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Foto Zumaglia:
2012, 2009, 2008
Panorama di Zumaglia

Zumaglia è situato in Piemonte in Provincia di Biella. Il 20 febbraio si festeggia il Patrono, Santi Fabiano e Sebastiano.

Confina con i comuni di: Pettinengo, Biella e Ronco Biellese.

Da Vedere

Il campanile della chiesa parrocchiale
  • Castello
  • Parrocchiale dei Santi Fabiano e Sebastiano
  • Chiesa di San Carlo

Volontariato, Onlus e Associazioni

  • Corpo Volontari A.I.B. Brich Zumaglia, Via 25 Aprile, 7

Memorie Storiche

Nel Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale (1854) Goffredo Casalis così descrive il comune:

Zumaglia (Zumallia), com. nel mand. di Bioglio, prov. e dioc. di Biella, div. di Torino. Dipende dalla corte d'appello di Piemonte, intend., tribunale provinciale, ipot. di Biella, insin. e posta di Bioglio. Sta a greco da Biella sul vertice di un colle circondato da varii monticelii, i quali si uniscono poi alla grande catena di balzi, che separa il Biellese dalla valle di Sesia. È distante chilometri 9 circa dal capo di mandamento e 7 da quello di provincia. Le vie comunali generalmente vi si trovano in buono stato, e saranno viemmeglio sistemate e comode, allorchè sia condotta a termine la rete delle medesime determinata dal comunale consiglio.

Il territorio è assai fertile e ben coltivato: produce principalmente frumento, uve, castagne ed altre frutta, e molta canapa. Vi scorrono due torrenti, uno verso levante denominato Brasco, il quale continua il suo corso lungo la collina di Ronco, di Ternengo, Piatto e Quaregna, dove cambia nome chiamandosi ivi Quargnasco e gettasi poi nello Strona; l'altro torrente, denominato Chiebbia o Chebbia, correndo verso ponente va a metter capo nel Cervo. Sul Chebbia stanno due ponti in pietra, uno sulla strada provinciale che da Biella conduce a Pettinengo passando per Zumaglia; l'altro sulla via che mette a Ronco.

Nel paese si fa non piccolo commercio di tela di cotone, nel quale commercio si occupa una terza parte degli abitanti; gli altri attendono ai lavori campestri, ed alcuni anche al mestiere di mastro muratore.

La parrocchia ne fu eretta nel 1597; per altro la chiesa parrocchiale non venne fabbricata che verso il 1650: essa è piuttosto ampia, bella, d'ordine jonico, ad una sola navata, con tre cappelle laterali. Gli altari ne sono tutti di stucco. Il battistero merita una particolare attenzione. Questa chiesa parrocchiale, da cui dipende una frazione del comune di Ronco, è dedicata ai ss. martiri Fabiano e Sebastiano. Il cimiterio giace in sufficiente distanza dalle abitazioni. Evvi una congregazione di carità provveduta di sufficienti rendite per soccorrere i poveri.

Vi esistono ancora gli avanzi del suo antico castello. Non vi sono palazzi, ma in generale le case sono pulite e comode; davanti alla chiesa vedesi una piazza.

Gli abitanti sono per lo più robusti, industriosi e di pacifica indole. Popolazione 850.

Cenni storici. I destini di Zumaglia procedettero assai tranquillamente sotto la feudal giurisdizione dei Gottofredi consignori di Buronzo, i quali trattavano umanamente i loro vassalli più che non si facesse dalla maggior parte dei signorotti del tenebroso medio evo; ma così non avvenne quando fu assunto alla sede vescovile di Vercelli Giovanni Fiesco dei conti di Lavagna genovese, il quale pretese di avere non solo sul castello di questo luogo, ma su tutte le terre di quella diocesi, a cui in allora trovavasi unito il Biellese, un assoluto, ed anzi dispotico dominio. Il Mulatera, storico diligente o coscienzioso, dice che quest'indegno prelato rivolse tosto il pensiero a dominare da principe assoluto la sua diocesi, anzichè da mansueto spirituale pastore. Non potendo il Fiesco effettuare le sue intenzioni in Vercelli, perchè allora dominato dai Visconti, che poco temevano i violenti disegni di lui, credette più facile l'eseguimento de' suoi ambiziosi disegni ritirandosi in Biella; ma ivi ben presto irritò siffattamente la popolazione, che giudicò essere per lui miglior partito il ritirarsi nel castello di Zumaglia colla sua numerosa soldatesca, la quale essendo indisciplinata e rapace è facile immaginarsi in che barbaro modo ne saranno stati trattati gli abitatori. L'orgoglioso vescovo intanto incominciava esercitare un'autorità che in niun conto vi apparteneva, pretendendo dar leggi, ed innalzandosi qual supremo arbitro e dispositore degli affari spettanti ai municipi. Tentò prima d'ogni altra cosa d'impedire l'esazione del dazio del vino e della gabella del sale; esazione che fu approvata come giusta dal legato apostolico con breve, dato in Tortona addì 8 di marzo del 1343. Oltre a ciò pretese di succedere alle eredità de' morienti ab intestato, tentando effettivamente di farne prendere possesso, e facendo imprigionare alcuni uomini, e pronunciando pene tanto contro i comuni, quanto contro i privati. Proseguiva egli intanto a recare gravi disturbi e molestie al paese trattandolo come nemico, e con frequenti scorrerie de' suoi soldati danneggiando le terre poste nel distretto di Biella, ed in modo barbaro afflisse principalmente quelle di Zumaglia e di Andorno.

