GUIDA Rodengo Saiano/Abbazia Olivetana di San Nicola
Dell’ abbazia Olivetana di San Nicola di Rodengo Saiano, si ha notizia fin dal X secolo, quale fondazione da parte dell’Abate Oddone che a Cluny, aveva dato inizio ad un movimento di riforma della vita monastica, secondo le regole di San Benedetto da Norcia. Il complesso ha quasi mille anni di storia. Quella che è arrivata a noi è l’Abbazia ricostruita a partire dalla metà del XV secolo. Ai benedettini Olivetani provenienti da Monte Oliveto (Siena), nel 1446 venne affidato il priorato di Rodengo, in sostituzione ai Benedettini cluniacensi che avevano fondato il monastero quattrocento anni prima.
La Chiesa attuale con il pregevole coro intarsiato fu consacrata nel 1490. La facciata della Chiesa è molto semplice , ma ha conservato l’aspetto originario. La forma lobata della grande finestra è del 700, e l’attuale affresco della lunetta sopra il portone d’entrata risale all’inizio 800.
Gli Olivetani rimasero a San Nicola di Rodengo fino alla soppressione del 2 Settembre 1797, attuata dal governo della Serenissima.
Da quel tempo si son o perse le tracce dei preziosi volumi della ricca biblioteca e dell’archivio. Ne segui un periodo di degrado.
Il ritorno degli Olivetani nell’Abbazia, l’8 Settembre 1969, è stato auspicato e fortemente voluto da Papa Paolo VI°, che per essere nativo di Concesio, ben conosceva per averla visitata più volte, il degrado dell’Abbazia.
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L'interno della Chiesa
L’estesa decorazione delle volte e delle pareti è di pregevole opera barocca, comunque con lavorazione sulle strutture murarie del gotico originario, restate sostanzialmente intatte. Tra il 1725 e il 1731, l’Abate bresciano Flaminio Marino, chiamò diversi pittori, per abbellire la Chiesa e l’olivetano Ambrogio Fumagalli, da un suo disegno creò le vetrate della facciata e della navata.
Entrando in chiesa sulla destra troviamo una navatella con un serie di cappelle, nelle quali predomina l’opera pittorica di Giovanni Battista Sassi.
Nel presbiterio è di ottima fattura l’altare datato 1688. Sulle pareti si fronteggiano due cantorie sopra le quali a destra c’è l’organo e a sinistra è affrescata Santa Cecilia, il dipinto è stato attribuito a Barbelli, il quale ha dipinto anche la secrestia. Al centro dell’abside è dipinta una pala con la Madonna e il Bambino e i Santi Nicola e Benedetto, ai lati due medaglioni con i miracoli di San Nicola.
Splendido il coro paziente opera d’intarsio commissionata, commissionata nel 1480, al pavese intarsiatore Cristoforo Rocchi. Dal coro si passa alla sacrestia attraverso la meravigliosa porta intarsiata opera sempre di Cristoforo Rocchi. Gli affreschi della volta recentemente sono stati attribuiti a Giangiacomo Barbelli (1606 -1656). Al centro la SS. Trinità, adorata da San Benedetto e San Nicola, dal Beato Bernardo Tolomei, Santa Scolastica e Santa Francesca Romana. Nelle undici lunette sono affrescati episodi della vita di San Benedetto.
Galleria Foto
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Particolare dell'altare Maggiore
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Antica colonna-Presbiterio
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...Nozze di Cana...
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...dipinto del 1608
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Sacrestia iscrizione 1645
Opere degne di nota
Padre Alfonso, Priore dell'Abbazia non ha voluto farsi fotografare, se non di spalle. Ringrazio Padre Alfonso per la disponibilità dimostrata, per avermi ricevuto, per il tempo che mi ha dedicato, per avermi tradotto dal latino l'iscrizione nella sacrestia del 1645 e per avermi accompagnato personalmente, aprendomi alcuni ambienti momentanemente chiusi al pubblico. Grazie di Cuore Padre Alfonso. Mi auguro che questo mio modesto lavoro possa contribuire a far conoscere a tanti questa splendida Abbazia, ricca di storia, di arte e centro di religiosità.
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....con scene tratte dal libro....
IL Coro
Il 28 Marzo 1480, fu stipulato il contratto tra Cristofaro Rocchi ed i monaci, il Rocchi da Pavia era intarsiatore, intagliatore, falegname e architetto, noto per aver dato il primo modello ligneo del Duomo di Pavia e diretto i lavori nella fasi iniziali della costruzione.
