GUIDA Carnevale in Italia
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*Carnevale Bagoss - '''[[Bagolino|Bagolino (Brescia, Lombardia)]]''': romanticismo e buffoneria si fondono in questo evento, imperniato sulle aristocratiche note della “Compagnia dei ''balarì''”, giovani virtuosi del canto e della danza. Agghindati con pizzi e velluti e coperti da maschere veneziane, rinverdiscono motivi rinascimentali, che facevano parte dei rituali di corteggiamento. Accanto alle serenate, non disdegnano le segnàcole (mimica delle mani) sarcastiche, cui fa seguito il conclusivo ballo in cerchio dell’Ariosa. | *Carnevale Bagoss - '''[[Bagolino|Bagolino (Brescia, Lombardia)]]''': romanticismo e buffoneria si fondono in questo evento, imperniato sulle aristocratiche note della “Compagnia dei ''balarì''”, giovani virtuosi del canto e della danza. Agghindati con pizzi e velluti e coperti da maschere veneziane, rinverdiscono motivi rinascimentali, che facevano parte dei rituali di corteggiamento. Accanto alle serenate, non disdegnano le segnàcole (mimica delle mani) sarcastiche, cui fa seguito il conclusivo ballo in cerchio dell’Ariosa. | ||
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| + | *Carnevale dei Belli e dei Brutti - '''[[Schignano|Schignano (Como, Lombardia)]]''': la curiosa distinzione del corteo si traduce nel diverso abbigliamento adottato dai due gruppi. I primi più raffinati e colorati nei loro pantaloni alla zuava e nei pittoreschi copricapi di carta; più poveri e trasandati nelle vesti i secondi, che con i loro tratti demoniaci e la loro gestualità minacciosa atterriscono il pubblico. Ad essi si affiancano maschere tradizionali come quella del sapör (i cui tratti contadini rimandano ai primi abitanti della valle) e della ciocia (un uomo travestito da vecchia). Tutti alla fine si ritrovano a compiangere la morte di Carnevale, rappresentato nella fattispecie dal fantoccio Carlisepp. | ||
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| + | *Carnevale del Povero Piero - '''[[Trezzo sull'Adda|Trezzo sull'Adda (Milano, Lombardia)]]''': la suggestiva cornice del Castello Sforzesco fa da sfondo alla processione in maschera che accompagna il Povero Piero (il classico fantoccio impagliato) verso il rogo sacrificale, allestito su una piattaforma sospesa sulle acque del fiume Adda e con cui si simboleggia la fine dell’inverno. | ||
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| + | *'''[[Laveno-Mombello|Laveno-Mombello (Varese, Lombardia)]]''': sulle sonde del Lago Maggiore prende vita, il sabato pomeriggio, una variopinta rassegna di carri ispirati a fatti e personaggi di bruciante attualità. | ||
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| + | *'''[[San Giovanni Bianco|San Giovanni Bianco (Bergamo, Lombardia)]]''': nella terra che secondo la tradizione ha dato i natali alla popolarissima maschera di Arlecchino, si inizia a festeggiare la domenica con l’Arlecchinata e si finisce il martedì grasso con la messa al rogo del coloratissimo personaggio. | ||
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| + | *'''[[Ivrea|Ivrea (Torino, Piemonte)]]''': annoverato tra i carnevali di maggior rilevanza mediatica, ha la sua fase culminante nella famosissima “battaglia delle arance”. Dal lontano 1808 gli eporediesi, divisi in gruppi, a piedi o sul carri, si sfidano per tre giorni (domenica, lunedì e martedì) a colpi di agrumi, nel ricordo delle sommosse popolari del periodo napoleonico. Alla medesima epoca si ricollegano i momenti topici della festa, oscillanti tra rappresentazione storica e evocazioni leggendarie: la sfilata del Generale e del Suo stato Maggiore, l’apparizione della Mugnaia (eroina locale e figura centrale del rituale) e la cerimonia della Preda in Dora (nel corso della quale il Podestà getta una pietra di Borgo Castellazzo, quale monito contro la tirannia). | ||
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| + | *'''[[Biella|Biella (Piemonte)]]''': protagonista assoluto è il Babi, un uomo travestito da rospo che per aver insidiato Catlina, moglie del Gipin, viene mandato al rogo, non prima di aver declamato urbi et orbi vizi e misfatti della comunità biellese. | ||
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| + | *'''[[Castellamonte|Castellamonte (Torino, Piemonte)]]''': la più antica testimonianza di questo carnevale è datata intorno al 1360. Il cerimoniale rievoca la distruzione dello storico castello, chiamando in causa più di duecento attori (tra cui le Sette Dame velate di nero, in rappresentanza di altrettanti rioni della città) e decine di carri sarcastici. | ||
Versione delle 18:40, 21 gen 2008
- Castelnovo di Sotto (Reggio Emilia, Emilia Romagna): Un carnevale, tra i più importanti dell'hinterland reggiano, interamente fatto in casa, durante il quale rinverdisce la secolare arte locale di creare maschere e pupazzi, fiorita nel XVIII secolo. La festa si conclude con la cosiddetta Borsa nazionale della maschera usata, mercatino riservato ad associazioni e organizzatori di corsi mascherati.
