GUIDA  Radicofani

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Attilio Zuccagni-Orlandini nel suo [[Libri/Indicatore topografico della Toscana granducale]] ('''1856''') così scrive:
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RADICOFANI. ''Capoluogo'' con Delegazione e Pretura civile e criminale di 3a Cl., Dogana di frontiera, e Distribuzione postale di 2a Classe. - Dopo l'estinzione del vulcano eruttante in secoli lontanissimi tra il Monte Amiata e la Montagna di Cetona, sembra che gli Aborigeni, anzichè fermare il domicilio per quelle adiacenze, se ne tenessero lontani per un resto di timore, lasciando che natura nella quiete del tempo ricuoprisse colla vegetazione l'orrida congerie dei prodotti vulcanici. Da ciò ne conseguì il lungo silenzio della storia, al quale tentò più tardi di supplire la nota leggenda dei ''Reali di Francia'', favoreggiando di erranti capitani del gran Costantino e del suo stesso sangue regio, chiusi in romitaggio nella folta selva, ove un angiolo scendeva a recar loro ristoro di cibi, ed eccitamento ad imprese valorose col dono del celebre stendardo ''Auriflamma'', depositato poi come sacro palladio delle armi franche nell'Abbadia di s. Dionigi.
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Alla oscurità dei primi secoli dell'era moderna succederono i tempi più barbari, ma meno incerti del feudalismo, allorquando i piccoli despoti delle province cercavano asilo in rocche inaccessibili per meglio esercitarvi le loro ruberie. Fu di quel tempo costruito un castello sul monte di Radicofani, ed in Vicarj imperiali ne concederono forse il dominio al monastero Amiatense, che lo donò alla Chiesa. Adriano IV pensò poi di farne una fortezza di frontiera, ordinando la costruzione di una fortissima rocca. Due secoli dopo divenne questa un asilo di masnadieri, capitanati dal famoso Ghino di Tacco. Sull'esempio di Ghino se ne rese più tardi padrone il Tartaglia, e la vendè poi ai Senesi.
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Poco offre di notabile il castello. E' un gruppo di fabbricati disposti a piè delle rupi basaltiche per la parte di mezzodì: una via principale ampia e comoda lo traversa longitudinalmente; su di essa è la piazza del mercato, la piazza detta del Santo, in cui è posta l'Arcipretura da un lato e l'Oratorio di s. Agata dall'altro; al termine della predetta via, per dove ascendesi alla fortezza, è il Pretorio. La fortezza sebbene in gran parte smantellata, comparisce tuttora ammirabile e per il sito in cui è posta e per la solidità delle mura, dei bastioni, delle cortine che la ricingevano. Sarebbesi al certo conservato in essa un capolavoro di architettura militare, ma Gio. Pieri da Pian Castagnaio, che nel 1735 ne aveva la custodia, preso da frenesia appiccò il fuoco al magazzino delle fortificazioni, sotto le quali restò sepolto. ''(V. Atl. Tosc.)''.
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Versione delle 21:25, 21 set 2007

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Radicofani è situato nella Toscana nella Provincia di Siena. Tra gli edifici religiosi: Chiesa Parrocchiale di San Pietro; Chiesa di Sant'Agata, in Via Roma; Pieve di Santa Maria Assunta (in località Contignano). Da Vedere: Rocca di Radicofani.

Confina con i comuni di: San Casciano dei Bagni, Pienza, Sarteano, Abbadia San Salvatore, Castiglione d'Orcia e Piancastagnaio.

Indice

Biblioteche

  • Biblioteca Comunale, Via R. Magi, 39

Volontariato, Onlus e Associazioni

  • Confraternita di Misericordia Radicofani, Piazza San Pietro

Complessi Bandistici

  • Banda Giuseppe Verdi

Memorie Storiche

Attilio Zuccagni-Orlandini nel suo Indicatore topografico della Toscana granducale (1856) così scrive:

RADICOFANI. Capoluogo con Delegazione e Pretura civile e criminale di 3a Cl., Dogana di frontiera, e Distribuzione postale di 2a Classe. - Dopo l'estinzione del vulcano eruttante in secoli lontanissimi tra il Monte Amiata e la Montagna di Cetona, sembra che gli Aborigeni, anzichè fermare il domicilio per quelle adiacenze, se ne tenessero lontani per un resto di timore, lasciando che natura nella quiete del tempo ricuoprisse colla vegetazione l'orrida congerie dei prodotti vulcanici. Da ciò ne conseguì il lungo silenzio della storia, al quale tentò più tardi di supplire la nota leggenda dei Reali di Francia, favoreggiando di erranti capitani del gran Costantino e del suo stesso sangue regio, chiusi in romitaggio nella folta selva, ove un angiolo scendeva a recar loro ristoro di cibi, ed eccitamento ad imprese valorose col dono del celebre stendardo Auriflamma, depositato poi come sacro palladio delle armi franche nell'Abbadia di s. Dionigi.

Alla oscurità dei primi secoli dell'era moderna succederono i tempi più barbari, ma meno incerti del feudalismo, allorquando i piccoli despoti delle province cercavano asilo in rocche inaccessibili per meglio esercitarvi le loro ruberie. Fu di quel tempo costruito un castello sul monte di Radicofani, ed in Vicarj imperiali ne concederono forse il dominio al monastero Amiatense, che lo donò alla Chiesa. Adriano IV pensò poi di farne una fortezza di frontiera, ordinando la costruzione di una fortissima rocca. Due secoli dopo divenne questa un asilo di masnadieri, capitanati dal famoso Ghino di Tacco. Sull'esempio di Ghino se ne rese più tardi padrone il Tartaglia, e la vendè poi ai Senesi.

Poco offre di notabile il castello. E' un gruppo di fabbricati disposti a piè delle rupi basaltiche per la parte di mezzodì: una via principale ampia e comoda lo traversa longitudinalmente; su di essa è la piazza del mercato, la piazza detta del Santo, in cui è posta l'Arcipretura da un lato e l'Oratorio di s. Agata dall'altro; al termine della predetta via, per dove ascendesi alla fortezza, è il Pretorio. La fortezza sebbene in gran parte smantellata, comparisce tuttora ammirabile e per il sito in cui è posta e per la solidità delle mura, dei bastioni, delle cortine che la ricingevano. Sarebbesi al certo conservato in essa un capolavoro di architettura militare, ma Gio. Pieri da Pian Castagnaio, che nel 1735 ne aveva la custodia, preso da frenesia appiccò il fuoco al magazzino delle fortificazioni, sotto le quali restò sepolto. (V. Atl. Tosc.).