11 Gennaio 2010 alle 00:36

Rocca Monaldeschi

di lorenzangel4life (Bolsena, Lazio. Castelli e Fortificazioni. Categoria A)

Bolsena - Rocca Monaldeschi


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Il lago di Bolsena è un lago dell’Italia centrale formatosi oltre 300.000 anni fa in seguito al collasso calderico di alcuni vulcani appartenenti alla catena dei monti Volsini.

Ha una forma ovale, tipica per la sua origine, ha due isole e un fiume emissario. Ha un’area totale di 113,5 km² (quinto in Italia), si trova a 305 m s.l.m., ha una profondità massima di 151 m e una profondità media di 81 m. È considerato il più grande lago d’origine vulcanica d’Europa.

Si trova interamente nel territorio della provincia di Viterbo e precisamente nella parte a Nord, detta Alta Tuscia. Per una parte considerevole è lambito dalla strada consolare Cassia, a pochi chilometri dal monte Amiata.

Numerosi sono gli insediamenti turistici, con particolare propensione per il turismo a contatto con la natura, prevalentemente nei campeggi, agriturismi e “bed and breakfast”.

Le coste del lago sono generalmente basse e sabbiose (caratteristica la sabbia di colore nero, residuo degli antichi vulcani) in alcuni tratti anche paludose. Tuttavia la costa non è affatto monotona ma è interrotta spesso da piccole e basse penisole. I promontori veri e propri sono pochi e per la precisione: il Monte Bisenzio, che chiude a ovest i Monti Volsini, il Capo San Bernardino, la penisola di Capodimonte, la punta di Sant’Antonio. Lungo le coste si alternano rive placide e tranquille, ideale per rilassarsi e per pescare, a campi e orti, ricoperti di ulivi, vigne e ortaggi. Dove l’uomo è meno presente si trovano boschi isolati di querce, castagni, salici con estesi canneti che offrono rifugio per i nidi di molti uccelli lacustri. Agli alberi spesso vengono stese ad asciugare le grandi reti dei pescatori, accanto alle loro barche, le stesse da secoli, con remi asimmetrici e il posteriore che funge da timone e viene manovrato stando in piedi. Il turismo e gli insediamenti umani sono più concentrati lungo la costa orientale e meridionale dove sorgono i tre centri rivieraschi (Bolsena; Marta; Capodimonte). La costa settentrionale è la più bassa, mentre quella occidentale è la più selvaggia e solitaria. In questi anni il lago ha conosciuto un’allarmante innalzamento del suo livello che sta erodendo la spiaggia e spesso d’inverno, a causa delle forti piogge, giunge ad allagare i campi e i paesi sulle rive, causando notevoli danni. Soltanto nel 2006 il livello del lago si è avvicinato alle strade rivierasche sterrate, ritornando poi ai livelli consueti, va considerato che avendo un solo emissario, il fiume Marta, controllato da bocchette, per regolare il deflusso delle acque, il livello del lago può essere gestito senza creare danni alla costa. Per valutare i cambiamenti di livello del lago basta guardare le strutture storiche presenti nei paesi rivieraschi, come il lavatoio presso la spiaggia dei pescatori a Marta, oggi (giugno 2008) al livello di quando è stato costruito decine di anni fa. Un particolare del lago è la presenza delle “sesse”, particolari variazioni del livello del lago, particolarmente imprevedibili e inspiegabili. Una sessa ha raggiunto nel 2000 un dislivello di circa 50 cm.

Il lago di Bolsena può vantare un ambiente naturale quasi completamente incontaminato ed è uno dei pochi grandi laghi italiani ad essere completamente balneabile. La pulizia delle sue acque (recita un detto dei pescatori che questo è “il lago che si beve!”) ha garantito uno straordinario sviluppo di specie animali e vegetali, tra cui molte specie di alghe e piante subacquee quasi completamente scomparse in altri bacini. Per questa biodiversità nel 2005 il Lago di Bolsena è stato proposto come sito di interesse comunitario[1].