In vista di tali continuate ostilità rifiutavano quelle popolazioni di pagargli le imposte, e massimamente i biellesi colla gente presa al loro soldo, unita alle cittadine milizie, assalirono la soldatesca del vescovo, onde questo propose una tregua di diciotto mesi, che fu accettata; ma egli ben presto rinnovò le ostilità in onta del trattato di armistizio, allegando di non essere tenuto ad osservarlo come pregiudiziale agli interessi della chiesa di Vercelli. Si ricorse all'arcivescovo di Milano, di cui il Fiesco era suffraganeo. Alli 24 di settembre del 1352 Gioanni Borserio trovandosi nel castello di Zumaglia eseguì alla presenza di molti ragguardevoli personaggi quanto gli era stato imposto dal predetto arcivescovo, cioè ordinò al prepotente Gioanni Fieseo di continuare le tregua fatta coi biellesi e coi loro alleati nella maniera tra loro convenuta sino alle prossime calende sotto le pene minacciate nelle lettere del metropolitano.

Dopo altre disgustose vicende si diè termine alla grande controversia. Si deputò dal Papa per suo nunzio, e specialmente delegato in questa causa, Sighino di Ottone, il quale venuto in Biella, e successivamente nella valle di Aosta, dove era trattenuto il vescovo Giovanni, concertate le cose coll'intervento e coll'assenso dei deputati di Biella, di Zumaglia, di Andorno e di altri deputati, si conchiuse finalmente un trattato compreso in diciotto articoli nel luogo di Verezzo addì 25 di aprile del 1378. Le condizioni del trattato che riguardano particolarmente Zumaglia sono le seguenti: gli uomini di Biella, Andorno, Zumuglia e i loro aderenti, che fossero per alcune offese ed ingiurie fatte al vescovo incorsi, o potessero incorrere nella scomunica, od interdetto, e qualunque chierico fosse divenuto irregolare per la medesima causa, od avesse perduto, o potesse perdere il suo benefizio, il vescovo Giovanni ed il nunzio Sighino dovessero per iscritto far avere l'assoluzione da S. S. prontamente: che il vescovo rimetta il governo e il regime di Biella, Zumaglia e Andorno ad Ibleto di Challant con mero e misto imperio e total giurisdizione; il qual governo abbia a durare sino all'11 di novembre, ed anche nei due anni seguenti; nel qual tempo non possa il vescovo Giovanni nè entrare, nè abitare nei luoghi di Biella, di Zumaglia e di Andorno.

Ora c'incresce di dover dare termine a quest'opera nazionale colla narrazione di un orribile caso, che fu scopo ad una memoria storica, data alla luce dall'esimio prof. Florio; e ad una novella, scritta dal ch. prof. cav. Vallauri, e da lui pubblicata in Vercelli nel 1855. Noi riferiamo il caso medesimo nei termini più concisi, perchè al solo pensarvi la mente rifugge:

Pecchio Francesco, nobile vercellese, nell'anno 1537 andando da Vercelli ad Asigliano, terra distante tre leghe, per ivi villeggiare, venne per istrada arrestato da certi sicari, i quali, data la libertà al di lui cavallo, che prima per malizia insanguinarono per farne credere il padrone assalito dai ladri, lo condussero in Zumaglia e lo rinchiusero nel fondo di una oscura torre di quella rocca, ove restò prigioniero per venti anni, ricevendo gli alimenti per uno stretto buco lasciatovi: cosicchè la famiglia lo credette morto, ed il figlio Isacco ne occupò l'eredità. Volle il cielo che i francesi nel 1557 si rendessero padroni di quel castello, i quali percorrendone i più stretti antri, una voce d'uomo udirono uscire da profondo luogo, del quale affrettatisi di abbattere la porta murata, vi trovarono l'infelice Pecchio, che forma di belva più che d'uomo aveva. Messo tosto in libertà, sen ritornò a Vercelli, ove non potendo farsi riconoscere nè dai parenti nè dal figlio, fu costretto con inaudito esempio a perorare la sua causa davanti al senato, da cui ottenne una favorevole decisione: ...et censuit senatus esse nobil. Petium restituendum in possessionem avitorum bonorum; ma potè goderne ben poco tempo, al dir del Bellini, perchè consunto da tanti strazi, se ne morì e fu sepolto in s. Lorenzo colla seguente lapide: Magnificus dominus Franciscus Pecchius a nobis pro mortuo deploratus, quum diutissime Zumaliae .... ex subterraneo ergastulo..... XX annos prodiit mirantibus cunctis essetne Pecchius an Lazarus mediocri tandem ìnterjecto tempore novo hoc in monumento sibi ac suis extructo, propria etiam impensa instaurato gentilitio sacello, quod magnificum intuemur, in domino adquievit.

I francesi dopo essere rimasti per lo spazio di quattro anni in Zumaglia se ne dipartirono non senza averne prima smantellato iniquamente il castello.

Oltre ai soprannominati ebbero il feudo di Zumaglia i d'Albier, i Chiambò, i Pelletta Bunej della Castellania; e lo ebbero in ultimo con titolo comitale i Pollot, che lo acquistarono dai Leoni di Ronco, famiglia estinta nel 1757.