GUIDA  Santa Maria di Licodia

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Foto Santa Maria di Licodia:
2012, 2009, 2008

Santa Maria di Licodia è un comune di 6757 abitanti, situato nella Sicilia Orientale, facente parte della Provincia di Catania e dell'Arcidiocesi di Catania. Il comune sorge a 442 metri s.l.m. sul versante sud occidentale dell'Etna, circondato da lussoreggianti campagne coltivate ad agrumeti, uliveti e vigneti. Il comune fa parte del Parco dell'Etna. e confina con i comuni di: Paternò, Ragalna e Biancavilla. Dista circa venticinque chilometri da Catania.

Etimologia
Il nome Licodia deriva dal greco e vuol dire lupo o terra dei lupi. Secondo altre opinioni significherebbe bella vista, bella veduta o bosco. In epoca saracena sorgeva una chiesa dedicata alla Madre di Dio e qui il conte Simone di Policastro volle edificare un monastero che fu donato insieme alle terre ad esso adiacenti (con diploma datato 6 agosto 1143) al monaco Geremia Cassinese di Sant'Agata. Nel diploma di concessione era indicato l’obbligo di rendere tali terre fruttuose. Al fine di adempiere a tale obbligo, il monaco donò, a coloro che ne facevano richiesta, un piccolo appezzamento di terra da coltivare ed un piccolo spazio nelle adiacenze del monastero per costruirvi un abitazione.
Così sorsero le prime abitazioni in quella parte della città denominata Caselle dove ancora oggi è possibile trovare qualche rudere risalente a quell’epoca. Dunque l’antica Inessa, poi Etna, venne riedificata e dal nome del Monastero di Santa Maria e da quello della contrada Licodia, si chiamò Santa Maria di Licodia.

Indice

Cultura e Luoghi di interesse

La Chiesa Madre SS. Crocifisso

La Chiesa Madre di Santa Maria di Licodia, è l’edificio più significativo della storia licodiese.
Facciata della Chiesa Madre di Santa Maria di Licodia
Essa è discendente diretta dell’Abbazia Benedettina, e benché durante gli anni il vasto patrimonio artistico e architettonico è stato purtroppo mutilato, racchiude tra le sue mura, testimonianze del fasto e del prestigio che detta Abbazia ricoprì nella storia siciliana. Il diploma di Fondazione del 1143 assegna la chiesa al periodo romanico. L’unica testimonianza artistica risalente a questo periodo è la Torre campanaria. L’edificio sacro, dedicato a Santa Maria, subì durante i secoli, modifiche ed ampliamenti, in proporzione alle esigenze dei Padri e al crescente numero degli abitanti del villaggio.
La navata principale con l'altare maggiore in marmi policromi del secolo XVIII. Sull'altare la grande tela di Giuseppe Rapisardi del 1841, raffigurante la Sacra Famiglia
Nel 1205, il vescovo Ruggero dichiarava la chiesa Sacramentale. Durante il piano di rinnovamento urbano effettuato nei primi del sec. XIV, dall’abate Jacopo De Sorris, l’edificio subì certamente delle modifiche. Gli abati che si susseguirono negli anni certamente si prodigarono all’accrescimento artistico dell’edificio, con l’aggiunta di opere d’arte.