Molte le specie di pesci, in gran parte introdotte qui dall’uomo, tra cui il coregone, il persico reale, il persico trota, il luccio, la carpa, la tinca, il piccolo latterino, la scardola, la lasca, il cefalo, il gambero di fiume, il granchio d’acqua dolce e infine le celeberrime anguille che costarono il Purgatorio dantesco a papa Martino IV

« ebbe la Santa Chiesa in le sue braccia
dal Torso fu, e purga per digiuno
le anguille di Bolsena e la vernaccia »
(Dante, Purgatorio, Canto XXIV)

L’abbondanza di pesci e la natura incontaminata hanno attirato specie di uccelli acquatici di tutti i tipi che sostano nel lago durante le migrazioni e sono una vera delizia per gli amanti del bird-watching. Sono stati avvistati morette, moriglioni, fistioni turchi, folaghe, svassi maggiori, tuffetti, svassi minori, garzette ed aironi cenerini, specie tipiche del Nord Europa. Tra gli uccelli che stabilmente risiedono qui, si ricordano i colombi, i gabbiani e una decina di cigni. Fra le specie che nidificano fra i canneti vi sono aironi di piccole dimensioni, il cannareccione e la cannaiola, due specie di passeri che formano dei nidi a coppa, intrecciando le canne, e per ultimo lo svasso maggiore che crea delle vere e proprie piattaforme galleggianti. I predatori più diffusi sono il cormorano e la strolaga, un uccello poco presente in Italia, giunto qui spontaneamente dalla Francia. Altri abitanti comuni delle rive del lago sono il rospo comune, la rana, la biscia d’acqua, il tritone, la testuggine europea. La vita della fauna del lago è minacciata dall’introduzione di specie diverse dall’habitat naturale, dovuto in prevalenza all’abbandono di animali esotici che hanno causato non pochi danni come il persico sole, il pesce gatto, la nutria. È presente, sempre per abbandoni, la tartaruga nordamericana Trachemys scripta .

Lunghe le rive si alterano ai canneti, rifugi ideali per moltissimi animali alla sabbia e a piccoli prati dove cresce l’erba morella, dalle tipiche bacche color rosso, il vilucchio bianco. Presso la località di Montesenano (Gradoli) è stata osservata la rarissima Baldellia ranuncoloides. A poca distanza dalla riva crescono il ranuncolo e il poligono anfiboe, la zannichella e la brasca delle lagune. In acque più profonde si sviluppa l’erba tinca e la ranocchia maggiore.

Il turismo invadente, l’abusivismo edilizio, la pesca selvaggia, i residui di fertilizzanti agricoli sono le vere minacce per l’equilibrio biologico del lago. Equilibrio delicatissimo se si pensa che il lago impiega ben 80 anni per ricambiare totalmente le sue acque. Recentemente è stato costruito un sistema di fognature centrale (il cosiddetto “anello”) che raccoglie le acque nere dei comuni intorno al lago e le riversa in un collettore comune sul fiume Marta, tuttavia a causa dell’incuria delle amministrazioni locali si verificano spesso delle rotture, come quella recentissima dell’estate 2005, quando a causa di un guasto mai chiarito, le fognature del comune di Grotte di Castro si riversarono nel lago, causando un’invasione batterica ben cento volte superiore ai limiti previsti.

