30 Ottobre 2008

Castelnuovo: La leggenda di Mussiè Mulà

di Enrica Orlando (Blog Rocchetta a Volturno. Racconti di Viaggio)

La Capanna di Moulin

La Capanna di Moulin

Un bar può significare tante cose.
Può essere il posto dove lavori, dove hai conosciuto o fantasticato di conoscere qualcuno. Può essere il posto dove andavi la domenica a comprare il gelato o il posto dove non sei mai entrato perché è talmente sofisticato da metterti a disagio. Poi c’è il bar in paese, quello piccolo all’angolo della piazza, dove tutti si conoscono e qualche volta c’è anche un juke box. Questo è quello che preferisci perché molto spesso nasconde delle storie o delle leggende e in questo caso diventa il bar dove non puoi proprio evitare di andare; anche se il paese dove si trova è un po’ lontano da casa tua, non ci sei mai stato e probabilmente dovrai indossare un giubbino anche se è agosto, perché Castelnuovo, nel comune di Rocchetta al Volturno, si trova nella parte alta della Valle del Volturno, proprio ai piedi del Monte Marrone, in una posizione che non avresti mai pensato possibile. Scesa dall’auto, nella piazza, ci sei tu, un vento fresco e tre anziani seduti su una panca. Alle spalle dei tre uomini, davanti ai tuoi occhi, il bar in questione, il bar della leggenda.

Mi avvicino “Sono qui i quadri del signor Moulin?”
Contro domanda “Di chi?” chiede il primo.
“Ma lei è forestiera signurì?” devia il terzo in ordine di panca.
“Bhè io..no, no..”
“Ma chi cercate?” seconda contro domanda del primo.
“Mussiè Mulà” incalza il secondo.

Alt. Ci siamo. I quadri di Mussiè Mulà. E’ stato un mio errore di comunicazione. In qualsiasi altro posto del mondo, l’uomo nato a Lille nel 1869, che ha vissuto da eremita sul Monte Marrone, solo, in una capanna costruita con le sue mani, coperto di pochi stracci e tanta barba, è Charles Moulin. Quando si varca la soglia di Castelnuovo, invece, Charles Moulin scompare e lascia il posto a un Monsieur, non a un Monsieur qualunque ma a un rispettato amico, dal nome cordialmente dialettizzato: Mussiè Mulà.

Erano i primi anni del Novecento quando la leggenda ebbe inizio. Da allora è passato decisamente molto tempo e, secondo le voci dei tre uomini della panca, i quadri non sono più al bar, ma chissà dove: fine delle informazioni.

Questo è esattamente il punto della ricerca che potrebbe definirsi morto. La prima mossa, in ogni caso, è rientrare in auto, dato che il vento è anche più fresco del previsto. Senza pensarci troppo, la direzione diventa il Monte Marrone, raggiungibile attraverso la stradina in salita, affiancata da un panorama naturale, boschivo, verde e silenzioso. Un panorama che fa parte del Parco Nazionale d’Abruzzo, un panorama incontaminato. Non c’è nessuno. Le ultime persone che hai visto erano al paese e ti hanno salutato, come se ti conoscessero o stessero aspettando proprio te. Lungo la strada, solo alberi e un cielo un po’ malinconico. Un silenzio che tranquillizza ogni inquietudine, come fosse l’oracolo conoscitore del mistero di Mussiè Mulà; come se fosse l’unico conoscitore della risposta alla domanda: perché un pittore francese, di grande talento e successo, si è ritirato tra i monti molisani?

La passeggiata in auto deve terminare in un punto preciso, dove non c’è più strada asfaltata e si può proseguire solo a piedi. Intorno, ancora il nulla. Poco lontano, il Monumento Nazionale delle Regioni d’Italia, dedicato al Corpo Italiano di Liberazione, nato su questi monti nel 1944. Sulla stradina verso il Monumento, compare la stele commemorativa di Giaime Pintor, patriota partigiano morto sul luogo; poco prima, c’è un orto piccolo e un uomo chino sulle piantagioni.

