GUIDA San Donato di Ninea/Storia
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Origini
Non vi sono molte notizie sulle origini di San Donato di Ninea, probabilmente fu fondato in epoca molto antica - intorno al 1300/1500 a.C. - dagli Enotri, come confermato anche da Ecateo da Mileto nella sua "Descrizione della Terra".
Denominato Ninea, presumibilmente in onore di Ninevo, capo dei colonizzatori enotri che si stabilirono in questi luoghi, attratti dalla ricchezza mineraria del sottosuolo, assunse l'attuale nome dopo l'anno 1000 d.C.. Ninea sorse molto più a valle rispetto all'ubicazione attuale, ma durante le invasioni Saracene, gli abitanti cercarono una nuova sede per il Paese più facile da difendere. Lo trovarono nel luogo la "Terra": una altura che permetteva un facile avvistamento di eventuali nemici, per di più protetta alle spalle dai monti.
Questa zona venne chiamata "Motta" che significa rupe staccata da un monte: deriva da smotta, che vuol dire terreno franoso. Generalmente su questi luoghi di difficile accesso venivano erette torri di osservazione e costruiti castelli fortificati; da qui una nuova accezione della parola "Motta": altura fortificata.
San Donato non fece eccezione a questo uso: è presente ancora, in ottime condizioni, una parte del castello (adibito ad abitazione privata), sono visibili i resti delle mura di recinzione e di una torre di osservazione (non in ottimo stato di conservazione). Col passare del tempo la "Terra" si estese verso il "Casale" e, con l'attenuarsi del pericolo di invasioni, leggermente più sotto nelle zone del "Giardino" e di "San Cristofaro".
La zona di San Cristofaro un tempo pianeggiante, in seguito ad abbondanti piogge e all'erosione del terreno provocata anche dal torrente che vi scorre, presenta un burrone, Vallone di San Donato, che si estende per tutto il territorio. L'alluvione del 1840 ingigantì il problema, tanto da indurre quasi tutti gli abitanti ad abbandonare il paese: si creò una grossa voragine che risucchiò anche alcune case (come testimoniano i resti dei muri di alcune case che precipitarono nel burrone).
L'età feudale
- In epoca medievale San Donato fu infeudato a più Casati: a Filippo Bretòn, a Gerardo d'Arena, nel 1310 a Filippo Tardo da Pistoia. In seguito entrò a far parte del vasto Stato del principe di Bisignano Sanseverino, che ne seguì la sorte per lungo tempo.
- Verso il 1510, Bernardino Sanseverino, Principe di Bisignano, concede la terra di San Donato e Policastrello in feudo baronale a un cadetto della sua casa, Francesco Sanseverino barone di Càlvera in Basilicata, che dà inizio così al ramo dei Sanseverino baroni di San Donato. Nel 1602 Filippo III di Spagna elevò l'antica baronia in ducato nella persona di don Scipione "junior" Sanseverino, dei baroni di Càlvera, creandolo primo duca di San Donato.
- Don Scipione juniore Sanseverino (1588 - 1640) fu il 3° Barone di San Donato, poi nominato 1° Marchese di San Donato dal 30 Novembre 1598 e finalmente 1° duca con privilegio di Filippo III del 29 settembre 1602 nota 3 . Fu anche il 4° barone di Policastrello. Nel 1605 la madre, donna Lucrezia Carafa, acquista per lui il feudo di Poggiano o Rogliano o Roggiano e quello rustico di Larderìa dal principe di Bisignano. L' anno successivo cadrà sotto il suo dominio anche il feudo di Altomonte, poi passato alla Casa dell'Annunziata di Napoli. L' acquisto del feudo di Roggiano comportò in parte anche lo spostamento della residenza della famiglia ducale, per buona parte dell' anno, da San Donato a Roggiano
Tragici fatti
- Don Francesco Sanseverino (nato 1-11-1611; + 10-8-1648) morì ucciso dai suoi vassalli di San Donato insieme a due delle sue figlie, durante i tumulti seguiti alla rivolta di Masianello a Napoli: "E' un periodo di grave malcontento per i sandonatesi, che in concomitanza e in conseguenza dei fatti successi nella capitale del Regno nel 1647, tumultuarono contro il loro signore, al quale tolsero ogni rispetto ed obbedienza "mettendo fuoco ai suoi magazzini di grano, ammazzandogli tutte le mandrie dei vari animali, facendo prigioniera la Duchessa, con morte di due sue femmine e del fattore e con tanti altri eccessi di crudeltà", come risulta da un dispaccio del Residente veneto a Napoli in data 6 Agosto 1647." cfr. R. Bisignani, I Sanseverino, ramo San Donato, in "Calabria Nobilissima", 1989, 42-43, 33-70."