L’isola Bisentina è la maggiore del lago per superficie (17 ha) e può essere circumnavigata con le motobarche che partono dal vicino centro di Capodimonte. Conserva una natura quasi incontaminata con folti boschi di leccio, giardini all’italiana, panorami incantevoli e numerosi monumenti. Sono un esempio la chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo, con l’imponente cupola realizzata dal Vignola, osservabile anche dalla riva occidentale del lago, il convento Francescano e la villa dell’isola. Sono presenti sull’isola sette cappelle, tra le quali vi sono la Rocchina (il cui nome deriva dal fatto che riproduce, in dimensioni ridotte, la Rocca sulla riva di Capodimonte), la chiesa di Santa Caterina, la cappella del Crocefisso con affreschi del ‘400. Si ricorda anche l’orribile Malta dei Papa, carcere a vita scavato nella terra destinato ai condannati per eresia dotato di un solo piccolo buco per la luce. Si possono trovare anche due statue, di cui una monumentale, di leone: una locata sulle scale che portano alla cima del monte Tabor, l’altra, la più grande, sulla lingua orientale dell’isola. Si possono ammirare inoltre bellissime insenature, la cima collinare del monte Tabor, sotto la quale si trova un’antica colombaia, gli strapiombi rocciosi sull’azzurro del lago ad Est ed infine la parte verdeggiante sul lato meridionale verso il paese di Capodimonte. Gli etruschi e i romani hanno lasciato solo poche tracce della loro permanenza sull’isola. Nel IX secolo vi si rifugiarono gli abitanti della vicina Bisenzio (che gli diede il nome) distrutta dai Saraceni. A metà 1200 divenne proprietà dei signori di Bisenzio che in seguito a controversie con gli isolani l’incendiarono abbandonandola. Nel 1261, Urbano IV riconquistò l’isola che nel 1333 fu nuovamente distrutta da Ludovico il Bavaro, accusato d’eresia e scomunicato dal Papa. Proprietà dei Farnese dal 1400 conobbe un periodo di gran prosperità, fu visitata da numerosi Papi e dai Farnese e fu inglobata nei territori del ducato di Castro. Tornata alla Chiesa, nell’Ottocento divenne proprietà privata della locale famiglia aristocratica dei Principi del Drago che abitavano nel castello di Bolsena. La proprietaria attuale è la principessa Angelica del Drago. Qui sarebbe sepolto, nella tomba di famiglia, Pier Luigi Farnese, signore di Parma e Piacenza, condottiero militare, dalla discussa fama.

Durante la II Guerra Mondiale, il leccio millenario vicino al ponte, cavo all’interno, fu usato dagli uomini della famiglia del Drago e dai loro servitori per sfuggire ai Tedeschi. Si narra che la piccola Angelica del Drago andasse a portare i viveri ai rifugiati.

Situata di fronte al centro abitato di Marta, da cui prende il nome, l’isola Martana avrebbe custodito le spoglie di Santa Cristina con l’intenzione di evitare che cadessero preda dei barbari. L’isola Martana è stata, inoltre, al centro della tragica vicenda storica di Amalasunta, regina dei Goti che prese il potere alla morte di Teodorico e, dopo essere stata portata con l’inganno sull’isola qui fu trucidata dal cugino Teodato. L’isola, disabitata, fu un tempo sede di un convento degli Agostiniani. Attualmente è proprietà privata e quindi non ne è possibile la visita.

Il lago nasce quando l’apparato vulcanico Vulsinio, che vantava ben sette crateri, in seguito ad una violenta esplosione lavica crolla su se stesso creando un enorme caldera che sarà a poco a poco ricoperta dalle acque del futuro lago. Tracce di questi antichi crateri sono rimasti lungo il fianco dell’isola Bisentina e nella conca di Latera.

Il lago iniziò ad essere popolato verso la fine del Neolitico quando lungo le sue rive sorsero diversi villaggi di palafitte. Fu poi abitato durante l’età del ferro e quella del bronzo ma i suoi insediamenti restarono fortemente condizionati dalle variazioni di livello delle acque, e conseguentemente dalla posizione della riva.

Sotto i Villanoviani sorsero i centri di Visentum (Bisenzio) e Volsinii (Bolsena) che raggiunsero un notevole grado di ricchezza e benessere, come dimostrano i numerosi reperti rinvenuti. Con gli Etruschi, il lago vive un periodo di grande splendore: secondo alcune ipotesi sulle sue rive, in una località incerta sorse il famoso “Fanum Voltumnae” un grandioso santuario dove si riunivano ogni anno le dodici città della Confederazione Etrusca. In questi anni si consuma lo scontro fra le due città su chi deve imporre il nome al lago. La spunterà Volsini.

