16 Novembre 2008

I piccoli paesi cambiano, tutti. Cittiglio non è diverso dagli altri

di Sofia Riccaboni (Blog Cittiglio. Interviste Scrittori)

Siamo stati a Cittiglio, in provincia di Varese, e per avere una lettura vera di questo piccolo paesino che fa parte della comunità montana della Valcuvia, ci siamo fatti accompagnare da Massimo Cassani, giornalista e scrittore, che in questo periodo ha lanciato il suo primo romanzo “Sottotraccia”.

Cittiglio - Sasso del Ferro

Sasso del Ferro - Veduta

Massimo, tu sei cresciuto in questo paesino, dove probabilmente non c’era molto da fare per un ragazzino. Qual è il posto di Cittiglio che più ti è rimasto nel cuore?
Sicuramente i sentieri di montagna lì attorno. Cittiglio è all’imbocco di una piccola valle, la Valcuvia, che gli appassionati lettori di Piero Chiara conoscono bene, incastonata fra la verde catena delle Prealpi lombarde. Non sono montagne molto alte, non sono le Dolomiti, per capirci, ma offrono scorci sui laghi del Varosotto da togliere il fiato. Verde e azzurro che si confondono alla vista senza soluzione di continuità.

Come tutti i paesi, anche Cittiglio, ha subito una mutazione, più o meno profonda, nel corso degli anni. Come vedi questo cambiamento?
Il paese ha subito il medesimo processo di urbanizzazione che ha caratterizzato molte altre zone della Penisola. Negli ultimi anni, poi, sono spuntate case a casette come funghi. Molti dei prati che sembravano parte immutabile e intoccabile del paese oggi non ci sono più. E’ il progresso, baby, verrebbe da dire. E’ inevitabile che si verifichino continue trasformazioni. Ciò che, invece, è imperdonabile è che dagli anni ’60 ad oggi sia mancata la volontà di far mantenere alle architetture delle nuove costruzioni una loro identità in linea con la tradizione. Il problema non è solo quanto si è costruito, ma come si è costruito. E poi sono spariti i maggiolini e le farfalle. Quando ero piccolo io i prati ne erano pieni. Ma temo che non sia solo un problema di Cittiglio, questo.

E se capitasse un turista, qui a Cittiglio, e ti chiedesse un consiglio su cosa vedere, cosa gli diresti?
Se capitasse in estate gli consiglierei di salire in cima al Sasso del Ferro, a piedi o con la funivia che parte dal paese vicino, Laveno, e aspettare la notte per guardare le stelle cadenti. Se dico che da ragazzi era il nostro passatempo preferito, sembra che sono cresciuto nel Dopoguerra?.

Quanto ha influito questo piccolo paese nella tua scelta di diventare scrittore?
Ho sempre molto pudore a utilizzare la parola scrittore. Non basta pubblicare qualche libro per essere considerati, e considerarsi, scrittori. Uno degli autori che più amo, Guido Morselli – di origini bolognesi, ma varesotto d’adozione – in vita non è mai riuscito a pubblicare un romanzo, eppure oggi è considerato, giustamente, uno dei grandi del Novecento. Definizioni a parte, forse la voglia di raccontare storie nasce dal desiderio di andare oltre un confine. E siccome Cittiglio è un piccolo paese, la spinta ad andare oltre ha influito sia sulla mia scelta di trasferirmi, molto giovane, a Milano sia su quella di mettermi a scrivere. Ma questa è solo un’ipotesi un po’, come dire, letteraria. Probabilmente avrei provato a scrivere romanzi anche se fossi nato a Tokio.

In ogni caso le tue radici culturali nascono e crescono qui, in Lombardia. Concordi?
Per me la Lombardia è un semplice perimetro amministrativo, non la vivo come un luogo che esprime una cultura omogenea. Mantova non è Pavia, Varese non è Sondrio. A volte penso addirittura che anche Milano non sia una città, ma la somma di tanti quartieri, di tante zone. Se non ci fosse la metropolitana che collega velocemente le diverse parti della città, questa disomogeneità sarebbe ancora più evidente. La mia nonna materna, in gioventù, per qualche anno, si era trasferita da Cittiglio a Milano, dalle parti delle Varesine, è in tutto quel periodo non è mai andata in piazza Duomo. Piazza Duomo, per lei, faceva parte di un’altra realtà, addirittura di un altro mondo.

Parliamo un pochino del tuo libro “Sottotraccia”. E’ ambientato a Milano. Come mai non hai scelto Cittiglio, il tuo paese natale, come ambientazione della storia?
A Cittiglio sono nato e cresciuto, ma ormai abito a Milano da circa vent’anni. Se penso a una storia, mi viene naturale immaginarla nella realtà in cui vivo. E non solo perché Milano, dal punto di vista della tradizione narrativa gialla, rappresenta per molti un punto di riferimento, Giorgio Scerbanenco docet. Le vicende che cerco di raccontare sono molto calate nella realtà quotidiana. La stessa che vedo ogni giorno. E poi devo confessare che farei molta fatica ha ricreare l’ambiente della mia infanzia e della mia adolescenza senza correre il pericolo di una deriva romantica. A Cittiglio sono ancora molto legato e forse proprio per questo mi mancherebbe quel pizzico di distacco per descrivere i tratti caratterizzanti i luoghi e le persone. Con Milano è diverso. Milano, come probabilmente tutte le grandi città, ha la capacità di farti sentire estraneo e di casa nello stesso istante.

(Foto di nummedal, per gentile concessione)

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