- Cento (Ferrara, Emilia Romagna): Tra i più fastosi ed antichi del panorama europeo, sicuramente il più trasgressivo in assoluto, prova ne è il fatto che è il solo ad essere gemellato con quello di Rio de Janeiro. Ricordato in alcuni dipinti del Guercino, la sua marcata impronta popolare si evince particolarmente nel rito del Testamento di Tasi, che ripropone lo stile antico dei testamenti di personaggi, vittime sacrificali del carnevale. Un fantoccio di paglia, con indosso un mantello nero, bersagliato da una salve di invettive e insulti da parte dei suoi concittadini, legge il suo testamento ricalcando lo stile della Zirudella, un componimento vernacolare rimato, dove si sottolineano ironicamente vizi e peccati locali. Il cerimoniale termina con l’esecuzione del fantoccio, dato in pasto alle fiamme tra fuochi d’artificio e balli.
- Modena (Emilia Romagna): Ad animare le strade di giovedì grasso vi sono carri allegorici e maschere colorate, tra cui quella modenese doc di Sandrone (contadino rozzo, ma nel contempo furbo e scaltro). In esso si identifica il popolo più umile, che cerca di sopravvivere ricorrendo alle astuzie più disparate. Il carnevale per i modenesi coincide con l’arrivo alla stazione ferroviaria della città della Famiglia Pavironica, cioè di Sandrone, della moglie Pulonia e del figlio Sgorghiguelo. Da qui muove il corteo che si conclude in piazza Grande con lo sproloquio di Sandrone dal balcone del Palazzo Municipale.
- San Giovanni in Persiceto (Bologna, Emilia Romagna): momento centrale della festa è lo “spillo”, ossia la trasformazione allegorica del carro, addobbato come un gigantesco Uovo di Pasqua, che nasconde la sorpresa, cioè il messaggio allegorico. Immutato da cent’anni il rituale, che si apre con il Discorso della Corona che Re Bertoldo pronuncia dal balcone del palazzo comunale, affiancato dal Principe Bertoldino e dalla consorte Marcolfa. A questo punto, preceduto da un gruppo di ballerini, entrano in scena i carri che svela il loro contenuto allegorico. Al vincitore viene assegnato il Gonfalone, su cui è ritratto Bertoldino spinto da un asino, insieme a una bandiera bianca simbolo di vittoria.
- Carnevale di San Grugnone - Conselice (Ravenna, Emilia Romagna): dal lontano 1919 per i conselicesi il mercoledì delle Ceneri coincide con il giorno di San Grugnone, un santo speciale che un gruppo di burloni inventò dal nulla per prolungare i bagordi carnevaleschi e che chiamò così alludendo alla smorfia di disapprovazione (grugno) per lo spirito astinente e penitenziale della Quaresima. Il rituale fu definito da un tale ragionier Buzzetti, che trasformò Conseline nello Stato di Boystenland, la cui corte reale, scortata da carri allegorici, fa tappa in tutte le Colonie (corrispondenti alle frazioni) fermandosi a degustare sfrappole e zuccherini, offerti insieme con il vino dai sudditi. Un evento bissato la seconda domenica di Quaresima.
