25 Marzo 2009

La città delle acque termali

di Andrea Bonfiglio (Blog Porretta Terme. Racconti di Viaggio)

Panorama

Panorama

E’ una fredda domenica d’inverno. Il cielo è sereno, macchiato a sprazzi giusto da qualche nube biancastra che s’allunga o s’accorcia a seconda del vento. I finestrini dell’auto sono serrati, la stufa è accesa e fuori si scorgono fitti boschi che conferiscono una tocco di vivacità al paesaggio circostante.
Siamo partiti nel primo pomeriggio da Pistoia allo scopo di varcare il confine dell’amata Toscana per concederci una gita domenicale diversa dal solito. La meta prescelta è Porretta Terme, rinomata località termale ubicata nel cuore dell’Appennino tosco-emiliano.

Dopo aver lasciato una delle più importanti aree verdi del centro pistoiese, vale a dire piazza d’Armi, prendiamo le vie in salita che portano verso i borghi montani.
Il paesaggio, man mano che la pendenza aumenta, diventa povero di case e sempre più ricco di vegetazione. I tornanti si susseguono in una cornice naturale che a tratti toglie il fiato, colma com’è di poggi, torrenti e piante.

Con un po’ di pazienza, finalmente, arriviamo a leggere il cartello che riporta il nome di Porretta e rappresenta una sorta di benvenuto per tutti i viandanti che, come noi, si trovano a transitare per questo scorcio dell’Emilia-Romagna.

Seguiamo la via che costeggia il Reno, in un tratto di strada che appare davvero ricco di fascino. Oltre il muretto che orla la superficie asfaltata si può infatti ammirare l’acqua del fiume che scorre fra i sassi chiari e levigati che sporgono, quasi in un moto d’orgoglio, in alcuni punti fra gli argini. Ad impreziosire tale veduta vi sono poi delle brillanti conifere, che illuminano il tutto di una verde e intensa luce.

Parcheggiamo l’auto in uno slargo adiacente al corso fluviale e ci incamminiamo a piedi verso il cuore della città. I marciapiedi pullulano di gente che osserva le vetrine e affolla i negozi, così come i bar e i ristoranti.
Ci adeguiamo alla massa e per scacciare il gelo decidiamo di prendere un caffè. Facciamo così conoscenza con un simpatico barista dal marcato accento emiliano, che scambia con i clienti qualche battuta e accompagna le vivande con piacevoli sorrisi.

Dopo la meritata pausa torniamo in strada e proseguiamo la camminata. Ci imbattiamo in qualche edificio dalla spiccata apparenza d’altri tempi e anche in un grazioso mercatino ove infreddoliti ambulanti propongono svariate decine di merci. Tra ammennicoli vari e qualche capo d’abbigliamento scorgiamo un anziano mercante intento a preparare chili e chili di caldarroste, giacché la lunga fila di persone che si snoda nei pressi del suo banco non accenna a diminuire. Come biasimarli, d’altronde, date le temperature?

Abbiamo bisogno anche noi di una nuova scusa per fuggire ancora qualche istante dal rigido inverno.
La troviamo in un cartello che mostra la dicitura “presepe”, accompagnata da una freccia.
Seguiamo l’indicazione e ci troviamo dinnanzi ad una chiesa. Percorriamo una stretta scalinata che conduce nei sotterranei dell’edificio e rimaniamo subito estasiati. Un’estesa rappresentazione della natività – curata nei minimi dettagli – si mostra ai nostri occhi in tutta la sua disarmante bellezza. Nell’oscurità dei locali spiccano le luci che illuminano con variabile intensità le statuine dei pastori e di tutti gli altri personaggi. Uno spettacolo che per essere gustato appieno richiede almeno mezz’ora, giusto il tempo a nostra disposizione prima di doverci rimettere in viaggio verso casa.

(Foto di Norkypoint in licenza GFDL)

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