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Foto Prossedi:
2012, 2009, 2008
Panorama di Prossedi

Prossedi è situato nel Lazio in Provincia di Latina, è un comune di 1238 abitanti costituito dal borgo capoluogo e dalla frazione di Pisterzo, distante circa 8 km. Il paese sorge su una collina balcone che si affaccia sulla valle dell'Amaseno.

A livello economico, Prossedi è ricco di coltivazioni ad ortaggi, oliveti, vigneti. Il territorio è per di più collinare e montuoso, L'unica zona pianeggiante è quella dove emerge il fiume Amaseno e qualche altra sorgente. L'ambiente prossedano si caratterizza per lo svolgimento di una vita estremamente tranquilla.

Confina con i comuni di: Maenza, Roccasecca dei Volsci, Priverno, Amaseno, Villa Santo Stefano e Giuliano di Roma.

Indice

Storia

Portale principale di accesso al centro storico

Già nel periodo pre-romano vennero riscontrate tracce di insediamenti umani, nel territorio di Prossedi. Tali tracce, purtroppo, non sono testimoniate da fonti scritte ma da una escursione effettuata sull'altopiano del Borgo si è rivelata l'esistenza di antichi muri, realizzati con pietre di piccole dimensioni che dovevano costituire primitive abitazioni oppure un muro in difesa di un Pagus. Una struttura residenziale sorse probabilmente nel territorio prossedano, dove sono stati ritrovati una cospicua quantità di oggetti in terracotta e resti di colonne, forse di un tempio votivo.

Secondo la leggenda, Prossedi sarebbe sorto a seguito della distruzione di Privernum avvenuta per opera dei Romani nel 341 a.C. allorché vi si rifugiarono alcuni fuggiaschi. Più accreditata è l'ipotesi secondo la quale Prossedi è stato fondato da sei famiglie della Privernum antica che si rifugiarono nel VII secolo d.C. su una collina non molto lontana dal paese natio, dalla quale si poteva controllare l’intera valle dell’Amaseno, attraversata molto spesso da nemici ed eserciti stranieri. Questi fuggiaschi costituirono un piccolo villaggio, primo nucleo abitati di Prossedi, chiamato prima "Castrum" e successivamente "Persei" (dalle sei famiglie privernate che lo fondarono). Di questo fatto si trova testimonianza scritta nel libro La Regia, & antica Piperno di Fra Teodoro Valle da Piperno del 1673 dove si legge che a seguito della distruzione della città, che si trovava in pianura, i suoi abitanti si divisero formando nuovi nuclei abitativi e così nacquero in collina i paesi di Maenza, Roccagorga, Prossedi, Sonnino e Asprano. Nel corso dei secoli il nome “Persei” venne sostituito da "Proxeudi" con probabile riferimento al verbo greco Proséidon,"guardare verso"; sicuramente in riferimento alla posizione strategica del paese, dalla cui altura si gode, ancora oggi, della veduta di tutta la valle dell’Amaseno.

La prima fonte storica relativa a Prossedi risale al 1125, anno in cui il paese fu dato alle fiamme dalle truppe del Pontefice Onorio II. La storia del paese è stata segnata da continui passaggi di proprietà tra le famiglie nobiliari. L'ultima famiglia alla qualche appartenne Prossedi fu la famiglia Gabrielli che lo acquistò dalla famiglia Altieri nel 1758. Con chirografia del 1 ottobre 1762 Angelo Gabrielli ottenne dal Papa Clemente XIII il titolo di principe riunendo i feudi di Prossedi, Pisterzo e Roccasecca dei Volsci in un unico principato. Placido Gabrielli fu il quarto e ultimo principe di Prossedi; il quale Il 2 gennaio 1856 a Parigi si unisce in matrimonio con Augusta Bonaparte, sua cugina. La madre di Placido ed il padre di Augusta sono fratello e sorella ed entrambi figli di Luciano il fratello di Napoleone I. Dal loro matrimonio non nacquero figli e quando Placido morì il 3 settembre 1911 il patrimonio passò alla famiglia Del Gallo di Roccagiovine.

