GUIDA  Siracusa/Memorie Storiche

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Memorie Storiche su Siracusa

Nel Dizionario del 1858 di Antonio Busacca la città viene così descritta:

Ortigia ossia Siracusa moderna dista da Palermo 450 miglia, al grado 37, di latitudine. É sede di un arcivescovo, piazza d' armi, capoluogo. Popolazione solamente 16860. La città ha una forma ellittica ed è di due miglia di circuito fortificata all' intorno, con 7 porte con un castello situato alla imboccatura del porto il porto di Siracusa è di 5 miglia ed è uno dei migliori dell' Isola. La città ha tre ospedali, due seminari, una regia accademia di studi, una pubblica biblioteca. Conta 8 monasteri di donne ed 11 case religiose di monaci e frati.

I campi siracusani producono cotone, cannape, seta olio e buoni vini, anzi i migliori di Sicilia, e moscati. Nel fiume Anapo si trova la pianta del papiro di cui gli antchi si servivano per scrivere pria dall' invenzione della carta. Siracusa moderna vanta aver dato i natali nel IV sec. dopo G. C. a Citarco di cui Ausonio ne loda l'ingegno; nel VII sec a S. Gregorio che intervenne come vescovo di Siracusa nel concilio di Costantinopoli; a S. Stefano Papa; a S. Peregrino, a S. Metodio, a S. Giuseppe Innografo, al beato Gordiano, e al beato Cheromeno.

Indi nel sec. XII ad Aloadino medico e poeta autore del poema su i bagni di Puzzoli Nel XV secolo, a Guglielmo Porna giureconsulto, capo scuola discepolo di Uberto Marini autore di opere feudati; Nel XVI sec. a Bernardo Medici d' ingegno sublime, al poeta vernacolo Geronimo d'Avila; a Claudio Maria Arezzi storiografo di Carlo V che stampò varie cose su la Sicilia; à Luigi Montaito giureconsulto che morì reggente e decano del Vicario di Napoli.

Nel XVI e XVII; a Giuliano Mora poeta buccolico; a Giacomo Bonanno antiquario autore della antica Siracusa ; al P. Vincenzo Candido sacro oratore, maestro del sacro palazzo in Roma; al gesuita Ottavio Gaetani autore fra le altre opere de' Santi Siculi, morì in Palermo nel 1620; nel XVII secolo, a Vincenzo Mirabella antiquario celebre; a Francesco Antonio Arezzo poeta, autore di diverse commedie; a Gaetano Giulio Zum-bo celebre per le sue statue in cera e per gli apparecchi anatomici, fu noto a Parigi in Toscana e altrove; Nel XVIII sec. al Conte Cesare Gaetani poeta ; al cav Landolina antiquario, al Parroco Giuseppe Logoteta storico, e al Gargallo, traduttor di Orazio, tanto chiaro in Italia.

Il libro L'Italia meridionale o L'antico reame delle Due Sicilie (1860) così descrive il comune:


Siracusa, con 18 mila abitanti, capoluogo di distretto, sede vescovile, città fortificata e piazza di armi. Il suo famoso porto è ora ingombro di sabbia e non puó ricevere che piccoli legni. Tra' suoi edificj sono notevoli la cattedrale, il palazzo Montalto e varj altri con facciate gotiche.

Siracusa ( Siracusa) fu una delle più grandi e più celebri città dell' isola, anzi la massima città della Sicilia. Fu fondata da' Calcidesi dell' Eubea e da' Dorii di Corinto, i quali si stabilirono nell'isola di Ortigia e diedero il nome di Aretusa alla famosa sorgente che ivi trovarono; e ciò acadde intorno al 733 av. G. C. Ma innanzi ad essi vuolsi che l'avessero abitata i Sicani e i Sicoli. Quantunque edificata non lungi dall' Anapo, pure prese il nome dal lago Siraco, oggi detto Pantano, più vicino alla città. La naturale fertilità del terreno ond' era la città circondata, e la buona condizione dei porti, il piccolo che si prolunga tra l' isola di Ortigia e la terra ferma, ed il grande sul lato meridionale tra l'isola stessa e il promontorio Pachino, fecero crescere grandemente la città.

Ed oltre a ciò, l'eccellente posizione di Ortigia, copiosa di acque dolci, e popolata di gente operosa e commerciante, fecero che la città si rivolgesse al traffico marittimo e s' innalzasse sopra tutte le altre greche colonie; e padrona di un ricco commercio divenne così ricca e popolosa, che non solo crebbe la città di nuovi fabbricati, ma fondò altre nuove colonie, quali furono Acre, Casmena, Camarilta ed Enna. La parte nuova della città fu detta Acradina, da' peri selvaggi che vi crescevano innanzi che vi si fabbricasse. Il primo governo di Siracusa fu quello degli Ottimati: fu combattuta dai tiranni di Gela e fu vinta; sotto il dominio di Gelone, si levò a grande potenza e dominò con le sue flotte i mari vicini; combattè contro i Persiani e contro i Cartaginesi, e fu temuta e gloriosa.

