo di piccola mole, ma di finissimo gusto, che ancora si conservano in quelle sale. [...]

Dopo essere stati trasportati in Napoli tutti gli oggetti ercolanesi, il palazzo fu adornato in altri modi da' principi successori. Vennero arricchite le pareti di stoffe lavorate nella fabbrica di san Leucio, trasportati colà alcuni quadri, aggiungendoli agli altri di scuola napolitana che già adornavano quelle stanze. [...]

Vi rimane ancora perfetta ed intera una sala tutta ricoperta nelle pareti dal basso all'alto di specchi e di lavori mirabili in porcellana a foggia di fiori e rabeschi. Questa sala è tutta commessa di mille pezzi diversi i quali possono agevolmente per via di perni scomporsi e ricomporsi nuovamente, e sono prova manifesta dell'altissima perfezione alla quale era giunta la fabbrica delle porcellane fondata da Carlo, e da noi mentovata altrove più lungamente.

Essendo i tre lati del palazzo che guardano il levante il settentrione ed il ponente ingombrati nel loro aspetto da vicine abitazioni, il solo lato di mezzogiorno si presenta tutto intero e guarda il Granatello, e verso oriente il golfo e la citta di Napoli. Da questo lato comunica il cortile col sottoposto giardino per due ampie strade, ed il reale appartamento per ampie terrazze si congiunge così a questo come al bosco verso settentrione.