Il centro storico, nonché nucleo originario del paese, si estende con una forma a "ferro di cavallo". Il primo nucleo medievale, con un impianto stradale curvilineo e irregolare si sarebbe formato intorno alla chiesa di San Nicola (XIV secolo) ed al primitivo castello. Il paese è cinto da mura castellane in buono stato e difeso da 6 torri. Nelle epoche passate all'interno delle mura si trovavano anche appezzamenti di terra utilizzati per le attività agricole che successivamente, con l’incremento demografico, vennero trasformati in nuovi spazi edificabili. Lo sviluppo edilizio si concluse quando il tessuto urbano assorbì tutti gli spazi edificabili, arrivando con le ultime case ad inglobare le stesse mura ad eccezione di una stretta fascia a sud-est del paese. L’ingresso al paese veniva garantito da due Porta: la Porta Principale e la Porta Nuova. La porta principale si affaccia sul lato sud-est del paese in corrispondenza di Piazza Umberto I. Da essa si accede a Piazza Plebiscito, caratteristica piazzetta che presenta sul lato destro due archi uno dei quali successivamente chiuso, che formavano un grazioso portico probabilmente sede del dazio in epoca medievale. La porta fu inserita negli edifici circostanti inglobando in parte il suddetto portico. Con la creazione della provincia di Littoria, Prossedi entra a far parte della novantatreesima provincia italiana.

Piazza del Plebiscito

Da Vedere

  • Chiesa di San Nicola
  • Chiesa di Sant'Agata
  • Palazzo Baronale
  • Palazzo delle carceri
  • Chiesa della Strammetta
  • Fontana dei Papi

Chiesa di San Nicola

Chiesa di San Nicola
Nel centro storico, lungo Via Roma troviamo la Chiesa di San Nicola, di stile Romanico. Ubicata entro le mura castellane dell'antico borgo di Prossedi, è stata costruita nel secolo XIII in onore di San Nicola ed è la chiesa più antica nel territorio comunale. Nel corso degli anni si arrivò a trascurarla, tanto che nel 1846, il vescovo della diocesi di Frosinone, decise di emettere un decreto di chiusura al culto poiché essa rischiava di crollare ed era divenuta stalla di animali. Grazie all'interessamento di alcuni prossedani ed a quello dei religiosi la chiesa non fu chiusa. Nel 1900 il giovane vice parroco don Salvatore Baldassarra si adoperò per coinvolgere tutta la popolazione ed il principe Placido Gabrielli nei lavori di restauro. La popolazione ed il principe risposero ognuno con le proprie possibilità finanziarie e così nella prima metà dell'anno 1902 la chiesa venne riaperta al culto. L’ultimo restauro è iniziato nel 1992 ed è durato circa 11 anni.
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Interno

La facciata della chiesa s'impone all'osservatore per lo splendore e la mole del portale trecentesco scolpito in pietra con molta cura. La cimasa è adornata con motivi a fogliame; ancora a fogliame è decorata tutta la parte superiore del portale poggiante su capitelli composti di forma gotico-cistercense, impostati su colonnine spezzate con rilievo sagomato al centro. Lungo l’apertura a sesto ogivale corrono sue gole adornate da rosette e figure apotropaiche. Lungo gli stipiti gravano le mensole ornate a fogliame. Il portone d’ingresso è sormontato da un bassorilievo in legno policromo raffigurante S. Nicola in abiti vescovili. Sulla facciata, al di sopra del portale regna un nobile rosone ad archetti intrecciati, con otto colonnine, di cui quattro tortiti e quattro lisce centrate su di una rosa. Tale rosone del XIV secolo, molto simile a quello dell’Abbazia di Valvisciolo, illumina la piccola chiesa assieme a cinque strette finestre sul fianco destro. L'interno della chiesa è a forma rettangolare. La copertura si presenta con arcate ogivali e travatura a vista, mentre, nella parte absidale si trovano due campate costituite da volte a crociera. L'altare domina dall'alto tutta la chiesa. Per raggiungerlo bisogna salire una scalinata in pietra (otto gradini) delimitata da una balaustra in marmo, realizzata con colonnine tortili e lisce sormontate da capitello ionico. A destra dell’altare vi è la tela di “Maria Santissima Avvocata Nostra”, meglio conosciuta come “Madonna di Vicovaro” venerata a Prossedi con particolare devozione.

