GUIDA  Matera/Lapide a Giovanni Pascoli

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Matera - Lapide a Giovanni Pascoli - Palazzo del Governo.jpg

A

GIOVANNI PASCOLI

NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO

DELLA SUA MORTE

QUI

DOVE DIMORO’ IN MATERA IL POETA

DI SAN MAURO DI ROMAGNA

INIZIANDO LA LUNGA OPERA SUA

DI MAESTRO

CON ESSA AFFIANCANDO E INTEGRANDO

L’ESERCIZIO DELLA DIVINA POESIA



CELEBRAZIONI PASCOLIANE IN LUCANIA

MCMIXII


"Sì: delle città in cui sono stato, Matera è quella che mi sorride di più, quella che vedo meglio ancora, attraverso un velo di poesia e di malinconia"

Giovanni Pascoli - 1902


La lapide, posta il 16 dicembre 1962 sul fianco laterale del Palazzo del Governo che da su piazza Vittorio Veneto, ricorda il breve soggiorno (1882-1884) di Giovanni Pascoli a Matera.


Fu, quella nella città dei Sassi, la sua prima esperienza come docente di latino e greco, da svolgere nel Liceo Ginnasio che allora aveva le sue aule in Palazzo Lanfranchi.


Arrivato la notte tra il 6 ed il 7 ottobre 1882, visse la destinazione in una terra così lontana e diversa da quella natìa come un esilio, sia per il legame con le sue sorelle alle quali scrisse spesso nei due anni di permanenza, sia perché Matera non era che una cittadina di quindicimila abitanti, la stragrande maggioranza dei quali sopravviveva in quell'inferno di povertà chiamato Sassi che si dominava dall'alto del Liceo Ginnasio.

Appena arrivato scrive: "Arrivai all’una dopo mezzanotte, dopo molto trabalzar di vettura, per via selvagge, attraverso luoghi che io ho intravisto notturnamente, sinistramente belli.(…) Una città abbastanza bella, sebbene un poco lercia";

e dei suoi abitanti: "I contadini vanno vestiti nel loro simpatico ed antiquato costume e stanno tutto il giorno, specialmente oggi che è domenica, girelloni per la piazza. Hanno corti i brachieri e scarponi grossi senza tacco, una giacca corta e in testa un berrettino di cotone bianco e sopravi un cappello tondo. Sembrano che si siano buttati giù dal letto in fretta e furia, e si sian messi per distrazione il cappello sopra il berretto da notte."

Qualche giorno dopo riferisce del suo alloggio e delle condizioni in cui vive: "...ma in generale sto bene a Matera… sai di una cosa mi lagno: qui è troppo caro il vivere e l’alloggio e tira quasi sempre scirocco (…)"

Un anno dopo, il 5 ottobre 1883, scrive a Giosuè Carducci:

Non c’è un libro qua, da vent’anni che c’e’ un Liceo a Matera, nessuno v’è uscito con tanta cultura da sentire il bisogno d’un qualche libro; i professori pare che abbiano avuto tutti la scienza infusa; e perciò di libri non s’è n’è comprati. Ci vorrebbe forse un sussidio del governo, ma il Governo probabilmente non ne vorrà saper nulla. "

Infine nel 1902, mentre insegnava all'Università di Messina, scrive al Preside del Liceo Ginnasio di Matera, Vincenzo Di Paolo:

Come mi giova, dopo una vita così torba tornare a cotesta serenità di pensiero e di parole, che avrei dovuto prendere da lei in quella povera città di trogloditi, in cui vissi così felice, sebbene così pensoso! Sì: delle città in cui sono stato, Matera è quella che mi sorride di più, quella che vedo meglio ancora, attraverso un velo di poesia e di malinconia