I Romani giunsero qui nel 664 a.C., quando occuparono Volsinii e distrussero Visentum dopo un interminabile assedio. In seguito le due città vennero ricostruite e divennero dei municipi. Il lago è citato da Plinio nella sua Naturalis Historia e in età tardo-imperiale vive la drammatica vicenda di Santa Cristina, martire cristiana del III secolo che sarà proclamata successivamente patrona del lago.

I Longobardi e i Saraceni portarono le loro armi qui e saccheggiarono i principali centri urbani. Bolsena venne saccheggiata e un gruppo di abitanti porta le spoglie di santa Cristina sull’Isola Martana. Bisenzio viene distrutta e la sua sede vescovile è spostata a Castro. Sull’isola Martana, il re gotico Teodato, vi fece imprigionare e uccidere la cugina Amalasunta figlia di Teodorico. Il Medioevo fu per il lago un periodo di tristezza e di declino. A partire dal XII secolo, viene conteso tra i Comuni di Orvieto, Viterbo, la Chiesa e i potenti feudatari dei signori di Bisenzio. I paesi sulle rive vissero un periodo di costante declino e subirono frequenti saccheggi. Il grande poeta Francesco Petrarca, restò colpito dalla grave situazione e chiese a papa Clemente VI di intervenire. Clemente VI inviò il cardinale Egidio Albornoz che riuscì a riportare il lago sotto il controllo della Chiesa, ma lo scontento degli abitanti fu tale da scatenare violenti tumulti e ribellioni.

Il ritorno del Papa a Roma, gli permette di consolidare i suoi domini nell’area del lago. La città di Montefiascone conosce un grande sviluppo diventando rifugio di numerosi pontefici.

Capodimonte, uno dei paesi del lago, dove governarono i FarneseNel 1537 papa Paolo III istituisce il ducato di Castro e lo affida al figlio Pier Luigi Farnese. Per il lago inizia un nuovo periodo di grandezza e splendore. Lungo le sue rive sorgono palazzi e residenze delle nobili famiglie romane e gli stessi Farnese non disdegnano di trasferirsi qui nei caldi mesi estivi. Nel 1649 con la caduta di Castro, il lago ritorna sotto il dominio della Chiesa.

I secoli successivi [modifica]
Nel Seicento il lago conobbe l’opera lungimirante e illuminata del cardinale Marcantonio Barbarigo, che diventa vescovo di Montefiascone e benedirà l’opera di Santa Lucia Filippini che fonda l’Ordine delle Maestre Pie, un ordine di suore che si occupa dell’assistenza religiosa ed educativa ai bambini, ai poveri e ai disagiati. Morto il cardinal Barbarigo, il lago vive una periodo di lunga sonnolenza. Nel Settecento il livello del lago si alza notevolmente, causando l’impaludamento delle rive più basse, che provoca un forte diffusione della malaria. Scompaiano i centri abitati di Bisenzio (che sarà unito a Capodimonte nel 1816) e il Borghetto che viene unito a Grotte di Castro nel 1745. Gli abitanti di San Lorenzo vengono spostati su un colle vicino dove viene realizzato il nuovo centro abitato di San Lorenzo Nuovo costruito in stile settecentesco. Nel 1848 nasce l’Associazione Castrense, un movimento d’ispirazione mazziniana cui aderiscono molti abitanti del lago. Nel 1860 un distaccamento di garibaldini sbarcati a Talamone, raggiunge il lago e cerca di scatenare una rivolta popolare, occupando la fortezza militare di Valentano. Il tentativo fallisce sia per l’ostilità degli abitanti sia per il deciso intervento delle forze pontificie che ricacciano in Toscana i patrioti. Comunque, l’area del lago entra nel 1871 nel Regno d’Italia