A questa Immagine è legato un evento particolare: nel luglio 1863 a Vicovaro, nella provincia di Roma, la sacra immagine di Maria Santissima mosse gli occhi. In quegli anni si trovava a Prossedi il sacerdote senese Don Gaspare Olmi che, spinto dall’amore filiale verso la Madre di Dio, volle andare a venerarla a Vicavore. L’immagine di Maria gli piacque così tanto che, preso un pittore dalla vicina Roma, fece fare una copia per portarla con se a Prossedi. L’immagine sarebbe stata subito esposta nell'antica chiesa di San Nicola. Il 6 giugno 1864, davanti ad alcuni fanciulli che pregavano nella Chiesa, l'evento miracoloso si replicò anche a Prossedi; le campane suonarono a festa e tutta la popolazione accorse per assistere al prodigioso evento. In data 31 Maggio 1964 Sua Santità Paolo VI concedeva la facoltà di poter incoronare con corona d’oro l’immagine di Maria SS. Avvocata Nostra venerata nella chiesa di San Nicola.

Chiesa di Sant'Agata

La chiesa di Sant’Agata domina dall'alto l'intero nucleo abitativo di Prossedi. I documenti custoditi nell’archivio della parrocchia di Prossedi attesterebbero un culto di Sant’Agata ab antiquo. La costruzione dell’attuale struttura venne iniziata dal Principe Pietro Gabrielli che riteneva poco decente la chiesa allora esistente. L’architetto incaricato fu Francesco Rust al quale venne affidata anche l’edificazione del palazzo delle carceri. Il progetto del Rust prevedeva una spesa di oltre 50000 scudi. Il peggio fu che si volle demolire la chiesa vecchia, inducendo la necessità di proseguire la costruzione della nuova. L’invasione francese e l’esiguità di fondi messi a disposizione per la realizzazione della nuova collegiata, malgrado vi contribuissero la comunità di Prossedi, il Principe e diverse confraternite, non consentirono l’avanzamento della fabbrica che venne abbandonata per 25 anni. La chiesa venne successivamente realizzata sulla base di un nuovo progetto che ridusse la spesa a termini più discreti.

Chiesa di S. Agata
Di stile neoclassico, essa sorge all'interno del nucleo del paese e si affaccia su piazza XI febbraio. Il prospetto principale sulla piazza si caratterizza per una massa muraria elementare di notevoli dimensioni. Nelle sue dimensioni, insieme al castello baronale, ci permette di individuare l'immagine del paese.

La pianta è a croce greca, con absidi e cappelle negli angoli della croce. Anche la sacrestia è un organismo a pianta centrale costituito da una croce greca ove all’incrocio delle due braccia si determina un ambiente circolare coperto a cupola. L'organismo della sacrestia manifesta nell'impianto e nello stile, una riassunzione dei modelli cinquecenteschi soprattutto nel portico d'accesso dove troviamo paraste in pietra e costolature che ne innervano la copertura a cupola. L'interno della chiesa, che ripete i motivi del portico della sacrestia, è coperto con una cupola emisferica posta all'incrocio dei bracci e da volte a botte che si innestano su un fregio. Sopra la cornice d’imposta, in corrispondenza dei tre bracci, si aprono tre grosse finestre semicircolari, mentre il braccio principale che si conclude con l’abside, presenta una finestra circolare. La ricchezza di particolari decorativi costituiti da costoloni circolari nella volta e da nervature nella cupola arricchita da fregi floreali, accentua e allo stesso tempo appesantisce il valore elementare. Nel corso degli anni è stata sottoposta a diversi restauri, l'ultimo avvenuto nel 2005.