La "guerra di successione"
- Alla morte dell'ultima duchessa di Casa Sanseverino, la piccola Anna, detta Annuccia, quarta duchessa di San Donato, morta a soli 9 anni di età a causa delle ferite e dei maltrattamenti ricevuti nel corso dei tragici avvenimenti che portarono alla morte del padre, si apre un periodo di difficoltà economiche per questo ramo della Casa sanseverinesca, che coincide con un'aspra contesa per motivi dinastici sulla successione del feudo di San Donato il quale viene messo all'asta per debiti dal Regio Fisco ed acquistato da Antonio Amitrano o Ametrano, figlio di uno scrivano della Regia Camera della Sommaria arricchitosi con l'esercizio dell'arrendamento dei sali della Calabria, che comprò le terre di Roggiano, San Donato e Policastrello ed il feudo di Larderia che erano state subastate nel Sacro Regio Consiglio dai creditori dei Sanseverino, per la rilevante cifra di ducati 72.000. La vendita del feudo all'Ametrano viene fatta con la formula "extinto seu retinenti titulo", ovvero senza il passaggio del titolo ducale, il quale, secondo le leggi dell'epoca, rimane nella disponibilità degli aventi diritto degli antichi feudatari, i Sanseverino.
- Pochi anni più tardi la "guerra di successione" sul titolo di San Donato è in pieno svolgimento. Il cugino più prossimo dell'ultima duchessa Annuccia di Casa Sanseverino, Don Mario Sanseverino dei baroni di Càlvera, rivendica a se' la successione del titolo ducale (ormai solo onorifico, in quanto il feudo, seppure senza l'annesso titolo, è ormai passato all'Ametrano), dimostrando di essere il parente maschio più prossimo ed entro il 4° grado, e si intesta per questo motivo 5° duca di San Donato. Nel frattempo l'Ametrano, morto il Re Filippo IV che gli aveva negato il passaggio del titolo feudale di San Donato, grazie alle sue "entrature" soprattutto economiche e alla sua influenza sul giovane, inesperto e malaticcio nuovo sovrano, Carlo II (salito al trono il 17 settembre 1665 a soli 4 anni di età e regnante pochi anni, fino alla sua morte avvenuta il 1 novembre 1700), era riuscito ad ottenere una concessione ex novo (quindi non un riconoscimento del passaggio dell'originario titolo feudale) del titolo di San Donato con privilegio di re Carlo II dato in Madrid il 27 febbraio 1668. Privilegio al quale si oppone legalmente il legittimo erede dei Sanseverino, Don Mario, in quanto parente dell'ultima avente causa, la duchessa Annuccia, nel 4° grado di parentela agnatizia, che era compreso nel diritto di successione vigente all'epoca.
- Verso la fine del '700 il feudo di San Donato passa nuovamente di mano, in quanto nel 1780 Michele Campolongo acquista la Terra di San Donato, contro il patrimonio del duca Francesco Saverio Sambiase, con regio assenso 31 agosto 1780, registrato nel Quinternione 314, folio 425, come dal Cedolario 79, folio 298. Da Michele il feudo passò a Nicola (deceduto il 17 agosto 1790) e da questi al fratello Francesco, cui San Donato fu intestato il 27 settembre 1793, cedolario 79, folio 487. vedi: F. von Lobstein, Settecento Calabrese ed altri scritti, Napoli, 1977, Vol. II, pag. 494. Anche nel caso di questa vendita il feudo passò ai nuovi proprietari, i Campolongo appunto, con la formula "extinto seu retinenti titulo", per cui i Campolongo non acquisirono con l'acquisto del feudo anche il titolo ducale (quello concesso ex novo agli Ametrano) su San Donato, e infatti si dissero solo "baroni", cioè Signori di San Donato, in virtù dell'acquisto fatto.
- La guerra successoria sul titolo ducale di San Donato continuerà nelle generazioni seguenti, opponendo gli eredi delle due linee: quelli della concessione del nuovo titolo dato all'Ametrano, saranno per linea femminile prima i Cavalcanti e poi i Sambiase, mentre i successori dell'originario titolo feudale dei Sanseverino, anch'essi per linea femminile, saranno le famiglie Di Leo Sanseverino e Pacelli di Balvano. Entrambi i contendenti otterranno un riconoscimento dei loro diritti: i primi con Regio Rescritto del 16 maggio 1853, i secondi con Regio Decreto del 5 ottobre 1888. La prima linea si è estinta completamente nel 1951 con la morte senza figli dell'ultimo discendente, mentre la seconda è tutt'ora fiorente.
Come scrisse lo studioso Mario Pellicano Castagna: "In merito al titolo di Duca di San Donato, non deve far meraviglia la coesistenza di due diversi titoli infissi sullo stesso predicato, essendo essa perfettamente compatibile con le leggi feduali e nobiliari del Regno." (in: "Studi Meridionali", op. cit., fasc. Gennaio 1977, pag. 9)
Bibliografia
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- Bisignani, R. I Sanseverino ramo San Donato, «Calabria Nobilissima», 1989, 42-43, 33-70.
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- Pellicano Castagna, M. La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria"
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- Von Lobstein, F. Settecento Calabrese ed altri scritti, Napoli, 1977, Vol. II, pagg. 354, 494
- Elenco dei Titolati Italiani, Firenze, 2008, "Famiglia Lupis Macedonio Palermo di Santa Margherita", pp. 222–226 (pdf on-line).