Dal contratto il costo totale dell'intera opera del coro era di 200 ducati di oro, il maestro doveva lavorare con due aiutanti e le spese vive dei lavoranti erano a carico del monastero comunque con lo stesso trattamento riservato ai monaci, il monastero doveva inoltre fornire, le assi, i legnami, la ferramenta e quant'altro necessario. Sembra che siano stati i frati stessi a disegnare il coro consegnado il tutto al Rocchi con l'obbligo di attenervisi, nel prezzo pattuito era compreso anche il smontaggio di un coro precedente.
Il contratto di commissione del lavoro è stato stipulato alla presenza del priore Fra Vincenzo da Milano, degli ufficiali del monastero e di testimoni. Gli Olivetani di Rodengo scelsero il Rocchi, in quanto i migliori monaci intarsiatori del 400, erano impegnati in altre opere in diversi monasteri della congregazione. Il Rocchi aveva già partecipato all’arredamento dell’Abbazia, con l’intarsiatura della porta della sacrestia.
Per il coro furono impiegati legni tutti della zona, ma di diverse essenze. L’intarsio è condotto a regola d’arte, secondo gli studiosi con una forte padronanza del mestiere. Le prospettive e finte architetture che si inseguono nei dossali, possono essere ridotte a 6 combinazioni. Nel 1868 fu venduto al Comune di Brescia lo straordinario e imponente leggio che faceva parte del coro, opera di Fra Raffaele da Brescia su disegni del Romanino. Il leggio si trova ora ai Civici Musei di Arte e Storia di Brescia. (Le foto del Leggio sono tratte dal libro: "San Nicolò di Rodengo, un Monastero di Franciacorta tra Cluny e Monte Oliveto" Edizioni Gli Amici dell'Abbazia 2002
Dopo una lunga e paziente opera di restauro da parte del Signor Giuseppe Gandini di Brescia ultimata nel 1982, il coro è tornato al suo antico splendore ed ora il magnifico complesso ligneo lo si può ammirare come parte integrante e significativa dell’arredo della chiesa abbaziale
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L'imponente Leggio
I Templari??
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I CHIOSTRI:
Sono ben tre i chiostri dell’Abbazia, così denominati: Chiostro della Cisterna, Chiostro del 400 e Chiostro del 500 a colonnati sovrapposti
Chiostro della Cisterna
E’ un chiostro Olivetano forse sorto su un precedente chiostro culniacense più modesto. Su questo chiostro si affaccia l’Aula Capitolare, attualmente usata come cappella. Alla parete dell’altare c’è l’affresco del Cristo risorto opera di Pietro Marone, realizzato nel 1599, per terra subito dopo l’entrata il sepolcretto dove nei tempi passati venivano deposti i monaci. Tornati nel chiostro si possono ammirare alcune antiche meridiane ora restaurate.
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Aula Capitolare
La sala capitolare era il luogo in cui si riuniva la comunità monastica per alcune volte nel corso della giornata. Dopo la chiesa e il chiostro, era la parte più importante di un monastero o abbazia. Nell’Aula Capitolare gli eremiti si riunivano per la trattazione dei vari argomenti riguardanti la vita spirituale e materiale della comunità. Qui si svolgeva l'assemblea dei monaci per l'elezione del nuovo abate quando quest'ultimo veniva a mancare. Sotto il pavimento dell'aula capitolare un tempo costruito con larghe tavole d'abete si seppellivano gli eremiti. Il detto odierno: "Dar voce in capitolo" deriva appunto da questa antica usanza.
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Chiostro del 400
Dal Chiostro della cisterna si passa al chiostro del 400, con capitelli scolpiti e sulle colonne ad angolo sono scolpiti gli stemmi olivetani. Le colonne e i capitelli di questo chiostro sono stati in tempi recenti fonte di studi per alcuni “simboli” incisi, in quanto attribuiti alla presenza nell’Abbazia dei “Templari” (Vedi foto articolo “Focus”) Voltando le spalle al cancello d’entrata, si può ammirare la splendida prospettiva elaborata da Giuseppe Castellini nel 1720.
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Chiostro del 500 detto anche Chiostro Grande
E’ il più imponente di tutta l’Abbazia. Trentotto archi al piano terra e cinquantasei al piano superiore. Impreziosito sul lato sud da un splendido cornicione con maioliche invetriate. Nelle cornici in cotto che segnano gli archi si intravedono ancora affreschi di Abati e monaci. Al centro del prato è posta una magnifica pergola in ferro battuto.
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