GUIDA Amantea/Memorie Storiche
Memorie Storiche su Amantea
Il Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica (1840) così riporta sul comune:
Amantea. Città vescovile posta sulla riva del mare, nel regno di Napoli nella Calabria citeriore. Nel secolo decimo venne agguagliata al suolo dai saraceni, ed il suo vescovato fu trasferito a Tropeia.
Pietro Colletta nella Storia del reame di Napoli, dal 1734 sino al 1825 (1856) così descrive l'assedio del 1806:
Amantea è città di Calabria di duemilacinquecento abitatori, fondata quasi su la marina del Tirreno, sopra un gran sasso, già scoglio; la chiudono da tre lati le rupi, e dal quarto un vecchio muro fra due deboli bastioni; pochi soldati la guardavano e molti Borboniani, gli uni e gli altri sotto il governo del colonnello Mirabelli, nato in quella città, ricco, nobile, usato all'armi ed all'onore; tre cannoni di ferro munivano i baluardi, le munizioni e le vettovaglie bastavano, l'animo ridondava. Il generale Verdier, con tremila duecento soldati, artiglierie ed attrezzi, andò ad assaltarla; e quindi, cinta quella fronte del castello che è verso la campagna, alzata una batteria di cannoni e di obici, agli albòri del giorno, per segno convenuto, avanzarono a corsa con le scale i soldati più prodi; ma la forza del luogo ed il valore del presidio li respinse, sicché scemati ritornarono ai campi. Altre offese, altri assalti, altre minacce andate a vuoto, il generale sperò di entrare in Amantea per il lato meno guardato, perché creduto inaccessibile. In una notte lunga e fosca del dicembre, piccolo drappello di sette uomini de' quali primo il più destro, rampicandosi fra' sassi che separano dal mare la città, tanto oltre avanzò che sentiva il parlare delle ascolte nemiche, mentre colonna più numerosa con funi e scale tacitamente seguiva le segnate tracce, ed altre schiere gridando e sparando attaccavano il muro bastionato per divertire i difensori dal vero assalto. Ma per voce infantile che dalla fronte di mare grida i Francesi, accorrono le guardie, tirano sassi ed archibugiate verso il luogo che il fanciullo indicava; è colpito un de' sette e muore, altri della colonna maggiore sono feriti; ma nessuno si lagna per non discoprire la impresa. Si rassicurava per quel silenzio il presidio, scemavano i colpi, udivasi un Calabrese rimprocciare il fanciullo dell'affermare ostinato di aver visto e inteso i nemici, quando un obice del campo scoppiò in aria, e con la luce palesò gli assalitori. Mille offese ad un punto partirono da' vicini ripari, molti dei Francesi furono morti, si arrestarono gli altri e si raccolsero nei campi. Il generale, poi che vidde non bastare le sorprese, non gl'inganni, non le forze, levato l'assedio, ritornò doglioso ed assetato di vendetta in Cosenza.
Ma finito il dicembre, egli, più forte, meglio provvisto di macchine, ritornò agli assalti, conducendo dalle sue parti il colonnello Amato, pur cittadino di Amantea, congiunto e da fanciullezza compagno ed amico al Mirabelli; al quale giungendo al campo amorevolmente scrisse, e questi amorevolmente rispose, l'un l'altro tentandosi, l'Amato con esaltare l'amor di patria, il Mirabelli la virtù della fede, ed in entrambi prevalendo l'onore, durarono nemici no, ma contrarii. Si alzarono intanto parecchie batterie contro il castello, e dopo alcuni giorni di fuoco, aperta la breccia, fu ben quattro volte assaltata e difesa. Cangiò modo all'assedio: avanzando sotterra fu minato un bastione, che allo scoppio rovinò; e quando pareva certa la vittoria perché inevitabile la entrata, fu visto che altre fortificazioni novellamente costrutte impedivano il passaggio. Più vicina la guerra, fu più mortale; ora l'arte degli assediatori prevaleva al valor disperato degli assediati, e or questo a quella. Ma soprastava la fame a'Calabresi, e sol per essa il piccolo castello di Amantea, munito di tre rosi cannoni, difeso da inesperti partigiani, assalito da fortissime schiere con le migliori arti di guerra, dopo quaranta giorni di assedio (senza tener conto del primo assalto) a patti onorevoli si arrese. I presidii tornarono in Sicilia come prigioni per un anno ed un giorno.
mentre il volume La Calabria - storia, geografia, arte (1926) sullo stesso evento così riporta:
Degli avvenimenti succedutisi in queso periodo di tempo in Calabria si deve annoverare fra i più importati l'assedio di Amantea.