Interno

All’interno della chiesa sono conservate opere di notevole valore storico – culturale. La pala d’altare rappresenta il martirio di Sant’Agata: la grande tela di cm 400 x 220 è stata dipinta a Roma nel XIX secolo e donata alla chiesa da Pio IX in occasione di un suo viaggio a Gaeta. La giovanissima Santa è inginocchiata, mentre uno sgherro con una grossa tenaglia, si accinge a tagliarle il seno scoperto. In alto a sinistra è la solenne figura di Giove, mentre a destra, seduto in trono Quinziano circondato dai componenti del tribunale. Il busto reliquiario di Sant’Agata, in legno scolpito e policromato, è un’opera della fine del XVII secolo. All’interno della chiesa è conservato un frammento osseo della gamba della Santa, giunto da Catania nel 1987. Nella sacrestia è conservato un bellissimo confessionale del XVII secolo in legno scolpito donato alla chiesa dal principe Gabrielli. Di notevole pregio è il coro ligneo del XVIII secolo costituito da dodici sedili ed inginocchiatoi nella parte superiore e da quattro sedili con mensole nella parte inferiore. Ogni dossale è ornato al centro con una rosetta ed è separato dagli altri da paraste e dai braccioli ricurvi. Nella cappella alla sinistra dell’altare è conservata la tela dell’annunciazione del XVII: la vergine è presso un tavolo, su cui poggia un libro, e si volge meravigliata all’angelo che accenna verso l’alto, dove appare la colomba dello Spirito Santo circondata da angeli. Nella cappella di destra si trova la tela raffigurante la Madonna del rosario di scuola napoletana realizzata nel XVIII secolo: la vergine e il figlio vengono adorati dai Santi Domenico e Rosa, tutt’intorno in altrettanti quadretti i quindici misteri del rosaio e l’immagine di due Santi. Molto bella è la colonna tortile, utilizzata per il cero pasquale, posta presso l’altare. Si tratta di una colonna tortile fornita di basamento e di capitello, decorata con mosaici policromi. Con molta probabilità è stata eseguita dagli stessi artisti della Strammetta in quanto sul capitello è presente lo stemma dei Gabrielli. Interessanti sono la statua lignea di San Sebastiano e San Rocco e un crocifisso ligneo a grandezza naturale donato alla chiesa dal Principe Gabrielli. Sempre all’interno della chiesa è notevole il grande organo a canne eseguito nel 1861 dalla ditta Pietro Pantanella.

All'interno della chiesa una iscrizione recita così:

TEMPLUM HOC DIVAE AGATHAE VIRGINI ET MARTIRI TITULARI ET PATRONAE DICATUM ANNO DOMINI MDCCCVII

(Questo tempio è dedicato a Sant'Agata Vergine e Martire titolare e patrona Anno del Signore 1807)

La parte inferiore della cupola è circondata invece da questa iscrizione:

STANS B. AGATHA IN MEDIO CARCERIS EXPANSIS MANIBUS ORABAT

(La beata Agata mentre entrava all’interno del carcere pregava con le mani aperte)

Questa iscrizione fa riferimento agli atti del martirio di Sant'Agata. Su questa frase si basa il canto composto da Filippo Tarallo presumibilmente nel 1908 cantato dalle Clarisse di Catania al passaggio della processione del busto della Santa Patrona Catanese.
Busto ligneo di Sant'Agata

Orologio Pubblico

Elemento caratteristico del borgo prossedano è il portale d'accesso al centro storico sovrastato dal grande orologio pubblico. L'arco di accesso, in pietra bugnata è inquadrato da quattro lesene e sovrastato da una cornice sulla quale s'imposta un elemento di raccordo in cui è inserita una scritta (S.P.Q.P), chiusa lateralmente dal proseguimento delle lesene, tale elemento fa da base ad un altro corpo in muratura, di ampiezza minore, dove è inserito l'orologio; a concludere la struttura è posta una di coronamento. Sin dall'antichità, la sua funzione era quella di regolare la vita dei cittadini. L'attuale struttura dell'orologio risale al 1899. Fu costruito dalla ditta Federico Uccelli di Milano e costò 880 Lire. La compera del nuovo orologio è andata a sostituire quello bisecolare che non era più in grado di funzionare e che meritava di essere rimpiazzato anche perché essendo esposto sulla piazza pubblica era diventato il mito dei viaggiatori forestieri che passano sull'adiacente via. E' sicuramente di almeno duecento anni precedente l'esistenza di un orologio pubblico a Prossedi.