Nel 1734, la Confraternita del Santissimo Sacramento e delle Anime Purganti, per venire incontro alle esigenze cultuali della popolazione, eresse la Chiesa dedicata al Santissimo Crocifisso o Santissimo Salvatore, affiancata alla chiesa monastica, provvista di sacello per le sepolture. Questa divenne parrocchia nel 1754 e tra il 1831 e il 1856 la venne ingrandita. Durante il secolo XIX, a seguito di un progetto che prevedeva un disegno architettonico unitario per la piazza, il disegno di una facciata unica per le due chiese, fu realizzata l’attuale facciata neoclassica, tra il 1855 e il 1856. Nel 1919 in vista dell’aumento della popolazione, si decise di unire le due chiese, mediante l’apertura di tre archi nel muro mediano, che comportò però, la perdita di alcuni altari nelle rispettive navate. Nacque così una tipologia unica per le chiese, le due navate. Il patrimonio artistico della chiesa comprende una degna quantità di tele sculture e arredi liturgici, databili dal secolo XIII al secolo XVIII. Tra le opere pittoriche sono degne di ammirazione la Sacra Famiglia di Giuseppe Rapisardi del 1841, la Madonna Assunta di ignoto autore del secolo XVIII e San Leone di Matteo Desiderato. Le opere lignee da attenzionare sono il Crocifisso del secolo XIII, Santa Gertrude del 1350, San Giuseppe (Patrono del Comune) del secolo XVII, San Benedetto del secolo XVII, l’Immacolata di Francesco Lo Turco del 1753 e San Luigi del secolo XVIII.

La Torre campanaria

Facciata ovest della torre Arabo-Normanna, risalente al 1143
Simbolo del comune, la Torre Campanaria, coronata da merli è un opera che risale al 1143. Lo stile è quello di transizione dal romanico al gotico. La pianta è quadrata e la facciata principale è rivolta ad oriente. Le bifore rivolte a ovest, hanno gli archetti con l’intradosso a tutto sesto, e l’estradosso a sesto acuto, decorato con motivi ornamentali e animali di stile romanico. Notevole è l’effetto decorativo della loggia superiore, dato dal contrasto tra la pietra lavica scura e la bianca pietra calcarea. Al pian terreno dell’edificio si osservano tracce della medioevale cappella di San Leone, antico luogo di sepoltura dei monaci.

La fontana del Cherubino

La Fontana del Cherubino, chiamata popolarmente “‘a funtana”, si trova a valle dell’abitato, sotto una rupe basaltica.
La storica ed artistica Fontana del Cherubino del 1757.
Esisteva già precedentemente una fonte nel periodo Aragonese, alimentata dalla sorgente naturale. L’attuale struttura è del 1757 da come si legge dalla data incisa su una lastra di pietra lavica posta al centro.

La struttura architettonica, dalle aggraziate forme barocche, si presenta sobria e armoniosa. L’acqua scaturisce dalle bocche di dieci mascheroni in pietra lavica, posti sotto una fila di archetti cechi posti a guisa di loggia, poggianti su delle colonnine sagomate in pietra calcarea. La struttura, di forma longitudinale, è aggraziata da un acroterio centrale su cui poggiava un tempo lo stemma bazziale.

Il palazzo municipale

L'arco lavico e la loggia centrale del palazzo.
Di origini medioevali, più volte ampliato ed trasformato durante i secoli, l’edificio aveva funzione di rappresentanza, in questo corpo di fabbrica prospiciente sul piano centrale ed affiancato alla chiesa monastica, risiedeva infatti l’abate. L’attuale edificio risale al 1646, come è riportato sulla facciata, a metà ottocento, vennero però apportate delle modifiche al prospetto. A seguito della scorporazione di beni ecclesiastici, nel 1860, fu adattato a sede municipale.

L’arco in pietra lavica del XII secolo, cavalca via che consente il passaggio in piazza, dal “piano della Badia” attuale piazza Madonna delle Grazie, è il fulcro del prospetto, ed è sovrastato da barocco balcone principale, in pietra bianca. Testimonianze dell’epoca medioevale e delle sovrapposizioni architettoniche dei vari secoli, si notano nella prima sezione della facciata, dove si apre il varco di accesso all’edificio. Il pian terreno è arricchito dalla presenza di elementi gotici e romanici.