- Festa della Zobia - Fiorenzuola d'Arda (Piacenza, Emilia Romagna: trae origine da un’antica festa del XVI secolo, dal profondo e per certi versi controverso significato storico. Tra i colori e i suoni dei carri allegorici si aggira la Zobia, una strega dispettosa che si diverte a fare il verso alle altre maschere del corteo. Un evento noto da diverso tempo come Palio della Zobia, nel corso del quale si premia il carro più originale.
- Lo Sballo in Maschera - Busseto (Parma, Emilia Romagna): le sue radici ottocentesche risaltano oltre che nelle maschere, soprattutto nei piatti tipici che portano nomi ispirate alle opere del grande compositore Giuseppe Verdi, nativo del posto.
- Muggia (Trieste, Friuli Venezia Giulia): un’intera settimana di festeggiamenti. Si aprono le danze il giovedì grasso con il “Ballo della verdura” e con l’arrivo nel porto della Serenissima, la storica imbarcazione della Repubblica di Venezia. Dopo la sfilata in maschera tutta al femminile del venerdì e quella dei carri allegorici della domenica, si riprende il lunedì con la questua delle uova con le quali si prepara un’enorme frittata di pancetta e cipolla. Chiusura il mercoledì delle Ceneri con la morte di Carnevale, annegato in mare e successivamente arso sul rogo.
- Resia (Udine, Friuli Venezia Giulia): la melodia di strumenti tradizionali come le zitire (sorta di violini) e le buncule (violoncelli a tre corde) accompagna il rogo di Babac, fantoccio che impersona il Carnevale.
- Sauris (Udine, Friuli Venezia Giulia): a sfilare per le vie del centro storico, illuminate dalla suggestiva luce delle lanterne, è un corteo di maschere di legno, capeggiato da Rolar (demone, con il volto annerito dalla fuliggine) e da Kheirar (re delle maschere, dalle vesti lacere, che con una scopa bussa alle porte delle abitazioni).
- Carneval Vecc - Grosio (Sondrio, Lombardia): forme ed usanze dell’antica civiltà contadina valtellinese rivivono in questo carnevale, tra i più rinomati della regione. Le maschere, tramandate di padre in figlio da generazioni, esprimono, insieme con il rituale, la contrapposizione tra la licenziosità del Carnevale, identificato in un montanaro grasso e allegro, e la continenza della Quaresima, impersonata da una vecchia raggrinzita recante un cesto vuoto. Attorno ad essi agiscono personaggi come il Paralitico beffardo, il pagliaccio burlone Toni, l’Orso selvatico trattenuto dall’Ammaestratore (che nell’immaginario contadino simboleggia il tentativo dell’uomo di arginare la natura selvaggia) e la Bernarda, la prediletta dai grosini, che rappresenta un uomo travestito da poppante che spruzza il pubblico con il suo biberon ripieno di vino.
- Carneval di Mat - Bormio (Sondrio, Lombardia): passato alla storia per i suoi eccessi e la sua durata, questa festa, di quattrocentesca memoria, dopo un silenzio di anni è stata ripresa nella sua forma originaria, seppur depurata dei suoi tratti più smodati. I mat sono i giovani del paese che ogni anno designano un Podestà che per un giorno si sostituisce al Sindaco, mentre, nella piazza del Kuerc, Arlecchino si fa portavoce delle lagnanze del popolo.
- Castel Goffredo (Mantova, Lombardia): il carnevale più rappresentativo del mantovano ha il suo momento clou nel “venerdì gnoccolaro”, nel corso del quale la Corte dei Gonzaga incorona con il titolo di Re Gnocco, colui che ha eccelso per voracità durante la gnoccolata.
- Pescarolo ed Uniti (Cremona, Lombardia): correva l’anno 1630 quando per la prima volta i pescarolesi innalzarono un falò per salutare lo scampato pericolo dal contagio della peste.