Non fu forte e mite del pari il dominio di Jerone e quello de' Dionigi, ma Siracusa fu sempre forte e potente, e potè sola entrare nella guerra del Peloponneso, e oscurare la gloria di Atene e distruggerne la potenza. La storia di Siracusa ricorda i nomi di Timoleone , il liberatore della città, di Agatocle, di Pirro; ricorda le lunghe e sanguinose guerre sostenute contro i Cartaginesi e contro i Romani, e la caduta della città , dopo più assalti per mare e per terra che fecero i Romani comandati da Marcello, contro ai quali non valsero nè le fortificazioni di Siracusané le invenzioni del grande Archimede. La città avea 22 miglia di perimetro, e superò in ampiezza la stessa Roma.

Era formata di cinque parti; la più antica fu l'isola Ortigia, da'Siracusani detta comunemente Nasos nel dialetto dorico, a cui univasi la grande città di Acradina, formando entrambe la città propria, dov'erano i più importanti edifizj. Dalla parte di settentrione verso Acradina distendevasi Tiche, e verso mezzodì Neapoli, che consideravansi come subborghi, da cui estendevasi Epipole più oltre verso il N. O. Tutta la città, a partire dall' isola come la parte più bassa, si elevava dolcemente verso il N. O., così che dall' Épipole potevasi avere tutta sott'occhio, e di là guardandola Marcello è fama che piangesse parte per allegrezza di avere presa una città sì magnifica, parte ricordandone l' antica gloria. Epipole, elevata e fortificata, difesa da scosceso e dirupato declivio, era adoperata come una rocca della città contro gli assalti di terra ferma. Ma Nasos, o l'isola, era la difesa della città dalla parte di mare. L'isola di Nasos fu detta Ortigia per il culto di Diana, e fu da Archia scelta per sede della sua colonia, avendo ripide coste sul mare, e due porti e la copiosa sorgente Aretusa.

Fu innalzato in Ortigia un tempio ad Artemide, la dea de'fiumi, di così grande importanza, che Pindaro tutta l'isola nominava sede della dea de'fiumi. Ma poichè nessun fiume era in Orligia, ed Artemide sospirava il suo amato Alfeo, nacque la credenza che la fontana Aretusa conducesse presso il recinto del tempio le acque sacre dell' Alfeo. Tra' molti templi innalzati in Ortigia i più grandiosi erano quelli sacri a Diana ed a Minerva. Sorgeva il primo presso alla fontana e propriamente nell'entrare dell'isola sacra ad Artemide, e veggonsi ancora i grandissimi e riquadrati macigni delle mura, e alcune superbe colonne. Presso di quel tempio furono i Bagni Dafnei, nel luogo anche oggi detto di Bagnata, dove rimangono alcuni poggi di acque dolci e sorgive, che vanno a scari carsi nel fonte di Aretusa.

Il tempio di Minerva, dea protettrice della città, era nella parte più alta dell'isola di Ortigia, e avea le stesse forme di quelli innalzati da'Dorii a Posidonia, a Egesta, a Selinunte. Ortigia era riunita ad Aerodina per mezzo di un ponte, ed ivi intorno era la reggia de'Dionigi e l'Acropoli, la rocca fortificata. Aerodina era quattro volte più estesa di Ortigia.e poteva essa sola con siderarsi come una importante e forte città. Ebbe il Foro, la Curia, Portici e Ginnasii, e il Pritaneo, e templi superbi, fra'quali era insigne quel lo innalzato a Giove Olimpio. Sul confine della città circondate di forti mura, e dalla parte di Neapoli, erano le grandi cave di pietre o Latomie, scavate nel principio per trarne materiali che servissero allo ingrandi mento della città, e poi usate come carceri, e sono opera maravigliosa di quei tempi antichi.

Ammirevoli del pari sono i sepolcri e le catacombe, si per la vastità che per 1' artificio; e sono una specie di città sotterranea, una vera necropoli, o città de' morti, divisa in piazze regolari, in ampie strade parallele. Acradina verso N. 0. univasi a Tiche, ch'ebbe il nome da un antico tempio della dea di tal nome, o della Fortuna; ed era come un subborgo della città popoloso e cinto di mura. Essendo il suolo di Tiche del tutto nudo, vi si osservano i vestigi delle case antiche, le quali erano piccole e fabbricate sulla roccia senza fondamenta; e veggonsi le tracce delle non larghe strade e avanzi di sepolcri, di cisterne, di bagni, di cloache e di acquidosi. A mezzodì di Tiche seguiva Neapoli, o la città nuova, edificata più tardi.

L'edifizio più notevole era il Teatro Massimo, il più grande e magnifico di tutta la Sicilia, e bello era l'Anfiteatro e superbi i templi innalzati a Cerere e Proserpina, e i sepolcri e altre Latomie, dove erano imprigionate le vittime de'Dionigi; e si è dato il nome di Orecchio di Dionisio ad una piccola apertura al disopra dell'entrata di un antro, mercè della quale il tiranno udiva i lamenti de'miseri che ivi gemevano. Da Neapoli a Tiche il suolo elevavasi sempre verso il N. 0. , ed elevandosi non solo sulla circostante contrada, ma anche sulle quattro città descritte, ebbe il nome di Epipole e fu fortificato e reso inaccessibile.