Esiste un piccolo paradiso, perso nei boschi della Valle di Zoldo, in provincia di Belluno, dove il tempo sembra essersi fermato. Arrivando qui in una delle poche giornate di sole invernale si può respirare un aria talmente pura e limpida da sentirla bruciare nelle narici. È il villaggio di Colcervèr, nel comune di Forno di Zoldo, 1221 metri sul livello del mare.
E qui il mare non si vede, non si sente nemmeno il suo profumo, tutt’intorno è un susseguirsi di monti, innevati e altissimi, che fanno da cornice a questo angolo del mondo, dove l’aria sa di aghi di pino, legna bruciata nei camini e neve. Se fosse stata estate avremmo potuto bere l’acqua della piccola fontana in centro al paese, ma il freddo ha ghiacciato tutto, formando decorazioni degne dei più grandi scultori.
Il paese sembra uscito da una cartolina e, come in una cartolina, non ci sono anime che si aggirano tra le case. Sarà il freddo, ma l’impressione che abbiamo è che qui abitino in pochi e che quei pochi non amino molto la compagnia di noi stranieri che ci aggiriamo curiosi per le viette del villaggio.
Le case sono in pietra, grige, alcune più grandi altre meno, ma tutte con la stessa anima. Quella di case contandine, costruite da chi, tempo fa, abitava qui e si divideva tra l’accudire gli animali ai pascoli e il lavoro nei prati. Sono tanti i fienili che si vedono costruiti a fianco delle case, quasi appendici che cercano una propria vita, una loro indipendenza e testimonianza della grande attività contandina di questo paese.
Arriviamo sino alla chiesetta costruita tra il 1739 e il 1741, dedicata ai santi Ermagora e Fortunato. Una chiesetta semplice ad un’unica navata. Un altare in legno dipinto. Nulla di più. All’esterno un piccolo campanile che si alza dalla cima del tetto e la sua unica campana. Una chiesetta adatta ad ospitare le poche anime che si ritrovano qui quando vogliono fuggire dalla confusione della città.
Per arrivare quassù dovete attraversare un vecchio sentiero, ora strada asfaltata, che sale a tornanti nel bosco di faggio, partendo da Pralongo. Non fatevi spaventare dalla ripidità. Ne vale la pena. La pace che si vive quassù è il ringraziamento per quel poco di fatica fatta. La serenità che solo la vista di un ambiente ancora così incontaminato riesce a infondere è unica.
Qui le case non hanno cancelli, ma semplici recinzioni in legno, staccionate costruite spesso a mano e con gli scarti della costruzione dei fienili. Servivano a tenere lontane le mucche al pascolo più che a difendere le abitazioni da visitatori non desiderati. Vicino a qualcuna di queste staccionate qualche siepe, ma difficile dire quale fiore daranno a primavera, in questo periodo dell’anno.
Qua e là qualche gallina si aggira nei prati, di giorno, quando la volpe non osa avvicinarsi troppo. Segno che qualcuno qui ci abita o almeno ogni tanto si occupa di loro. La neve copre buona parte dei prati, e quel poco che si vede è ricoperto di vecchie foglie e rami secchi, che si spezzano al nostro passaggio, mentre ci allontaniamo e torniamo verso casa.
(Foto di Piave in Licenza GFDL)
Scrivi un commento
Per inviare un commento devi fare il login.







