22 Aprile 2009

Symposium Quattro Stagioni

di Alessio Postiglione (Blog Serrungarina. Interviste Ristoranti)

Lucio Pompili

Lucio Pompili

Lucio Pompili del Symposium Quattro Stagioni di Serrungarina intervistato per Comuni-Italiani.it

Qual è il vostro approccio con il territorio?
Quarant’anni fa tutti avevano l’orto. Poi, la gente è fuggita dalla campagna e ha vinto il mercato. Per noi ristoratori c’è quello haute gamme, ma la sostanza non cambia: un prodotto unico e differenziato da Canicattì a Bolzano.
L’approccio con il territorio, quindi, per noi si sostanzia con il ritorno alla terra e agli stili di vita che vi erano sottesi. Anche io allevo le mie capre, polli, cinghiali.
Abbiamo dovuto seguire le orme dei nostri passi, a ritroso, come se fossero state lasciate sulla neve, per tirare fuori la gente dalle fabbriche e spingerle a tornare a lavorare la terra, i suoi prodotti, con l’amore per la biodiversità. E’ da molto tempo che io sostengo la necessita della stagionalità, della fedeltà al territorio, della convivialità. Se no, non ci chiameremmo Simposio Quattro Stagioni, ma “fast food fragole tutto l’anno”!

Prendere le persone dalle fabbriche? Un po’ azzardato in tempo di crisi…
Scherzi a parte, il merito è del territorio, io metto solo in sinergia i tanti virtuosi allevatori, contadini e pescatori della zona.
Tornando alla sua domanda, fare il pescatore o il contadino è una vitaccia. Il contadino non può mai abbandonare la sua terra, i suoi animali, perché è lui che si prende cura di questo ecosistema!
Ma anche quello in fabbrica è un lavoraccio,  con una differenza sostanziale: la povertà (e l’infelicità) sono fenomeni urbani, non rurali. Chi vive dei prodotti che coltiva – dentro la cornice dell’economia di sussistenza – non morirà mai di fame.

La sua più grande soddisfazione, allora, qual è?
Vivere di quello che mi serve. E’ la mia mentalità di cacciatore, che vive però in simbiosi con la natura.
Mica faccio stragi quando vado a cacciare, uccido solo quello che mi serve.

A sentirla parlare di questo “rinascimento rurale”, si potrebbe pensare che la sua sia una trattoria di campagna e non un ristorante di alta cucina. Qual è il rapporto fra la tradizione contadina e la ricerca “borghese” e colta?
E’ un rapporto dialettico. Era sempre dall’agricoltore che il nobile o il latifondista doveva tornare per trarre i beni che gli servivano per la propria sussistenza. Questi due mondi – contadino e nobiliare - si saldavano nella qualità sceltissima delle materie prime che erano tali per il semplice motivo che tutto era prodotto secondo natura. I nostri piatti sono fatti di questa esatta qualità: materie prime del territorio, il vanto e l’orgoglio delle Marche. Esempio ne sono il formaggio di Fossa di Talamello o il tartufo di Acqualagna.
Ecco, allora, che non è un azzardo unire il “povero” farro con il “nobile” tartufo, come nel nostro farro mantecato ai germogli, oppure i popolari fagioli con il fois gras, i fagioli cannellini con scampi e fegato grasso.

Scopriamo Serrungarina…
L’antica Brisighella fu rinominata in onor di ser Ungaro degli Atti, notaio vissuto nel XIV secolo e prese l’attuale nome. Il paese fu fondato nel VI secolo e splendette sotto i Malatesta che vi edificarono la rocca e gli conferirono l’aspetto da borgo. Tutta la valle del Metauro, poi, è ricca di specialità e di prodotti tipici.

Quali sono le caratteristiche gastronomiche del vostro territorio?
In un fazzoletto di terra passiamo dai boschi, alle valli, al mare. C’è perciò una ricchezza di materie prime: cinghiali, tartufi, pesce dell’Adriatico. Direi che si tratta di tanti colori che offrono un disegno unico. Penso alla spigola in crosta di sale con purea di castagne e tartufo o il lombo con cinghiale con purè di zucca e frutti rossi. Poi, Serrungarina è famosa per la coltura della pera angelica, un frutto estivo.

E qual è la “sua” cifra stilistica?
Forse, proprio il non temere di utilizzare indifferentemente prodotti nobili con altri più popolari, pensando al gusto e al risultato. Mi sono tolto la soddisfazione, ad esempio, di riproporre qualcosa di raffinato con le frattaglie. E’ il caso della lingua con salsa di rucola e frutta mostardata, la trippa alla canapina con pecorino di fossa e vellutata di fagioli, il fegato di vitello con aceto balsamico e uva passa, le palle di toro fritte con salsa di paprika dolce.

Esterni del ristorante

Esterni del ristorante

Qual è la sua scoperta gastronomica?
Mia sola, non di certo, ma è una particolarità che propongo: le tagliatelle alla Mussolini.
E’ una ricetta che ho recuperato dalla siora Maria di Acqualagna, che le preparò per il duce quando si recò al Furlo. Mussolini prese delle tagliatelle col brodo di cappone e ci volle anche una grattatina di tartufo. Una delizia! Paradossalmente, non si concepisce la tagliatella con tanto brodo e tartufo, ma Mussolini ci “azzeccò”.

Un assaggio del vostro menu.
Pappardelle di patate al sugo di carne e ricotta salata, la terrina di fagiano al tartufo nero, il coniglio farcito alla cartocetana, il vitello in salsa di vino rosso e sformatino di verza, il petto di starna laccata al tartufo nero, i ravioli di gallo selvatico in brodo di sidro, scaloppa di fegato grasso con mele e calvados. I ravioli di pecorino li prepariamo con un mosto cotto di sangiovese fatto direttamente da noi.
Poi, il pesce.
Tonno alla fanese con patate e pomodoro arrosto, ricciola con maionese ai ricci di mare e granita al lime, dentice di parangallo con salsa al brodetto di Fano.

Mi ha accennato al suo sangiovese. Di che si tratta?
E’ un sangiovese senza ali (particolare forma di coltivazione del grappolo, fatta asportandone le parti esterne, NdA), curato da me con l’aiuto dell’amico Roberto Lucarelli di Cartoceto.

E gli altri suoi vini preferiti?
Barolo, il Monfortino di Conterno.

Riferimenti:
Ristorante Symposium Quattro Stagioni
Via Cartoceto, 38 - 61030 Serrungarina (PU)
Telefono: 0721-898.320

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