GUIDA  Bari/Castello Svevo

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Il Castello Svevo a Bari, oggi sede della Soprintendenza ai beni architettonici storici e artistici della Puglia, è perfettamente inserito nell'abitato cittadino, con il lato nord rivolto verso il mare, chiuso da svettanti ed inaccessibili torrioni quadrangolari. Non potendo dominare dall’alto di una collina, fu collocato al margine estremo di Bari Vecchia, la città antica, non tanto per difenderla, quanto soprattutto per controllarla.

Ben poco rimane a testimonianza della sua prima costruzione avvenuta nel 1131 per volontà di Ruggero il Normanno a causa dell'assalto, intorno 1156, di Guglielmo il Malo che ridusse il Castello a poco più di un rudere.

Il suo nucleo originario, infatti, risale all’epoca normanno-sveva, ed è da identificare con l’attuale cinta quadrangolare interna munita di torri angolari ed intermedie.

Castello e la cattedrale

L'attuale struttura del complesso si deve a Federico II che incaricò intorno al 1233 Guido del Vasto di progettare, costruire e restaurare, valorizzandone l’aspetto residenziale e rappresentativo e conferendogli requisiti più prossimi ad una residenza.

Sull’archivolto del portale fece scolpire l’aquila imperiale che stringe trionfante la preda tra gli artigli - nell’androne e nel cortile innalzò un portico e realizzò capitelli a fogliami firmati da maestri locali quali Minerrus de Canusia, Melis de Stelliano e Ismahel - nelle torri troppo severe aggiunse qua e là oculi e finestre. La parte interna del castello presenta una pianta quadrangolare con torri parallelepipede agli angoli denominate: quelle interne "del Semaforo" e "dei Minorenni", quelle rivolte verso il mare "del Monaco" e "del Vento".

Durante le Crociate fu l’abituale ricovero per i cavalieri in partenza e in arrivo dalla Terra Santa.

E' stato rinvenuto, all’interno dello spessore murario, un camminamento di guardia coperto, realizzato nel 1249, di epoca sveva, lungo quarantacinque metri e fornito di saettiere, simile a quello individuato nel muro di cinta del castello di Trani. Ciò confermerebbe che nel periodo federiciano la difesa dei castelli si basava su due livelli: uno inferiore accessibile direttamente dall’interno attraverso un porticato scandito da pilastri ed archi a sesto ribassato, l’altro superiore e scoperto cioè il camminamento della ronda, con saettiere e merlature.

Tra il 1280 e il 1463 il castello fu affidato a vari feudatari, successivamente passò a Ferrante d'Aragona quando Bari divenne suo dominio regio, e da questi donato agli Sforza in occasione delle nozze di suo figlio Alfonso con la figlia del duca di Milano.

Nel 1308, durante il Regno degli Angioni, furono arrestati e custoditi nel castello i Templari dell’Italia Meridionale, fino al 1312, quando l’Ordine fu soppresso.

L’edificio, originario di una cinta bastionata sui tre lati verso terra, fu agli inizi del cinquecento trasformato da Isabella d’Aragona, donna abile e con idee chiare anche sul fronte politico, in dimora principesca degna di una corte, meta di artisti, letterati e potenti uomini di corte. Nonostante ciò, le sue torri possenti continuarono ad essere una quotidiana sfida all’orgoglio dei baresi e al ricordo delle tante torri cittadine rase al suolo da Guglielmo il Malo, e mai più ricostruite. Grazie alla duchessa il complesso fu munito sui tre lati vero terra da una poderosa cinta bastionata a forte scarpa rafforzata da poderosi baluardi e costruito un ampio fossato. Successivi ampliamenti e potenziamenti furono disposti da Carlo d'Angiò i cui lavori furono affidati a maestri locali. Con gli Aragonesi, appunto, il castello assunse la configurazione attuale con quattro bastioni angolari a lancia.

Durante la prima occupazione spagnola del 1502-1503 il castello ospitò il Gran Capitano Consalvo da Cordova e parte dell’esercito spagnolo e fu durante quel periodo che il castello visse il momento di maggior gloria, facendo da cornice a molti degli episodi che accompagnarono la Disfida di Barletta, famosa contesa.

Durante la rivoluzione francese, nell'ottocento, fu adibito dai Borboni a fortezza e prigione; poi divenne caserma per la fanteria e gendarmeria.

Bari non amò mai il suo castello, simbolo del potere feudale costruito non per difendere la città, ma contro la città.


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