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Zerbolò è situato in Lombardia in Provincia di Pavia. Tra gli edifici religiosi: Chiesa parrocchiale di San Bartolomeo; Chiesa parrocchiale di Santa Maria Ausiliatrice (a Parasacco); Oratorio di San Rocco e dell'Assunta. Da Vedere: Palazzo Bozzi Pietra (in località Marzo).
Confina con i comuni di: Gropello Cairoli, Garlasco, Bereguardo, Borgo San Siro, Carbonara al Ticino, Torre d'Isola e Villanova d'Ardenghi.
Informazioni Utili
Bibliografia
- Zerbolò: Profilo storico e ambientale, Giacinto Burroni, Tip. Unione Biellese (1965)
- Zerbolatum/Zerbolò: appunti di storia, notizie e personaggi, Pietro Scotti, Tip. Bodoniana, (1983)
Memorie Storiche
Nel Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale (1854) Goffredo Casalis così descrive il comune:
Zerbolò (Gerbulum), com. nel mand. di Garlasco, prov. di Lomellina, dioc. di Vigevano, div. di Novara. Dipende dalla corte d'appello di Casale, intend. di Mortara, trib. prov., ipot. di Vigevano, insin. e posta di Garlasco. Giace a levante di Mortara, da cui è distante nove miglia. Gli sono aggregate le seguenti frazioni: Parasacco, Occhio, Marzo, Guasta, Sedone, Limido, Campo Maggiore. Gli agri di Zerbolò e delle sue frazioni occupano una vallata alla destra del Ticino, la cui lunghezza è di 7 miglia di Piemonte, e la larghezza di miglia 2. Vi esistono due R. dogane, una nella frazione di Marzo, e l'altra a Campo Maggiore, in prossimità di due porti, dei quali si farà cenno qui sotto.
La principale strada vi è quella che scorre in mezzo alla vallata, e verso levante conduce alla città di Pavia, scorgendo verso ponente a Mortara ed a Vigevano. Evvi pure una strada che da Garlasco conduce al porto del Marzo ed indi a Milano. Zerbolò è distante miglia 5 1/2 da Garlasco, 5 da Pavia ed 8 da Vigevano.
Il Ticino , che esce dal Lago Maggiore, viene a scaricarsi nel Po alla distanza di quattro miglia circa dall'ultimo confine di questo territorio. Vi si tragitta col mezzo di due porti, uno al Marzo, che scorge a Bereguardo nello stato Lombardo-Veneto, l'altro a Campo Maggiore, che mette presso il luogo di s. Sofia nello stato medesimo. Si estrae pure dallo stesso fiume un ragguardevole canale d'acqua, di cui si dirà in appresso. Non evvi che una costiera lungo tutto il territorio verso mezzodì, la quale è dell'altezza di circa 20 metri.
Il maggiore prodotto del territorio si è quello del riso. Ivi se ne cominciò la coltivazione circa la metà del secolo XV, in cui lo spedale di s. Matteo di Pavia estrasse dal Ticino nel distretto di Vigevano un ampio canale denominato la Castellana, e la condusse lungo questa vallata, distribuendone le acque per tutto il suo corso ad uso d'irrigazione. Siffatta coltivazione si accrebbe ancor più dopo la metà del secolo XVIII, quando il prezzo del riso agguagliò, e spesse volte sorpassò quello del frumento. La coltura del riso, che nei terreni elevati riesce micidiale, fu sempre in questa vallata di un grande vantaggio; perciocchè fu mercè di essa che vennero tolte le pestifere paludi, che in gran parte la cuoprivano, e si resero mobili e pressochè innocue le acque che dapprima ivi stagnanti imputridivano. Così la popolazione, che già vi era scarsissima, andò di mano in mano aumentando.
Gli altri prodotti del suolo consistono in segale, gran turco, avena, miglio, lino, legna e fieno in copia, essendovisi anche introdotto l'uso dei prati marcitoi, per cui vi si puonno mantenere numerose bestie bovine, ed anche i cavalli necessari, o molto utili ai lavori dell'agricoltura. Anche i gelsi vi sono generalmente coltivati con particolar diligenza; a tal che nelle prospere annate vi si fanno ricolte assai abbondanti di bozzoli.
Vi esistono due chiese parrocchiali, una in Zerbolò e l'altra nella frazione di Parasacco: i parrochi dell'una e dell'altra portano il titolo di rettore. Nelle altre borgate vi sono oratorii campestri.
Gli abitanti sono mezzanamente robusti, dediti per lo più all'agricoltura, e di costumi assai miti.
Cenni storici. L'origine del nome di questo villaggio deriva probabilmente da Zerbo, Gerbo, Gerbido, vocabolo con cui in Lombardia sono indicati i luoghi incolti; ed in vero tutta questa vallata era anticamente coperta di boscaglie, di lande e di paludi. È poi verosimile che a quei tempi non vi esistessero nè villaggi, nè abitatori, e che vi fossero soltanto alcuni castelli muniti di torri, di saracinesche, di fosse e di spalti, che servivano d'alloggio ai feudatarii allorchè vi si recavano alla caccia, la quale in allora doveva essere molto abbondante: di tali castelli trovasi qualche cenno in antiche memorie, e si veggono tuttora gli avanzi di quelli che sorgevano in Zerbolò ed in Parasacco.
Da un decreto del comune di Pavia del 13 gennajo 1259, riferito dal Robolini nel vol. 4, parte 2.a delle sue Memorie storiche, risulta che l'illustre famiglia Beccaria possedeva i beni di Zerbolò, ove si concedette a Mauro Beccaria ed al suo figliuolo Lanone di costruirvi un castello; e siccome quel sito era silvatico, deserto e inabitato, gli si diede il nome di Zerbolate, e fu tenuto immune dalle gravezze per dieci anni. Lo stesso autore riferisce che i figli di Franceschino Beccaria del Mezzano edificarono nell'anno 1394 in Lomellina sotto il monte di Gropello un luogo, al quale diedero il nome di Zerbolò, e gli abitanti di esso luogo erano stimati cittadini, e solamente sottoposti al podestà di Pavia. Da tutto ciò sembra potersi dedurre che il castello di Zerbolò fu edificato nel 1259, ed il paese 135 anni dopo.
Popolazione 2100.