Beni Archeologici, archittettonici e naturalistici

  • La zona archeologica in contrada Civita, dove si riscontrano i reperti dell’antica città greco romana di Inessa, nonché i numerosi resti dell’acquedotto che portava l’acqua da Licodia a Catania.
  • Le Tre Cisterne in contrada Cavaliere, di origine romana, adoperate per l’abbeveraggio dei capi in transito per le zone. Citate nel diploma normanno del 1143.
  • La leggendaria “Petra Pirciata”, citata anch’essa nel diploma di Fondazione del 1143. secondo la leggenda la roccia venne forata dal dito del ciclope Carlapone.
  • La Casina del Cavaliere, nella contrada omonima, edificio del secolo XIII, eretto dai Padri Benedettini come residenza estiva per l’ordine. Subì nei secoli vari rimaneggiamenti e cambiò più volte funzione, fino a giungere all’attuale adattamento in ristorante, che ne ha permesso tuttavia la conservazione. Federico de Roberto nel romanzo “I viceré” cita questo luogo.
  • Gli Ulivi millenari,
    Gli ulivi millenari
    nella piazza omonima. Secondo la relazione della Commissione dell’Accademia delle Scienze di Berlino, venuta in Sicilia per lo studio dell’Etna nel 1840, e preseduta dal Barone Walterschausen, essi furono considerati dell’età di 25 secoli. Se il calcolo risultasse veritiero, essi sarebbero i più antichi di Sicilia. Di questo ne da testimonianza storica Cicerone, nel libro III delle Verrine.
  • Tra gli edifici del paese, spiccano principalmente i palazzi Ardizzone, e Bruno, rispettivamente dei secoli XVIII e XIX. Inoltre è possibile ammirare notevoli e delicati prospetti liberty sulla via Vittorio Emanuele e tra le strade del centro storico. Va menzionato anche lo storico altarino del Purrazzaro, per le sue elaborate forme barocchegianti. Per una ristorante passeggiata sono consigliate la villa Comunale Belvedere, da cui si gode un magnifico panorama, e la Villa delle Consuetudini.

Festa Patronale

I solenni festeggiamenti, che la città di Santa Maria di Licodia tributa in onore al Patrono San Giuseppe, vengono celebrati l’ultimo sabato domenica e lunedì del mese di agosto, dal lontano 1876, benché la festa tragga le sue origini nel secolo XVI, in quell’anno il Beato Giuseppe Benedetto Dusmet, decise di collocare i festeggiamenti nel mese di Agosto, in concomitanza con la festa del Comune.

Per i cittadini licodiesi è la ricorrenza annuale più sentita e partecipata.
La trionfale uscita del fercolo del Patrono San Giuseppe, l'ultima domenica di Agosto.