Oggi l'orologio è funzionante grazie ad un sistema computerizzato acquistato nel 1987. Nei tempi antichi, quando era l'orologio pubblico a regolare la vita cittadina, esisteva la figura del regolatore dell'orologio pubblico incaricata del suo corretto funzionamento. Nella parte retrostante l'orologio, quella verso il centro storico, è presente il quadrante di un vecchio orologio meccanico che risale presumibilmente al 1500. Non si tratta di un orologio solare dato il suo orientamento.

Palazzo Baronale

Palazzo baronale

Il Palazzo Baronale di Prossedi domina con la sua grandiosità Piazza Umberto I. Sulla sua storia si hanno poche notizie. L’attuale fabbricato è stato innalzato su quello di modeste dimensioni appartenuto alla famiglia Massimo e precedentemente ai Conti di Ceccano. Una volta acquistato dai Gabrielli, questi lo ampliarono conferendogli dignità principesca secondo lo stile barocco- rococò in voga nel XVIII secolo. I lavori iniziarono nel 1760 e l’architetto incaricato dal Principe Angelo Gabrielli fu il romano Costantino Fiaschetti. L’impianto attuale del complesso è a pianta rettangolare con quattro massicci torrioni angolari. Il tutto ripete la tipologia cinquecentesca del castello-fortezza nel quale il senso della fortificazione prevale su quello dell’abitazione. La facciata principale misura circa 36 metri, mentre i lati, uno dei quali si affaccia su Piazza Umberto I si allungano per 30 metri. Al palazzo si accede attraverso una elegante scalinata di 10 gradini molto bassi separata da Piazza Umberto I da un cancello di ferro, di recente fattura. Il cortile antistante il palazzo comunica con il piazzale della chiesa di Sant’Agata (oggi piazza XI Febbraio) per mezzo di un cancello di ferro finemente decorato. Il Palazzo è alto più di 20 metri e, non tenendo conto delle fondamenta oggi occupate da uno scantinato, sorge su tre piani. Nei prospetti una doppia fascia marcapiano stacca la parte basamentale, che assume l’aspetto di un muro di cinta, da quella sovrastante. Tutte le finestre, molto semplici, sono modanate da una esile cornice di pietra.

Il portale di ingresso è in pietra levigata; gli stipiti sono sormontati da un architrave rettilineo su cui sono posti tre scudi con tre diverse corone. Al centro è lo scudo della famiglia Gabrielli su cui spiccano tre globi crociati e una mezzaluna crescente - A sinistra di chi guarda si trova uno scudo diviso in due parti uguali: nella prima metà è riprodotto lo scudo dei Gabrielli; nella seconda, invece, è rappresentata l’aquila napoleonica. Nel suo insieme questo scudo indica che la famiglia Gabrielli, durante l’occupazione francese di Roma, s’imparentò con la famiglia napoleonica. A destra di chi guarda si trova un altro scudo anch’esso diviso in due parti: nella prima parte c’è un gallo vittorioso che canta e che calpesta un lungo serpente; nel secondo partito dello scudo è rappresentata l’aquila napoleonica. L’intero scudo indica il passaggio per eredità del palazzo dalla famiglia Gabrielli ai Del Gallo anch’essi imparentati con i Bonaparte. La visita al palazzo si limita al cortile interno, piuttosto angusto, con un puteo addossato alla parete di fronte che convogliava le acque piovane in una cisterna sotterranea. Intorno al cortile si aprono alcune porte che immettono negli spazi di servizio. Entrando dal portone il visitatore è accolto da un fitto colonnato dal gusto settecentesco. Al lato destro si apre una scala che comunica con i piani superiori: al secondo piano era la residenza signorile, al terzo piano un tempo abitava la servitù. Nei due piani sono sistemate circa 50 stanze tra piccole e medie.

