7 Gennaio 2009

Una processione per abbracciare i propri ricordi

di Maria Scarinzi (Blog Vitulano. Alla Scoperta della nostra Italia)

Una giornata in montagna tra il verde incontaminato di Campo Sauro e il silenzio di un mondo che sembra non appartenerci più.
Una giornata passata con gli amici e i parenti a banchettare come nel passato, a giocare a carte e a pallone negli sconfinati spazi di una montagna che molto ha da offrire a chi decide di passare lì del tempo.

Ritornare bambino recuperando quel contatto con la natura che oggi abbiamo smarrito, fermarsi ad ascoltare il dolce rumore dei suoni, le parole di una montagna che parla svelandoci i suoi segreti nascosti. Una musica, quella della natura che, quasi come d’incanto, sembra essere interrotta da canti mariani, preghiere, voci di pellegrini.

Icona Madonna

Icona Madonna

Ormai da anni a Vitulano - grazie all’amore per il passato, per le tradizioni e per il sacrificio -  le persone continuano a rinnovare il culto per la Madonna delle Grotte, nell’eterna lotta contro chi vuole cancellare un’identità considerata ormai arcaica.

La salita in montagna, località Campo Sauro, il pellegrinaggio verso i ruderi di un convento non ancora troppo vecchio per essere dimenticato e il passaggio su antichi sentieri sterrati avvicinano i vitulanesi al loro passato. Il recupero di una tradizione, o forse il desiderio da parte di questo popolo di mantenerla viva in modo da riuscire a conservare il contatto con l’antico, spinge gli abitanti, ogni anno, a rinnovare il loro mistero di fede.

L’ultima domenica di agosto, armati di bastone, scarpe da ginnastica e numerose bottiglie d’acqua e caricato il quadro della Madonna su di una jeep, tutti si radunano nello spazio antistante il nuovo maneggio della montagna.

Una preghiera, un saluto con chi normalmente è troppo vicino per poter far parte del tuo mondo lontano, un momento di riposo ed ecco che si è pronti a intraprendere il proprio piccolo viaggio, una processione che si snoda lungo sentieri sterrati, tra gli alberi e il verde di una natura incontaminata.
L’intero percorso è intervallato da momenti di preghiera, canti, racconti, saluti e silenzi per recuperare il fiato.

Non si prega solamente e le numerose chiacchiere dette lungo il cammino sottolineano la gioiosità di una festa che, ancora prima di porsi come religiosa, è un momento di incontro e scambio dove il divertimento, iniziato con un banchetto mattutino, continua.

Il ricordo di una buffa caduta, l’incontro con una persona che non si vedeva da tempo o gli scherni a chi continua a restare indietro nonostante la giovane età, permettono a coloro che vi partecipano di fondere le identità, almeno per qualche ora.

La fatica che segna l’intero percorso fino alla meta sembra essere così nullificata e, nonostante l’insidiosità del tragitto, nessuno si lamenta. Anzi sembra quasi che si instaura una gara tra coloro che, nell’ultimo tratto, dovranno portare il quadro sacro. La parte terminale è infatti impraticabile per la jeep.

Momento della processione

Momento della processione

Sentieri stretti, strapiombi e strade sdrucciolevoli: nulla viene percepito da queste persone come un intoppo. Certi della meta, sicuri nel voler perseguire il proprio obiettivo e tenacemente legati alla loro identità, ormai da anni, continuano a mantenere vive le loro tradizioni.

Una processione, una preghiera, un’avventura ma, soprattutto, una sorta di ritorno al passato. Respirare aria pura, toccare con mano ciò che resta di un convento da molti dimenticato, percepire la presenza dei monaci che vi hanno abitato e vedere le numerose pietre consumate dal trascorrere degli anni, permettono alla mente di abbandonarsi al dolce rumore dei ricordi e di impossessarsi dei ricordi degli altri.

Ciò che era dunque iniziato come la proposta di recuperare una tradizione a un tratto diventa la manifestazione di un sentimento molto più profondo. E se qualcuno ha detto : “Quando la mente si allontana dalla realtà, fermati e respira”, è pur vero che alle volte allontanarsi dalla realtà, ancorandosi ai ricordi, permette all’identità degli avi di impossessarsi di noi, permettendoci di essere migliori e proiettandoci verso un divenire altrettanto migliore.

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