L’ultima domenica di luglio lo sparo di mortaretti e il suono della banda, annunciano il preminente inizio delle celebrazioni. L’effettivo inizio della festa si ha il mercoledì precedente l’ultima domenica con l’inizio del solenne triduo in preparazione in Chiesa Madre. Il primo dei momenti più attesi è la svelata del simulacro, detta in gergo locale “a sbarrata di San Giuseppi”. Nella serata del sabato, dopo la messa nella chiesa della Consolazione e la processione delle confraternite e associazioni locali, nella chiesa Madre gremita, i fedeli assistono alla commovente elevazione del simulacro, che attraverso un argano, sale lentamente da dietro l’altare, accolto dai VIVA SAN GIUSEPPE, dagli applausi, dal suono dell’organo, delle campane e della banda e dallo sparo di fuochi d’artificio. Segue la Cantata dei devoti in onore al Patrono. La domenica è l’apice dei festeggiamenti. Dopo la messa solenne delle nove, tutto si mobilita per la trionfale uscita, il prezioso fercolo settecentesco, “a’vara”, viene portato all’altare maggiore, da qui il Santo scende, e il grido “E GRIDAMU TUTTI VIVA! VIVA SAN GIUSEPPI!” rimbomba tra le navate della chiesa. Quando il Santo è già ancorato al fercolo si passa alla cerimonia della vestizione, nella quale i preziosi che i devoti offrono al Patrono vengono sistemati sul simulacro. Quando anche questa finisce, il capo fercolo “u mastru di vara” suona la campanella che da inizio alla processione. Il fercolo è accolto dalla piazza gremita dai viva, dagli applausi, dalla musica dal lancio di volantini, “zaareddi”, dalla interminabile moschetteria e da una tempesta di fuochi d’artificio. Quando lo spettacolo finisce, il popolo devoto saluta il proprio Protettore con la Cantata , a questa segue la benedizione e la distribuzione del pane di San Giuseppe, simbolo della Divina Provvidenza, che i devoti si contendono a gran fatica. La processione si snoda per le vie del centro, adornate dalle caratteristiche bandiere ocra e blu, accolta dai devoti, che elargiscono offerte e doni a San Giuseppe. La vara è tirata mediante il cordone da bambini, giovani, adulti,e anziani, tutti uniti nel nome di Giuseppe. Momento particolare della processione e la corsa nella ripidissima “cchianata de Caseddi”, qui i devoti si cimentano, in una faticosa impresa, per percorrere di corsa la salita, che data la difficoltà del percorso viene effettuata in tre riprese. L’arrivo sotto la piazza è trionfalmente accolto dai numerosi spettatori e dai fuochi. La processione continua per i quartieri della Matrice. Nell’antico rione Pepe, avviene la benedizione dei bambini, che offrono al Santo il giglio. La serata della domenica è conclusa dal Pontificale e dallo spettacolo di musica leggera. La giornata del lunedì è aperta dai colpi di cannone, e la mattinata è allietata dalle note del corpo bandistico per le vie della cittadina. La sera dopo la messa vespertina avviene la seconda uscita del fercolo. La lunga processione, coinvolge quasi tutti i quartieri del paese. Frequenti sono le soste del fercolo per le offerte di cacciagione, frutta, pane e qualsiasi altro prodotto, che verrà conteso all’asta quando la processione avrà fine. Momenti salienti della processione serale del lunedì sono gli omaggi dei vigili urbani, dell’arma dei carabinieri e della parrocchia della Madonna del Carmelo, dove al passaggio della processione si ripete la cantata. Attesissima la “Calata dell’Angelo”, al quartiere dei Larghi. Nella sua parte conclusiva la processione percorre tutta la via principale, e arriva nella piazza gremita di fedeli e devoti che aspettano l’asta, durante la quale vengono contesi i doni che la cittadinanza ha offerto al Patrono. Al termine dell’asta il fercolo rientra in chiesa, e tra i viva incessanti dei devoti il simulacro di San Giuseppe viene prelevato dal fercolo e deposto e velato nella Cameretta che lo custodisce durante l’anno. In tarda nottata un grandioso spettacolo pirotecnico chiude i festeggiamenti in onore al Sommo Patriarca.

Biblioteche

  • Biblioteca Comunale Luigi Sturzo, Via Vittorio Emanuele 305

Luoghi Ricreativi e Sportivi

  • Cine Teatro San Giuseppe, Via Regina Margherita 2
  • Piscina-Palestra "Euphemius", Via Aldo Moro
  • Campo Sportivo "San Pio X", Via Livorno
  • Vicaria Curata Maria SS. Immacolata, Strada Chiesa 2, Cda Cavaliere (Luogo ideale per ritiri e campeggi di gruppi, efficacemente attrezzato per soggiorni)

Volontariato, Onlus e Associazioni

  • Associazione Etna Soccorso Volontariato Protezione Civile, Via Ameglio 101
  • Fraternitadi Misericordia, via Madonna Del Carmelo 20
  • Associazione Musicale "G. Pacini", Piazza Umberto I.

Informazioni Utili

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Bibliografia

  • G. Ambra, Santa Maria di Licodia - Guida storico turistica, Edizioni Aesse

Collegamenti esterni