- Carnevale Ambrosiano - Lecco (Lombardia): una parata in costume dai preziosi contenuti storici quella capeggiata da Re Resegone e Regina Grigna, i quali trasportati per la città da una carrozza d’epoca, ne prendono possesso per un giorno. Appuntamento in Piazza XX Settembre per l’ultimo atto del carnevale e per la premiazione dei carri più riusciti.
- Carnevale Bagoss - Bagolino (Brescia, Lombardia): romanticismo e buffoneria si fondono in questo evento, imperniato sulle aristocratiche note della “Compagnia dei balarì”, giovani virtuosi del canto e della danza. Agghindati con pizzi e velluti e coperti da maschere veneziane, rinverdiscono motivi rinascimentali, che facevano parte dei rituali di corteggiamento. Accanto alle serenate, non disdegnano le segnàcole (mimica delle mani) sarcastiche, cui fa seguito il conclusivo ballo in cerchio dell’Ariosa.
- Carnevale dei Belli e dei Brutti - Schignano (Como, Lombardia): la curiosa distinzione del corteo si traduce nel diverso abbigliamento adottato dai due gruppi. I primi più raffinati e colorati nei loro pantaloni alla zuava e nei pittoreschi copricapi di carta; più poveri e trasandati nelle vesti i secondi, che con i loro tratti demoniaci e la loro gestualità minacciosa atterriscono il pubblico. Ad essi si affiancano maschere tradizionali come quella del sapör (i cui tratti contadini rimandano ai primi abitanti della valle) e della ciocia (un uomo travestito da vecchia). Tutti alla fine si ritrovano a compiangere la morte di Carnevale, rappresentato nella fattispecie dal fantoccio Carlisepp.
- Carnevale del Povero Piero - Trezzo sull'Adda (Milano, Lombardia): la suggestiva cornice del Castello Sforzesco fa da sfondo alla processione in maschera che accompagna il Povero Piero (il classico fantoccio impagliato) verso il rogo sacrificale, allestito su una piattaforma sospesa sulle acque del fiume Adda e con cui si simboleggia la fine dell’inverno.
- Laveno-Mombello (Varese, Lombardia): sulle sonde del Lago Maggiore prende vita, il sabato pomeriggio, una variopinta rassegna di carri ispirati a fatti e personaggi di bruciante attualità.
- San Giovanni Bianco (Bergamo, Lombardia): nella terra che secondo la tradizione ha dato i natali alla popolarissima maschera di Arlecchino, si inizia a festeggiare la domenica con l’Arlecchinata e si finisce il martedì grasso con la messa al rogo del coloratissimo personaggio.
- Ivrea (Torino, Piemonte): annoverato tra i carnevali di maggior rilevanza mediatica, ha la sua fase culminante nella famosissima “battaglia delle arance”. Dal lontano 1808 gli eporediesi, divisi in gruppi, a piedi o sul carri, si sfidano per tre giorni (domenica, lunedì e martedì) a colpi di agrumi, nel ricordo delle sommosse popolari del periodo napoleonico. Alla medesima epoca si ricollegano i momenti topici della festa, oscillanti tra rappresentazione storica e evocazioni leggendarie: la sfilata del Generale e del Suo stato Maggiore, l’apparizione della Mugnaia (eroina locale e figura centrale del rituale) e la cerimonia della Preda in Dora (nel corso della quale il Podestà getta una pietra di Borgo Castellazzo, quale monito contro la tirannia).
- Biella (Piemonte): protagonista assoluto è il Babi, un uomo travestito da rospo che per aver insidiato Catlina, moglie del Gipin, viene mandato al rogo, non prima di aver declamato urbi et orbi vizi e misfatti della comunità biellese.
- Castellamonte (Torino, Piemonte): la più antica testimonianza di questo carnevale è datata intorno al 1360. Il cerimoniale rievoca la distruzione dello storico castello, chiamando in causa più di duecento attori (tra cui le Sette Dame velate di nero, in rappresentanza di altrettanti rioni della città) e decine di carri sarcastici.