Dopo l’Unità, le condizioni dei contadini e dei pescatori non migliorano e le nuove tasse imposte dai governi unitari, causano forti scontenti che sfociano nel grave fenomeno del brigantaggio. Il più celebre di tutti è senza dubbio Domenico Tiburzi, una figura destinata ad entrare nella leggenda mentre il rifugio preferito dai briganti è l’inestricabile Selva di San Magno. L’intervento dello Stato non si fa attendere e non mancano figure coraggiose come il maresciallo dei carabinieri Angelo Tordi che cade ucciso in un agguato presso la chiesa di San Magno in Gradoli. Il fenomeno del brigantaggio viene sconfitto agli inizi del Novecento e gli anni successivi sono contraddistinti da numerosi interventi pubblici come la sistemazione della Via Cassia, l’arrivo dell’acqua corrente e della energia elettrica. Il lago passerà sotto il regime fascista e durante la Seconda guerra mondiale offrirà rifugio a molti profughi provenienti dalla Toscana, da Orvieto, da Viterbo, da Roma. Negli anni successivi conoscerà una crisi economica e un lento ma costante declino demografico causa di abbandono dei campi e dei paesi. Oggi il lago è in una posizione confusa: da un lato la crisi continua, con una disoccupazione fra le più alte del Lazio, l’invecchiamento generale della popolazione, l’esodo forzato di molti giovani costretti a spostarsi per lavoro, dall’altro non mancano segnali incoraggianti. L’industria è completamente inesistente se non si considerano piccole imprese artigianali a livello famigliare e diverse cooperative agricole e per la lavorazione del pesce. L’economia quindi resta basata sull’agricoltura che può puntare su risorse tipiche di consolidata tradizione ma è bloccata dalla frammentazione eccessiva dei terreni e dall’abbandono dei campi. La grande risorsa per il futuro è il turismo, che pur vantando ottime attrattive è bloccato dalla carenza di collegamenti adeguati (la fermata ferroviaria e il casello autostradale più vicini si trovano entrambe a Orvieto, ben 21 chilometri di distanza). I turisti sono in prevalenza stranieri, soprattutto tedeschi, olandesi, francesi mentre gli italiani sono pochissimi in prevalenza umbri, toscani e romani.

http://it.wikipedia.org/wiki/Lago_di_Bolsena

La Rocca Monaldeschi

La storia della rocca di Bolsena segue le vicende di confine tra due territori, la Tuscia Viterbese e con essa lo Stato Pontificio da una parte e Orvieto dall’altra. L’abitato di Bolsena fu nell’VIII secolo uno dei primi borghi nel Lazio a passare dai Longobardi al costituendo Stato della Chiesa. Nel 1186 la città fu presa dagli Orvietani che la tennero fino al 1267 quando per breve tempo tornò alla chiesa, fino a ripassare ad Orvieto dopo il cruento assedio del 1294. E’ in questa epoca che si stabilisce la costruzione della rocca. Il Trecento sarà un secolo non privo di bellicose vicende con l’ascesa della famiglia di origine orvietana dei Monaldeschi della Cervara che fu artefice della ribellione contro la Chiesa, ribellione che causò le ire del pontefice, Gregorio XI, che nel 1377 ordinò la presa della città e l’abbattimento delle mura urbane. Diventata agli inizi del XV secolo contea dei Monaldeschi, questi persero verso la metà dello stesso secolo ogni diritto sul feudo che, abbandonato, ritornò sotto il ferreo governo pontificio. Il castello venne costruito dalle milizie orvietane che occupavano Bolsena tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo nella parte più alta dell’abitato di Bolsena, a controllo del lago di Bolsena e della via Cassia che vi scorreva sotto. Ha una pianta quadrata con alte mura con agli angoli quattro torri quadrate angolari. Sia le mura che le torri culminano con robusti archetti su mensole a sporto, frutto di restauri, che originariamente dovevano terminare con merlature, oggi scomparse. L’accesso alla rocca era protetto da un fossato e da un rivellino con ponte levatoio in legno e saracinesca. All’interno della corte prendevano forma gli alloggi, oggi sostituiti da un più moderno fabbricato che ha completamente alterato la fisionomia del cortile. I restauri furono apportati in seguito alla quasi completa distruzione della rocca da parte degli stessi abitanti di Bolsena che nel 1815 preferirono distruggere il fortilizio invece che consegnarlo a Luciano Bonaparte.

http://www.castellidelazio.com/castellodibolsena.htm

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