Palazzo delle carceri

Il palazzo delle carceri si colloca immediatamente all’interno della cinta muraria del centro storico di Prossedi in prossimità della Porta Principale. La sua costruzione risale al 1807 per volere del principe Pietro Gabrielli. L’architetto incaricato per la realizzazione di tale opera fu il romano Francesco Rust al quale venne commissionato anche l’ampliamento del palazzo dei Gabrielli sul Monte Giordano, piccola altura nel centro di Roma.

L'edificio si presenta come un imponente blocco di forma irregolare scandito da finestrature regolarmente disposte su tre delle sue cinque facciate. Il prospetto Est non presenta un disegno architettonico preciso. Nel lato corto dell’edificio è inserita la porta di accesso ai piani superiori ed ai locali sotterranei un tempo utilizzati come carcere. Nella progettazione di tale fabbricato l’architetto dovette tenere conto del tessuto urbano circostante; è per tali ragioni che si optò per la realizzazione un edificio racchiuso in cinque facciate di diversa misura

L’edifico risulta orizzontalmente quadripartito: Il basamento dell'edificio è ricoperto da blocchi bocciardati in pietra calcarea di grandi dimensioni che incorniciano tre grandi portali; nella seconda parte, realizzata con mattoncini in laterizio, una lastra marmorea ricorda che Pietro Gabrielle costruì ed eresse tale edificio perché fosse utilizzato come carcere e come tribunale: la terza e l’ultima parte sono realizzate rispettivamente in blocchi calcarei squadrati e sagomati e in muratura di mattoncini a vista, separate da una elegante fascia in pietra. La quasi totalità dell'edificio è destinato a residenza, eccezion fatta per i locali al piano terra con accesso da Piazza del Plebiscito nei quali si situa l’ufficio postale.

Chiesa della Strammetta

Lungo la Via Principessa Augusta si trova la graziosa chiesetta di Santa Maria extra moenia, meglio conosciuta come “Chiesa della Strammetta”. Essa è realizzata in posizione sopraelevata rispetto al piano stradale e per accedervi occorre salire una piccola ma scenografica scala a due rampe contrapposte, fornite di una elegante balaustra in mattoncini di laterizio. La facciata è del tipo a capanna semplice, con la presenza di un archivolto aggettante, di un modesto oculus e sotto la grondaia di una decorazione aggettante realizzata con mattoncini. La chiesetta viene costruita nei primi anni del XIX secolo da Pietro Gabrielli come cappella di famiglia e cenotafio dei principi Gabrielli. Infatti nel suo interno si trovano alcune sepolture tra cui quella di Augusta Bonaparte e Placido Gabrielli. La facciata della chiesa è impreziosita dalla presenza di un bellissimo e raffinato mosaico policromo in cui è raffigurata la Madonna con il Bambino tra tralci di rose e di gigli - lilium. Tale mosaico è stato realizzato tra il 1902 e 1905 dal noto mosaicista Adolfo De Carolis su disegno del pittore Napoleone Parisani, uno tra i componenti di spicco tra gli artisti che componevano il gruppo conosciuto con il nome “I XXV della Campagna Romana”.

L’interno della chiesa (si trova in cattivo stato di conservazione) è un vero gioiello artistico per la ricchezza e per l’alta qualità degli affreschi alle pareti, in cui sono raffigurati elementi geometrici movimentati da scodelle maiolicate, pentacoli e foglie di edera. Predominano i colori: azzurro, rosa, verde e giallo. Un vero gioiello artistico è il piccolo altare di marmo, arricchito da minuscoli e raffinati mosaici policromi. Le pitture, i mosaici, l’intero arredo sono opera di Napoleone Parisani, che nell'eseguire gli affreschi e i mosaici ha volutamente lasciato chiari simboli della Massoneria, quali la croce del tipo templare. Sopra l’altare era posto un trittico realizzato dal Parisani, che ora si trova conservato nel castello di Prossedi, raffigurante la Madonna con il Bambino con ai lati Sant'Agostino e San Placido. Il trittico è realizzato ad olio su tavola ed è abbastanza grande. Il Parisani nel realizzare quest’opera si ispirò all’iconografia classica del Rinascimento italiano.

