9 Settembre 2008

Cadere e rialzarsi, questione di caparbietà

di Marcello Di Sarno (Blog Lupara. Interviste Sindaci)

Il sindaco di Lupara Giovanni Giacomodonato intervistato per Comuni-Italiani.it

Come si presenta Lupara a chi oggi la vive quotidianamente?
Lupara si presenta come il classico borgo medievale abbarbicato su un colle. In alto domina il castello e tutto intorno, a raggiera si dipanano le abitazioni con le stradine che puntano tutte verso il castello. Come gran parte del territorio del Molise, ha una consolidata economia di carattere agricolo. Con il resto della regione condivide il fenomeno, avvertito nell’ultimo decennio, del decremento demografico. Tuttavia oggi la tendenza sembra invertirsi, grazie da un lato ai tanti Giovanni Giacomodonatoritorni di luparesi emigrati al nord in cerca di una migliore occupazione; dall’altro all’efficace azione amministrativa finalizzata allo sviluppo delle risorse turistiche e paesaggistiche.

Tre validi motivi per visitarla?
Il primo motivo coincide con il monumento simbolo del nostro comune: il castello medievale. L’edificio nasce come fortificazione, sorta sulla sommità del colle attorno al quale nei secoli si è sviluppato il centro abitato. Oggi di esso rimane parte del perimetro delle mura, perfettamente incastonato nel tessuto urbano più moderno.
Di altrettanto valore storico le due chiese: la parrocchia di Santa Maria Assunta del XVI secolo, sita sulla sommità del colle accanto a ciò che era un tempo il palazzo marchesale, oggi ridotto in macerie; la chiesa di San Nicola, del 1100, recentemente restaurata dopo il terremoto.
Altro motivo per venire qui è per le notevoli risorse naturalistiche che Lupara e l’area circostante offrono. Tra queste merita una menzione particolare l’area cosiddetta del Mulinello, per via dell’antico mulino dove in passato si procedeva alla macina del grano. L’attuale amministrazione è impegnata nel recupero dell’area, nel valorizzarla cioè quale meta turistica, e nel ripristino della funzionalità del mulino.
Il terzo motivo è legato alla tradizione folcloristica e gastronomica di cui danno valida testimonianza le due feste più importanti della comunità locale. La festa di Sant’Antonio da Padova, il 21 e il 22 luglio, che vanta origini antichissime – viene fatta risalire all’incirca al XVIII secolo – e che è stata rivisitata di recente nella sua veste classica. Durante questa festa – dal forte richiamo per i visitatori e per i luparesi emigrati – viene raccolto in un luogo scelto una grande quantità di grano, quale dono per il Santo, successivamente venduto all’asta.
L’altro evento clou è la festa di San Giuseppe, che vede l’organizzazione di un enorme banchetto, composto di 13 pietanze – quanti sono gli apostoli – cui prendono parte per prime tre persone rappresentanti la Sacra Famiglia. Pezzo forte della festa sono le “scarpelle”, dolci di pasta lavorata a mano e fritta in olio bollentissimo.

Chi o cosa, secondo lei, ha plasmato l’identità dei luparesi?
Alle spalle della nostra identità c’è un discorso storico abbastanza complesso e singolare. Il fatto storico che ha segnato profondamente il destino di Lupara è il cosiddetto Schiaffo di Anagni (1303), in cui papa Bonifacio VIII fu rinchiuso nel palazzo di Anagni dietro il rifiuto opposto alla richiesta dei due emissari di Filippo IV il Bello, re di Francia, di ritirare la scomunica emessa nei confronti del sovrano. I luparesi presero parte alla spedizione al fianco di Sciarra Colonna, rimproverando a Bonifacio VIII di aver fatto dimettere e poi uccidere il suo predecessore Celestino V, nativo del Molise. Ciò valse la scomunica per la città, che da florido feudo entrò in una lunga fase di decadenza, da cui non si è mai ripreso.

Per quale aspetto del suo Comune e della sua gente Giovanni Giacomodonato, da cittadino prima ancora che da sindaco, va fiero?
C’è una qualità che ci ha contraddistinto nella storia passata e per la quale siamo tuttora noti: è la caparbietà, nel bene e nel male. Quando fissiamo un punto d’arrivo, presto o tardi lo raggiungiamo, non conosciamo la parola “resa”. Nel contempo con la stessa ostinazione siamo capaci di distruggere ciò che abbiamo costruito.

Tra progetti da portare a termine e traguardi ambiziosi da perseguire, come vede il futuro di Lupara?
Vedo un futuro positivo, guardando soprattutto all’incremento demografico che interessa il territorio da qualche tempo. I nostri sforzi sono proiettati alla valorizzazione turistica di alcune aree. Una su tutte quella a ridosso della superstrada Termoli-San Vittore, dove è in progetto un complesso polifunzionale con strutture ricettive e sportive, da mettere a disposizione sia dei visitatori che della popolazione locale.
Del parco naturalistico, altro obiettivo cruciale, abbiamo già detto. In via di esecuzione anche un piano di micro-ricettività, attraverso il quale si andranno a recuperare quelle abitazioni danneggiate dal sisma o che versano, perché disabitate da anni, nel più totale abbandono.

Una domanda che per lei è d’obbligo rivolgere su Lupara e la risposta che darebbe.
“Vale la pena venire a visitare Lupara?”
“Credo proprio di sì. Chiedere a chi per anni è stato lontano da queste zone e vi ha fatto ritorno, vinto dal clima di serenità e di genuinità che regna incontrastato”.

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