8 Aprile 2009

Un angolo di paradiso nel Pantano

di Daria Castaldo (Blog Montenero Val Cocchiara. Racconti di Viaggio)

Veduta del Pantano

Veduta del Pantano

Ore dodici di una mattinata soleggiata di fine agosto. Gli ultimi giorni di meritato dolce far niente prima dell’angosciante rientro in città.
Mi guardo intorno per un momento… File di montagne lontane, maestose contro il cielo, casette piccole sparse qua e la tra gli alberi, il suono dei campanelli delle mucche nascoste lungo i sentieri… Conosco bene questi luoghi. Ogni piccolo dettaglio è un fermo immagine dentro la memoria delle vacanze trascorse qui… ognuna di queste praterie ha il profumo della mia infanzia… eppure quando Daniele mi ha detto: ”vieni, ti porto a vedere una cosa che non hai mai visto, un posto dove non sei mai stata” non potevo crederci. Poi ho deciso di seguirlo.

Ci siamo infilati in auto di fretta, la mia curiosità non poteva più aspettare.
Daniele guida spedito, ma ad un tratto avverto un po’di esitazione… un colpo di freno improvviso e invece della solita strada, imbocca una stradina parallela, lunga, piuttosto isolata, costeggiata da guardrail un po’ dimessi. Poi riprende il suo passo deciso.
Lui questi posti li ha conosciuti grazie a me, e adesso, come per ricambiare il gesto, sta per regalarmi la sua scoperta. Un cartello scolorito dal tempo e dall’usura ci avvisa: Benvenuti in Montenero Val Cocchiara, provincia di Isernia. Mi volto indietro… abbiamo appena lasciato il territorio abruzzese! Cambio di regione, ma lo scenario rimane di una bellezza disarmante.

Davanti a noi solo cielo e praterie immense, silenziose, invase soltanto da gruppi di pecore al pascolo in lontananza, beate nella loro libertà.
L’auto va lungo la strada che si fa via via più stretta, più ripida, segue il profilo dolce di queste colline soleggiate, che curva dopo curva, diventa più ruvido e irregolare.
La nostra Lancia inizia a dare segni di fatica, mentre la strada continua a salire.

Qui su il sole picchia forte, l’aria è calda e leggera. Dai finestrini aperti scivola via la musica del nostro stereo e crea una piccola eco tra le colline che digradano verso valle. Intorno solo natura, boschi fitti e rigogliosi si alternano a campi fioriti e alberi imponenti dai tronchi secolari: sembra un viaggio di fuga, lontano dalla civiltà, senza una meta precisa. Tra una parola e l’altra, la strada ci porta fin su, dove sembra finire la collina, per poi riscendere impetuosamente, per chilometri, fino ad un viale più largo, che arriva fin dentro un piccolo centro e lo attraversa; Montenero Val Cocchiara è tutto qua, lungo questa strada dove si affacciano le case in mattoncini grezzi, una graziosa piazzetta, una chiesa.

Pochissime auto lungo i marciapiedi, che diventano più numerose intorno alle aree pic-nic proprio appena fuori il centro abitato.
Ma oltre le case, le auto e le aree pic-nic c’è la mia sorpresa: un signore fermato per strada ci indica una viuzza non asfaltata che ci allontana dal paese per condurci in un angolo di paradiso nascosto dietro un nome che non gli rende giustizia: il Pantano. Una prateria sconfinata circondata da boschi fitti che dalla piana si arrampicano su per le montagne che proteggono, quasi a nascondere, questa  meravigliosa oasi.
Fermiamo l’auto, perché ormai non c’è più una strada su cui proseguire.

Non una parola, non un commento: questo posto lascia davvero senza fiato. Da qui lo sguardo abbraccia tutta la valle. Per chilometri non c’è traccia di pali elettrici, costruzioni, uomini: una natura incontaminata, maestosa, regno di cavalli rari, un po’ tozzi ma particolari, i cosiddetti cavalli Pentri, una razza locale, plasmata dalla natura selvaggia nella quale sono cresciuti.
Lo scroscio di un piccolo ruscello scandisce il ritmo dei suoni in questo spazio che sembra non avere confine, accompagnato dal rumore degli zoccoli di mucche e cavalli che lo attraversano. Sembra la scena di un documentario girato da me: mi avvicino lenta, attenta a dove metto i piedi tra i depositi maleodoranti dei nostri amici, che si godono placidamente la frescura di queste acque all’ombra degli alberi che circondano il ruscello. Ma più mi avvicino e più una mucca grossa, che ha tutta l’area di essere un bue o un toro a difesa del suo territorio mi guarda con aria minacciosa, muggisce pesantemente e con uno scatto improvviso sembra quasi prendere una rincorsa verso di me… Forse è il caso di andare… Il documentario lo girerò un’altra volta!

In autunno con le piogge frequenti l’acqua si deposita e la piana si trasforma in un “pantano”, ma d’estate è uno spettacolo, a cui chiunque passa di qua non può proprio rinunciare.

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