GUIDA Piemonte/Ritratto della Regione/Risaie
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Piemonte/Ritratto della Regione/Risaie
- In Piemonte la coltivazione del riso (dal nome scientifico di Oryza Sativa) fu introdotta molto probabilmente tra la fine del 1400 e l’inizio del 1500, forse dai Monaci dell'Abbazia benedettina di Santa Maria di Lucedio utilizzando la materia prima giunta in Italia dalla Spagna (dove arrivò grazie agli Arabi). Il riso si semina in primavera, da marzo ad aprile e si ha un solo raccolto all’anno. La prima operazione consiste nell’aratura del campo (in origine eseguita utilizzando una coppia di buoi, poi con l’uso del cavallo da tiro, molto più veloce.Dalla metà del 1900 l’utilizzo degli animali fu soppiantato da trattori via via più efficienti, dotati di imponenti aratri ed erpici. I primi sollevano e rivoltano la terra ossigenandola, i secondi sminuzzano e spianano il terreno, oggigiorno con l’ausilio del laser, e lo preparano a ricevere il seme che una volta veniva gettato a mano dai contadini mentre ora il compito è affidato alle macchine agricole. La risaia è realizzata in leggera pendenza (affinché l’acqua vi defluisca lentamente e non ristagni, altrimenti il riso non crescerebbe bene) ed un sistema di rogge e di chiuse permette l’allagamento razionalizzato di una vastissima superficie arativa che occupa buona parte delle pianure del Novarese, del Vercellese, del Biellese e del Pavese, e costituiscono forse la più interessante opera ingegneristica di questa parte d’Italia. L’apice è stato raggiunto con la costruzione del Canale Cavour che, realizzato fra gli anni 1863 e 1866, preleva l’acqua dal Fiume Po vicino a Chivasso e la porta fino al Fiume Ticino , irrigando la campagna circostante. Il riso giunge a maturazione nel corso della torrida estate: per capire quando è pronto per la raccolta agli agricoltori basta un’occhiata perché una particolare sfumatura del colore delle spighe rivela il grado di maturazione. La raccolta, che un tempo si faceva a mano (si abbracciava un fascio di steli carichi di spighe e, senza scuoterlo per non far cadere i chicchi maturi, lo si tagliava con una sorta di falcetto), dal termine del Secondo Conflitto Mondiale venne effettuato con la trebbiatrice a cui seguì: la mietilega (un macchinario che tagliava le piantine di riso e le legava in covoni pronti per essere caricati sul carro) ; la mietitrebbia (imponente mezzo che miete e divide i chicchi dalla paglia: i primi vengono convogliati in un contenitore, mentre la seconda viene rigettata nel campo).
- Curiosità:
- - Le varietà di riso portano nomi vercellesi quali "Sant’Andrea", "Baldo", "Rosa Marchetti" e "Arborio": alcune sono più adatti ai risotti e alla famosa "paniccia", altri alle minestre e alle insalate. Ci sono poi risi dai colori insoliti, come il Venere, nero. I risi attualmente coltivati recano però nomi insoliti come "Centauro", "Gladio", "Poseidone", "Ariete": sono stati selezionati per resistere alle malattie, agli insetti e per offrire un’elevata produzione.
- - Nella pianura di Vercelli e Novara si susseguono a perdita d'occhio gli specchi regolari delle risaie, divisi da lunghi filari di pioppi e da canali d'irrigazione.
- - Le mondine, le operaie che fino a qualche anno fa venivano d'estate a mondare, ossia ripulire le risaie dalle erbe nocive, sono ormai scomparse ed oggi si usano i diserbanti, prodotti chimici che distruggono le erbacce e non danneggiano il riso.
- - Le risaie piemontesi sono entrate anche nei libri di storia italiana: nell’anno 1859, l'inondazione del Vercellese servì a ritardare l'avanzata dell'esercito austriaco verso Torino .