Fontana dei Papi

In un sito poco distante dall’ingresso del paese, lungo la vecchia strada Marittima si trova la monumentale Fontana dei Papi. Essa fu edificata nel 1727 dal marchese Livio De Carolis che l’anno precedente aveva acquistato il feudo di Prossedi dalla famiglia Altieri. Livio De Carolis, originario di Pofi, fu signore di Prossedi per soli vent’anni. Proveniente da una famiglia di commercianti ebbe una grande fortuna quando ottenne l’esclusiva dell’appalto della tassa sul macinato nelle provincie di Marittima e Campagna. La grande disponibilità di denaro gli consentì di acquistare numerosi terreni nella Ciociaria e soprattutto di ingraziarsi il clero. Fu Papa Benedetto XIII a nominarlo “patrizio romano e marchese di Prossedi”. Nel 1711 fece costruire una fontana a Frosinone, presso il santuario della Madonna della Neve e, sedici anni dopo, la marmorea fontana dei Papi di Prossedi che commemora la visita del papa Benedetto XIII. Le cronache del tempo ricordano che alle ore 9:00 del 23 maggio 1727 il gruppo di 92 calessi che accompagnava il pontefice partì da Frosinone percorrendo una strada che nel tratto iniziale era sconnessa e impervia. Il tragitto non fu facile, ma arrivati ai confini di Prossedi, la strada era stata resa più agevole e percorribile dal marchese de Carolis. Il gruppo degli accompagnatori del pontefice si fermò in paese e ascoltò la Messa nella chiesa di Sant’Agata, dove il pontefice benedì la popolazione che giunse dai paesi limitrofi. Il marchese Livio De Carolis aveva effettuato consistenti lavori per rendere comodamente carrozzabile il tratto di strada tra Frosinone e Priverno e alla loro inaugurazione fu presente lo stesso Benedetto XIII che passò davanti alla monumentale fontana eretta per commemorare l’evento.

La splendida fontana consiste in una ampia vasca appoggiata ad una quinta marmorea che accoglie l’iscrizione fiancheggiata da due paraste. Il fastigio sommitale si flette innalzandosi al centro per incorniciare i tre stemmi previsti: al centro lo stemma papale di Benedetto XIII, alla sua sinistra lo stemma vescovile di M.P. de Carolis e a destra lo stemma del marchese L. de Carolis. Quest’ultimo purtroppo non è più in loco, essendo andato disperso fin dalla metà del XVIII secolo, molto probabilmente eliminato dai successivi proprietari di Prossedi. Alla vasca rettangolare, utilizzata dalle donne di Prossedi per lavare i panni e dai mandriani come abbeveratoio, vennero affiancate successivamente due vasche più piccole. Le due paraste laterali culminano a sostenere due sfere marmoree che bilanciano la composizione architettonica. Perfettamente in asse è collocata l’ampia epigrafe che è incorniciata da una complessa modanatura dalla cui base fuoriesce la cannella principale di adduzione dell’acqua alla vasca maggiore.

Bibliografia

  • Prossedi - Lo Statuto, Franco De Angelis (1984)
  • Pisterzo - Prius Tertium, Franco De Angelis (1986)
  • Prossedi con amore, Tommaso Bartoli (2005)
  • Nel sentiero dei ricordi, Mario Galanti (2005)
  • La chiesa della Strammetta di Prossedi, Luigi Zaccheo (2006)
  • Sant'Agata V. e M. patrona di Prossedi, Mario Galanti (2008)
  • Prossedi la perla dei Lepini, Luigi Zaccheo (2011)
  • Maria SS. Avvocata Nostra e Prossedi, Mario Galanti (2013)

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