Nuovo tentativo:
“Scusi signore, mi scusi ….”
Un anziano signore, con tanti capelli e due occhi vispi e azzurri come la camicia, si avvicina alla staccionata che mi separa dal suo orto, per ascoltare.
“Cercavo notizie sul pittore..”
“Moulin”
“Eh già” . Ottimo inizio. “Sa dirmi qualcosa?”
“Io ci ho passato una vita insieme.” Così il punto morto della ricerca si è trasformato nel punto di partenza.

L’orto si trova nel punto esatto dove, molti anni prima, sorgeva la casa dove quest’anziano uomo dagli occhi vispi ha vissuto con tutta la famiglia; a quindici anni era già calvo e a quindici anni ha conosciuto Charles Moulin.

L’uomo sembra non conoscere i particolari dei successi del pittore ma è ben convinto di una cosa:
“Era un mago. Con le erbe era un mago. Mi ha fatto ricrescere tutti i capelli, guardi quanti ne ho in testa, guardi…”
Annuisco e accenno un sorriso.
“Ma è vero che il signor Moulin ha esposto a New York?”
“No, no, io non lo so. Io so che a lui non importava dei soldi. Se stava a sentire me, brevettava quell’erba che mi ha fatto ricrescere i capelli e sarebbe diventato miliardario… ma a lui non importava dei soldi.”

Sorrido divertita. La leggenda di quest’uomo francese va oltre le sue abilità pittoriche, trascende ogni aspetto della realtà. Nella bocca di chi lo ha conosciuto, Moulin era un mago, un misterioso uomo che conosceva le erbe e sapeva come trasformarle in miracolosi rimedi. E poi, era anche un pittore.
Moulin ha lavorato con Matisse, in Francia; ha vinto il Gran Pirx de Rome che gli ha permesso di lavorare a Villa Medici e ad Anticoli Corrado, ha esposto a New York e fu presentato fuori concorso alla Mostra del Salone di Parigi. Ma queste sono notizie che ricavo da libri o da internet. Nella bocca di chi lo ha conosciuto, Moulin era un mago che viveva tra i monti, che parlava con gli orsi, che viveva con un serpente. E poi, era anche un pittore.

“Cosa mangiava? Vendeva sempre i quadri per un piatto caldo?” chiedo.
“Bhe no, viveva di decotti. Corteccia d’alberi, foglie, erbe. Cucinava nella capanna che aveva costruito con le sue mani e lì, dipingeva. Solo qualche volta scendeva in paese per un piatto caldo e in cambio regalava i suoi quadri. Ci volevano quattro ore a piedi per raggiungere le prime case. Tutt’ora, la capanna di Moulin è molto difficile da raggiungere; c’è un avvocato, figlio di un vecchio amico di Moulin, che di tanto in tanto va a sistemarla e secondo me ha molti quadri del Mussiè.”

“Lei sa perché Moulin è arrivato qui?”
“Era il 1911. Uno zampognaro aveva raggiunto la Francia partendo proprio da qui, da Castelnuovo. Questa è la patria degli zampognari, lo sapeva? Mussiè Mulà fece un ritratto del giovane e mentre dipingeva, ascoltava. Il giovane suonatore narrava dei suoi monti…”
“…della luce che scendeva sulla sua terra al tramonto e lo faceva con una semplicità nella quale Moulin dovette vedere qualcosa di poetico e intenso. Promise al giovane zampognaro che lo avrebbe raggiunto a breve, e così fece. Non abbandonò più i monti molisani, lì dipinse, visse immerso nel loro silenzio e nei loro colori. Sembrava non aver bisogno d’altro. Si allontanò dalla sua capanna durante la prima guerra mondiale e poi altre volte, per delle esposizioni. Ma la sua vita era lì.”
“Vennero a prenderlo due uomini vestiti bene, dalla città. Lo portarono via, in una casa, e morì. Lui non era fatto per quella vita” continua il mio interlocutore, quasi infastidito “lui voleva stare da solo, tra queste montagne. Doveva stare qui. A lui non importava dei soldi. Doveva vivere qui… ”
“Ma lei sa perché è morto?”
“Doveva restare qui,” continua lui, alzando le spalle. “A lui non importava dei soldi. Loro lo hanno lavato, gli hanno tagliato la barba, lo hanno vestito bene… ma lui doveva stare qui.”

