26 Agosto 2009

Una terra di passaggio

di Daria Castaldo (Blog Sesto Campano. Alla Scoperta della nostra Italia)

Sesto Campano

Sesto Campano

Poche casette graziose arroccate su uno sperone di roccia calcarea, un piccolo borgo quasi nascosto in mezzo ad una vegetazione incolta e rigogliosa: questa è l’immagine in lontananza che viaggiatori e passanti lungo la S.S. Venafrana riescono a scorgere di Sesto Campano, suggerita da un cartello bianco che indica la presenza del paese, che altrimenti si farebbe fatica a individuare. I viaggiatori più distratti che guidano ad un ritmo sostenuto - ma non veloce -  lungo questa strada, non solo si perdono la deliziosa sorpresa, ma possono andare incontro a spiacevoli e frequentissime multe per eccesso di velocità, salatissime, in relazione a limiti davvero poco consoni…

Un fazzoletto di 40 Km dove la storia antica della Campania si fonde con quella più recente del Molise in una sorta di terra di mezzo: Sesto probabilmente in relazione a Sesto Auliano, che durante il periodo Augusteo fu prefetto della vicina città di Venafro, o forse perchè il nucleo più antico sorgeva proprio al miglio centesimo sesto da Roma; Campano invece perché originariamente Sesto era il capoluogo di una delle trentaquattro Contee in cui fu diviso il ducato di Benevento.

Una storia che tuttavia ha lasciato poche tracce e che lega questa terra al popolo dei Longobardi:
quel che rimane di una antica cinta muraria circonda tutto il nucleo originario del paese insieme ai ruderi delle torri e del vecchio castello, che un tempo difendevano l’originario nucleo medievale. Ed è proprio tra questi ruderi, mura consumate dal tempo, antiche torri trasformate dalla storia e imbruttite dalla forza costruttiva dell’uomo moderno che è racchiuso il cuore di una civiltà forte, saldamente legata alla sua terra ricca e aspra insieme, generosa di prodotti pregiati come i tartufi e gli olii, ricavati dalle colline assolate che circondano il paese, ma dagli inverni lunghi e piovosi.

Se lungo la cinta muraria restano poche basi delle torri devastate dall’usura, sul lato meridionale della cinta - che disegna ancora oggi in modo nettissimo i contorni del borgo - si apre tutt’ora una piccola porta che affaccia sulla valle: uno scorcio luminosissimo, di una bellezza mozzafiato sulle colline disposte tutte intorno, ed è un’antica via d’accesso alla città, attraverso un sentiero stretto e ripido chiamato via Borgoforte, quasi a voler confermare la funzione difensiva dell’intero sistema. Altre torri dovevano sorgere là dove oggi ci sono vecchie case costruite nel corso degli anni, pezzi di vite vissute che si sommano e si confondono in strane composizioni architettoniche.

Poco clemente con la struttura esterna, il tempo invece ha saputo risparmiare un ricchissimo portale interno del XVII secolo, fatto edificare da un certo Nicola Brescia quando Errico Albano da Procida era capitano del popolo di Sesto, come viene riportato sulla costruzione, che lungo tutto l’arco presenta una serie di insegne militari con i simboli delle arti e del commercio: compassi, squadre, scudi militari bilance, elmi, spade e lance, attrezzi per stendere le pelli decorano il portale che funge da ingresso su di un enorme cortile interno, e riportano al presente un epoca che non c’è più… passeggiare tra queste mura, lungo le vie dai ciottoli enormi, silenziose e profumate di erba rampicante è un po’ come rivivere quell’epoca, distante dal caos moderno: distende i sensi, aiuta a far chiarezza tra i pensieri e ad apprezzare l’atmosfera delle cose semplici che solo posti come Sesto Campano possono avere.

(Foto di Alessandro Santulli)

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