15 Settembre 2008

La Festa dell’uva: un espediente per esaltare il vino

di Maria Scarinzi (Blog Solopaca. Alla Scoperta della nostra Italia)

 A Solopaca il Sacro e il Profano sembrano dialogare ogni giorno trovando nel vino, nettare degli dei e bevanda prediletta dagli uomini, un punto d’incontro attraverso il quale fondersi in una piacevole esaltazione del gusto. Così, nella tanto attesa “Festa dell’Uva”, Stemma SolopacaSanti e Cavalieri, Uomini e “Maestri carraioli” si incontrano, mettendo in scena uno spettacolo da vivere intensamente.

Acini d’uva uno accanto all’altro vanno a creare delle costruzioni artisticamente elaborate che, grazie alla fantasia e alla bravura di questi maestri, prendono forma, si animano e ogni anno, la seconda domenica di settembre, sfilano per le strade di Solopaca.

In questo paese prende vita l’esaltazione dell’uva che, sotto forma di acini o trasformata in vino, così come scriveva Charles Baudelaire “…sa vestire di un prodigioso lume la stamberga peggiore e fabbricare portici di fiaba con le spume del suo rosso vapore, come un sole cocente che splenda fra le brume”. I carri che attraversano il paese diventano delle prodigiose costruzioni che, arricchite da movimenti, precedute da persone in abiti d’epoca e trainati da trattori, attirano ormai da anni curiosi e appassionati che si dilettano nell’osservare e fotografare delle vere e proprie opere d’arte.

La “Festa dell’uva”, dunque, diventa un espediente attraverso il quale poter esaltare il vino, uno dei prodotti tipici di Solopaca nonché uno dei simboli più importanti della religione cattolica. Ed è proprio nella religione che vanno rintracciate le origini di questa festa.

Risalente al ‘700 e legata al culto dell’Addolorata, Statua dell’Addolorataessa deve la sua nascita alla tradizionale raccolta di doni che veniva effettuata dalla Confraternita dei sette dolori per poter finanziare la festa della Madonna. Gli oboli raccolti, per la maggior parte uva, venivano caricati su dei carrelli addobbati i quali, trainati da buoi nella piazza centrale del paese, venivano venduti ad un’asta pubblica.

Con il passare del tempo questa festa ha subito un graduale cambiamento, facendo diventare quel dono della terra, l’uva, un’opera d’arte da offrire ad una divinità. La solennità religiosa si è così trasformata in una festa del popolo durante la quale musicisti, bottari, artisti di strada, sbandieratori e il corteo storico, ispirato ai personaggi principali della famiglia ducale dei Ceva-Grimaldi, rendono questo paese un luogo dove poter, allo stesso tempo, vivere intensamente il piacere della musica e assaporare il gusto della tradizione.

Così, la piacevole scioglievolezza del vino fatto bene, secondo tradizione e soprattutto con amore, fa da sfondo ad una festa che, volendo attirare un vasto gruppo di turisti, riesce a porsi come una manifestazione completa e a più dimensioni. Ed ecco che la magia che sembra nascondersi dentro un bicchiere di vino, l’abilità dei “maestri carraioli” di creare delle opere d’arte con degli acini d’uva, permettono al turista di vivere intensamente queste giornate. La gioia pervade gli animi grazie alle dolci note dei motivi religiosi, la tradizione si impossessa dei visitatori che incosciamente si trovano a cantare i canti tradizionali “urlati” dai bottari. E i balli travolgenti dei gruppi folk fanno sì che il turista senta quasi il bisogno di gettarsi nella mischia. Così, quella che potrebbe apparire come una sfilata statica e fissa nel tempo tra le strade di un paese che non sembra assoggettarsi al trascorrere degli anni, diventa motivo di incontro e gioia.

Sfilate di Moda, Laboratori del Gusto e Convegni arricchiscono questa manifestazione avvicinando anche coloro che vogliono tenersi informati e che cercano un turismo maggiormente culturale. La festa, lo spettacolo, l’arte, la tradizione, ma soprattutto il passato che si fonde con il presente, proiettano questo paese verso il futuro; un futuro che, puntando sulla tradizione, sta riscoprendo il gusto del vivere bene. Un paese, dunque, che sembra essersi attaccato tenacemente alla propria terra continuando a produrre, proprio come la Vite che, messe le radici nella terra, continua anche in periodi di magra a produrre frutto e ad offrire dei grappoli d’uva i quali, accarezzati dal sole, donano al territorio un tocco magico di colore. Un colore che si materializza sui carri e, se come scriveva Pindaro “Aborrì l’acqua il Redentor Divino e in Cana Galilea, per non mirarla, fece un prodigio e tramutolla in vino”, qui i “maestri carraioli” ogni anno ripetono quel prodigioso evento riuscendo a trasformare l’uva in strutture fantastiche.

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