5 Dicembre 2008

Sogno di una notte di mezza primavera…

di Elena Cuomo (Blog Talmassons. Racconti di Viaggio)

Stamattina l’aria è frizzante sembra pizzicarmi il naso e il sole, come fosse un lenzuolo, rimbocca le coperte al freddo asfalto.
Mi guardo in giro sbadigliando e il vento mi accarezza i capelli bagnandoli di rugiada. Da lontano le campane della chiesa battono il settimo rintocco. Così presto… eppure è già così tardi!
Il giorno a Talmassons inizia presto e di sera, sotto la chiara luce delle stelle, la luna accompagna i cittadini stanchi tra le braccia di Morfeo.
Eccomi a metà tra la favola e il sogno, tra le umide bonifiche della pianura friulana. Un’auto marcia sulla strada rompendo il silenzio della natura, non è giusto, questo posto è troppo bello per essere azzannato dalla frenesia della città.

Flambro

Flambro

Rientro in casa e mi preparo per uscire. Scendo le scale come se volassi e saluto mio zio intento nell’orto a raccogliere chicchi d’uva caduti dalle viti.
Prendo la bici e mi avvio verso il paese. La gente qui è molto affabile, mi conoscono da poco eppure quando mi vedono drizzano tutti sulla loro bici per salutarmi. In un baleno sono in piazza, bella, ampia, con un monumento al centro immolato al milite ignoto.
Sulla sinistra c’è il fornaio, l’odore delle pagnotte rinfresca la piazza mentre da lontano il parroco saluta i fedeli della chiesa. Che bella, con il suo massiccio portone e il campanile di fianco. Decido di fare un giro senza meta, giro a destra e inizio la mia passeggiata.
Pochi i negozietti, rare le macchine. Biciclette di ogni tipo sfrecciano per le strade colorando il paese di un arcobaleno di ruote. In un batter d’occhio sono in frazione Flambro.
Ecco la chiesa di Santa Maria Annunziata. Ci sono stata domenica scorsa ad ascoltare la messa. Che bella funzione, il coro cantava a cappella dietro l’altare maggiore, tutti all’unisono senza note stonate. La chiesa sembra guardarmi, la scruto, è di colore chiaro e ha un timpano sormontato da una piccola croce.

Spingo i pedali della bici e continuo serena il mio viaggio nel paese senza caos. Da lontano scorgo una stradina dissestata tra i campi, chissà dove porta, quasi quasi passo di là.
Faccio fatica a spingere il mio “motorino a pedali”, i ciottoli rendono arduo il mio tragitto ma la voglia di scoprire mi porta a caricare le gambe e a darmi una bella spinta.  Pedalo, pedalo, gli occhi bassi sul selciato, rumori dai cespugli, forse una biscia. Una rana in lontananza gracida facendo eco nel sentiero.
A un tratto i pedali sono più leggeri, alzo lo sguardo e intorno a me c’è un paesaggio da favola. Una distesa d’erba verde si oppone ad un cielo azzurro intenso, alberi e ponti decorano la scena. Su un lato c’è un fiume, il suo corso scorre tranquillo come il paradiso in cui mi trovo.
Mi fermo, attonita, e penso che in città dove abito non è tutto così pacato. Qui gli alberi crescono illuminati dalla luce del sole, l’erba, quasi mi spiace starci sopra, spunta tranquilla senza smog e gli animali vivono liberi nelle loro radure.

E’ quasi ora di tornare a casa, questo viaggio mi ha messo appetito. Mi guardo intorno cercando di trovare la strada del ritorno. Scorgo delle case al di là degli alberi, proseguo. Mi ritrovo vicino la chiesa e percorro la stessa strada del ritorno. Eccomi nel giardino di casa, sistemo la bici in garage e busso il campanello. Salgo le scale volando come quando sono scesa, entro in casa correndo e mi siedo con la voglia di raccontare tutto a mia zia.
Un clacson disturba la mia gioia…
Ma cosa succede? Apro gli occhi e mi ritrovo nella mia camera di città… No, era solo un sogno, il mio sogno ricorrente di ritornare su per quei boschi.

(Foto di 1la in licenza Creative Commons)

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