Questa città si trova fabbricata in sito forte per natura, distante 290 metri dal mare e allo sbocco di una stretta gola, solcata dal torrente Catocastro. La città sorge sul fianco di una rupe isolata alla altezza di 60 metri dalla spiaggia ed era allora protetta verso il mare da un antichissimo muro fiancheggiato alle due estremità da due piccoli torrioni. La governava fin dal 1799 Rodolfo Mirabelli, ricco possidente della stessa città, caldo fautore dei Borboni ed infiammato da ardente patriottismo nel difendere il proprio paese. Amantea si può dire che era la piazzaforte di tutte le bande degli insorti, essa si prestava per la sua posizione ad essere vettovagliata dal mare dalla Corte borbonica, la quale disegnava di operare uno sbarco su quella spiaggia e tagliare ai Francesi le comunicazioni con Napoli; era necessario perciò impadronirsi di Amantea. Il Generale Verdier decise di impadronirsene subito ed il 27 settembre 1806 si diresse a quella volta con una colonna mista composta di fanteria e di artiglieria. Un primo attacco fu disastroso: i Francesi vennero respinti, e quella facile vittoria degli Amanteoti valse a rincuorare siffattamente una parte di essi, che i più esaltati ne approfittarono subito per fucilare sul letto del Catocastro tutti quelli che parvero sospetti di parteggiare coi nemici.
Il Verdier, convinto dalla realtà dei fatti che occorreva una seria preparazione per tentare l'attacco, ritirò le sue truppe e ripartì per Cosenza, dove organizzò una nuova spedizione. Il 4 dicembre ritornò contro Amantea, il 7 e l'8 ripetè l'attacco, ma venne respinto e, non volendo allora ostinarsi a ripetere inutilmente altri assalti, decise di abbandonare il giorno dopo Amantea e prendere la via di Cosenza.
Questa ritirata, però, gli fu non meno dannosa dei precedenti assalti, perchè il Mirabelli e tutta la popolazione lo inseguirono, circa 200 Francesi furono fatti prigionieri ed invitati come "trofeo d'insperata vittoria" in Sicilia.
Ma Amantea era il principale focolare della insurrezione calabrese, era necessario perciò a qualunque costo che i Francesi se ne impadronissero, anche per impedire nel tempo stesso le comunicazioni continue con l'esterno e l'affluenza ognor crescente di insorti verso la Città.
La decisione dell'assedio regolare fu definitivamente presa alla metà di ottobre, ed il 29 dicembre 1806 il Generale Verdier riceveva l'ordine di mettersi in marcia per tentare la espugnazione di Amantea. Le truppe di cui avrebbe potuto disporre ammontavano ad un totale di circa 3600 uomini, con artiglieria e materiale di assedio. Erano con lui parecchi ingegneri napoletani, i due capitani Cosenz e Rossi, il Capitano di Gendarmeria Gasparre Cozza ed il Colonnello Luigi Amato addetto al Comando.
Verso la fine dell'anno 1806 avveniva un cambiamento nel Comando Francese in Calabria: il Maresciallo Massena, destinato dall'Imperatore a più alte funzioni, abbandonava la Calabria partendo il 12 dicembre da Monteleone e lasciava il supremo comando del corpo di spedizione al Reynier.
Allora Reynier rivolse tutto il suo pensiero allo assedio di Amantea. Le operazioni dell'assedio regolare cominciarono il 30 gennaio 1807 e dopo 37 giorni di eroica resistenza e fulgidi esempii di eroismo da parte dei difensori, guidati da Roberto Mirabelli, Amantea si arrese con gli onori delle armi; il prode Mirabelli, che era stato l'anima della eroica difesa, ebbe libera via per recarsi in Sicilia.
In Corografia dell'Italia (1832) così viene descritto il comune:
AMANTEA, picciola città del regno delle Due Sicilie, nella settent. Calabria, in riva al mare Tirreno, presso la foce del Catacastro, È cinta di mura, e pel suo castello è giudicata piazza forte di quinta classe. Resistette essa in fatti alle armi di Carlo VII e di Lodovico XII, re di Francia, a favore degli Aragonesi. Nel 1806 ai 24 agosto venne occupata dagli insorgenti Calabresi, i quali in malo modo la saccheggiarono, ed in varie parti vi appiccarono il fuoco. La città poi sostenne contro i Francesi un ostinatissimo assedio. Conta quasi settemila abitanti, ed il suo territorio è un continuato bosco di ulivi, di agrumi e di ogni sorta di piante fruttifere vi sono altresì fonti d' acque termali molto salutari. Il suo picciol porto è sicuro per le navi di media portata, ma di difficile entrata in tempi procellosi. Sta 15 miglia a libeccio da Cossenza e 12 ad ostro da Paola. Da taluni credesi che sia la Nepesia di Strabone. Long. 13° 54'; lat. 39° 10'.






