GUIDA Sirmione/Grotte di Catullo
Memorie Storiche
Il libro Verona e la sua provincia nuovamente descritte (1838) così riporta:
Di tre monti, che sorgon di mezzo alla penisola, sì che in picciolo quasi la Trinacria ne rappresenta, quello che più guarda al settentrione vi fu appianato, come anche per magnificenza eran usi di fare i Romani. Non altramente nella sua villa di Tivoli fece Adriano. Così dove il terren si avvallava, supplivasi coll'arte delle sostruzioni, come diconsi alla latina, ergendo volte paralelle alla linea dell'appianata superficie. Questa doppia operazione appar chiaramente in cotesto edifizio, qual che si fosse l'uso e l'età della sua costruzione, che altri a più rimota ed altri a meno portar vorrebbe. Le forme però della struttura e del cemento pare che cel possano circoscrivere alla buona età della romana architettura. E se di questa fabbrica si potesse intender, dove dice Catullo d'esser venuto alla sua casa (Larem ad nostrum, no capanna, come ha un traduttore Franzese, Paris, chez Delelain en 1771), e se in essa il suo padre vi avesse accolto Giulio Cesare, egli è ben chiaro per la cronologia, che la spezie delle sue forme c'importerebbe l'impronta di circa due mila anni. Il che non altramente sarebbe, se di un Lucullo si fosse stata, come ne corse fama, giusta la memoria che ne' suoi versi ci lasciò il Becelli. A quale ordine appartenesse di architettura, non cel dichiaran gli avanzi. Toccò all'età nostra tra i tumulti dell'armi, e nell'ardore ad un tempo de' begli studj il darcene la Pianta che il generale Lacombe s. Michel l'anno 1801 fece rilevare al suo ajutante di campo Milliny, incisa a Torino, e pubblicata coll'allegato libretto. Meriterebbe però cotesta fabbrica di farvi sopra qualche studio, e dalle parti, che pur ci restano, cavarne o conghietturarne tutta la forma della sua architettura. In questo mezzo, quanto io possa o basti al mio uficio, ne farò come un abbozzo.
Cotesto edifizio ha la forma paralellogramma, della lunghezza di 110 tese [nota: La tesa corrisponde a meno di metri due] in circa, di 50 in larghezza, e di 25 la facciata, la cui parte media sporge un po' avanti ad angoli retti. Essa poggia su di un piano inclinato, che giù si stende nel lago; la quale, ad uso di prospettiva principalmente servir dovendo, venne sostenuta a vicenda da sostruzioni e da volte. Lo stesso fecesi dal lato a sera, donde vaneggia il monte: non così a mattina; che anzi sovrastando il masso, che quasi a perpendicolo con esso la roccia giù mette nel lago, vi fu riciso tutto al lungo, e vi si erse quel lato ben solidamente. La parte media della facciata, che dicemmo sporgere avanti, dà a divedere, che servisse per un atrio coperto, come si vuole argomentare dai sesti degli archi, che restan dai lati; e sopra l'atrio esservi stata forse gran loggia ipetra o scoperta. Fors'anche altre due sì fatte si stavano in su due lati della stessa facciata. Di qua s'aprono i corritoj con esso le porte, che parecchie si scontrano, stando gli stipiti uno maggiore dell'altro. Tutto l'alzato è di marmo del luogo, intrecciativi in lunghe e spesse fasce, principalmente in su gli angoli, ben grossi e duri quadri di cotto di straordinaria grandezza. S'avvisi oltre ciò la natura del cemento assai compatto e solido, formatosi di minuta cerulea ghiaja, cosa che fu di gran maraviglia a qualche pratico osservatore, comechè sia, quale si usò in tutto il nostro anfiteatro. Di tufo, la cui cava è nel tener di Monìga, sono tutte le volte, ancora ben conservate. Corre su d'esse un pavimento selciato di assai picciole tavolette di cotto, pur di molta durezza, lavorate sottosquadra, e postevi a spinapesce e di costa, donde viene il suo più mirabile combaciamento. Una spezie di acquedotto coperto di quadrelli di bianco marmo raffermati da labri e lambelli corre da dietro del muro dell'atrio, e vi fu riconosciuto già tempo levatisi a capo d'esso da tra a quattro de' detti quadrelli. Nè allora, nè poi si cercò, se questo acquedotto ci corra sin presso nel muro del bagno (di cui parlerò) per linea retta, nell'allegata pianta contraddistinta coll'aggiunto di Souterrains voutés, e diramasi poi in due braccia ad angoli retti segnati delle stesse parole. Queste braccia sono benissimo due volte sotterranee, aprendosi l'una al lato da sera del bagno, e l'altra dal lato a mattina; ma la prima che ci fu segnata da Milliny per tutta la lunghezza, credo che sia una volta piuttosto immaginaria che reale; poiché ai due punti del centro della seconda non vi si scontra, come dovrebbe, l'andamento di quella, che verrebbe a intersecarla. Altre vie sotterranee qui sono; e quella è da cercarvi lunga e rigirata, che ricorda il Becelli, portante l'impronta dell'antica arte, dove par che qualche monumento egli ravvisato vi avesse dell'artefice e del fondatore. Liscio pavimento e luccicanti colonne ei pur vi ricorda; e di quello un avanzo in quadro a sole petruzze bianche ancor vi si trova. D'una porzione già levatane, con qualche medaglia e alcuni frammenti d'intonaco a più colori, fu fatto presente nel dì 28 Agosto del 1816 alla R. A. dell'arciduca Rainieri nostro Vicerè. Medaglie d'oro e d'altri metalli, e statuette di bronzo pur si trovarono dall'egregio antiquario Giacomo Verità. Urne di terra, marmi, lapidi, bassi rilievi e cippi, come già in parte vi si scopersero, così sarebbe d'altre parecchie, se a scavar vi s'imprenda per rilevarne meglio la sua interna struttura. E chi sa, non si venisse a capo di riconoscervi ciò, che intese il Panteo, di coteste sotterranee stanze dicendo, che isthmios ludos, et spectaculi circum attestentur? Il sovrattocco bagno sta al mezzodì della pianta, ed ha la forma di un quadrilungo. I muri vi sono fatti a cassa, e gli allega il Palladio per esempio di sì fatta struttura. La parete, che guarda a sera, ha certa intonacatura di cotto, che fu riputato considerevole aggiunto dell'uso e dell'arte. Il resto de' muri internamente è liscio, e colorato a verde e a cinabro. Donde e come le acque termali, e la forma e l'andamento degli acquedotti qual fosse, opera sarebbe di non poco frutto a sapere, e di molta industria a cercare. Quale sia poi e quanta la delizia, che reca ai risguardanti cotesta parte sovrana di Sermione, basta occhio e senso a provarlo; ma non cosi a dirlo basta il mio stile.