Gli occhi vispi che mi raccontano questa storia adesso sono velati da una profondità che prima non avevo notato. Secondo quegli occhi, un uomo come Moulin, tanto poetico da voler vivere circondato solo dalla natura, tanto completo interiormente da bastare a se stesso, o forse tanto incompleto da dover eliminare il mondo per essere felice, un uomo così intenso e libero, non poteva sopravvivere lontano dalla sua capanna, dalla sua libertà, dalla sua scelta.

Forse, il mio anziano interlocutore non conosceva l’arte di Moulin, non sapeva come avesse vissuto prima di raggiungere Castelnuovo. La mia anziana fonte di leggenda sembrava non conoscere neanche Matisse e quindi l’importanza che questi potrebbe aver avuto nella vita di Charles Moulin ma, certamente, aveva capito l’essenza dell’eremita francese fuggito sul Monte Marrone, come in una favola.

A quel punto, diventa chiaro che la ricerca, per il momento, è conclusa. Il mio interlocutore mi saluta senza molte smancerie o sorrisi, ma con molta cordialità.

Ci sono fonti che rivelano che la morte di Moulin avvenne nel 1960 a Villa Pansini, una clinica ad Isernia, dove fu portato direttamente dal Monte Marrone, come raccontava il mio intervistato.
Altre fonti, raccontano che Moulin fuggì, come tutti gli abitanti di Castelnuovo, all’arrivo degli alleati, quindi molto tempo prima del 1960. In ogni caso, le mie ricerche continueranno.

Sulla strada del ritorno, con il sole ormai scomparso, mi ritrovo a fantasticare su possibili viaggi in Francia, a Lille, alla scoperta del mistero di Mulà. Mi chiedo come sia finita davvero l’avventura di quest’uomo. Ma in realtà mi sento già pienamente soddisfatta. I particolari su Charles Moulin devono essere da qualche parte, sicuramente, ma la sua vita, le ragioni della sua esistenza sembrano imprescindibili dalla leggenda, dal racconto paesano che risiede solo a Castelnuovo. Quindi, buona parte della ricerca, è stata fatta.

(Foto di Sergio Verrecchia, per gentile concessione)

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1 commento a “Castelnuovo: La leggenda di Mussiè Mulà”

  1. TONITEX scrive:

    Il 21 Marzo scorso segna 50 anni della morte di Charles Moulin,
    il ricordo di questa mitica figura è ancora molto forte nelle popolazioni locali.

    Sul pianoro della Ferruccia,
    tra Monte Marrone e Monte Mare
    accanto alla faggeta amata da Moulin

    “Quando il sole volge al tramonto e il vento di fine estate ti accarezzerà, se tu avrai la pace nell’animo e la mente libera, allora la natura ti si schiuderà e in tutta la sua essenza inizierà il suo racconto!
    nel momento magico i faggi ti parleranno, la montagna ti ispirerà e il tempo verrà annullato, allora come per incanto ti si avvicinerà il grande artista che ti sorriderà e ti trasmetterà l’essenza della vita!
    Ritornati nella valle e nel caos quotidiano sarai diverso/a e comprenderai tante di quelle cose fino ad ora sconosciute,
    la logica della vita sarà cambiata e l’esperienza ti arricchirà per sempre.
    Ritorna ogni tanto a Monte Marrone e ti ricaricherai!
    la pace diventerà sempre di più tua amica!
    Tonitex

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