7 Luglio 2010

Una ragione di vita tra disillusioni e silenzi invernali

di Marcello Di Sarno (Blog Tortolì. Interviste Giornalisti)

Giusy Ferreli vive la sua professione in stretto rapporto con Tortolì, città dove vive da sempre. Giornalista professionista dal 2009, ha mosso i primi passi nella redazione di Radio Stella, un’emittente locale per cui ha lavorato dal 1996 al 2000. Il battesimo nella carta stampata arriva nel 1999, quando inizia la collaborazione con il prestigioso quotidiano L’Unione Sarda, per il quale tutt’oggi scrive dal capoluogo dell’Ogliastra.
Dal 2002 collabora con Videolina Agenzia Unioneonline, prima emittente televisiva della Sardegna.

Il suo legame con Tortolì, i mutamenti socioeconomici e urbanistici vissuti da cronista, sono alcuni dei temi affrontati nell’intervista concessa a Comuni-Italiani.it

Quand’è nata in lei la passione per il giornalismo?
E’ scoppiata quasi per caso e si è consolidata sino a diventare una ragione di vita. Nel 1996 mi chiesero di sostituire lo speaker di una radio locale, Radio Stella. Dalla lettura della rassegna stampa mattutina e delle edizioni delle news alla stesura di brevi servizi e alla conduzione di programmi, il passo fu breve.
E fu ancora una circostanza del tutto fortuita a catapultarmi nel mondo della carta stampata: l’incontro con un inviato giunto in Ogliastra per un servizio che mi propose una collaborazione con il quotidiano “L’Unione sarda”. Da allora non ho mai smesso di esercitare questa professione.

Che ruolo ha avuto Tortolì in questo percorso professionale?
Tortolì è il prodotto di una strana alchimia, sospeso tra la sue radici agricole e un futuro incerto e in cui la vocazione turistica s’intreccia al recente passato industriale. Un laboratorio economico e sociale passato per un porto e un aeroporto e le grandi avventure industriali, come l’epopea Cartiera di Arbatax che ha profondamente mutato il tessuto sociale della cittadina.

Giusy Ferreli

In questi anni, mi sono ritrovata a raccontare il miraggio svanito dell’industrialismo e la disillusione che segue ogni impegno politico non rispettato. Ho raccontato le speranze di un nuovo modello di sviluppo e le attese che si consumano nell’arrivo di nuovi investitori. Una grande piazza con enormi potenzialità economiche diventata sede del Consiglio provinciale, in cui non sono mancati, purtroppo, i fatti di cronaca nera.

L’informazione a Tortolì: cosa significa fare giornalismo qui? Cosa la differenzia da altri contesti?
Può essere estremamente semplice e complesso allo stesso tempo. Può sembrare una contraddizione ma non lo è. Tortolì è una comunità piccola in cui ci si conosce tutti. E se da un lato questo facilita l’approccio con le persone, le cui storie siamo chiamati a raccontare, dall’altro ci toglie, forse, quel distacco che, soprattutto in certi frangenti, è necessario per garantire l’obbiettività.
L’importante è far capire ai nostri interlocutori, lettori e non, che le storie vanno raccontate sempre, anche quelle che possono creare imbarazzo o che squarciano il velo su verità scomode. Sempre con un unico obbiettivo, quello di raccontare la verità.

Smessi i panni del giornalista, a quali luoghi della città è particolarmente affezionata e perché?
Il primo è un non luogo: è il nostro mare. Distese di sabbia bianche e mare cristallino. La tipica immagine da cartolina che perde un po’ del suo smalto quando, con la stagione turistica, il rumore della folla prende il posto del suono della risacca.
Il secondo è un luogo circoscritto: il centro storico. Pochi isolati in cui si concentrano gli edifici di pregio della mia cittadina tra la Cattedrale di Sant’Andrea, le vecchie case e il palazzo Municipale, un’ex Blocchiera ristrutturata e trasformata in un centro culturale. Diversi scorci in cui rivive lo spirito di una comunità laboriosa e povera.

Dove la comunità tortoliese manifesta la sua vivacità culturale?
Un teatro ed un cinema con prime visioni nazionali, un museo en plein air con installazioni di artisti internazionali e un centro culturale dove periodicamente vengono allestite mostre ed esposizioni per tutti i gusti.
Ma vi sono alcune manifestazioni che hanno una connotazione unica e che raccontano la tortoliesità meglio di qualunque altra cosa. Sono le feste campestri che si celebrano alla fine dell’estate. Tre feste in onore di altrettanti santi del Menologio bizantino che celebrano riti antichissimi, con il simulacro del santo portato in processione sul carro a buoi adornato di fiori, a testimonianza di quelle antiche radici agricole che rappresentato la nostra identità.

Scavando nell’album dei ricordi, quale articolo su Tortolì le suscita maggiore emozione o orgoglio professionale?
Partirei da una storia che mai e poi mai avrei voluto raccontare, avvenuta nel centro storico. La cronaca di una scomparsa tragica, quella a seguito di un incidente domestico di un ragazzino dodicenne, al quale mio figlio era legatissimo. Ricordo la sua espressione e il suo giudizio senza appello. “Stai speculando sul dolore della famiglia del mio amico” disse.
E’ stato un colpo durissimo ed è passato del tempo prima che io potessi spiegargli che scrivere era il mio lavoro e per quanto mi costasse non potevo non farlo. Per il resto sono tanti gli articoli ai quali ho lavorato con passione e orgoglio.

Un titolo e dieci righe di editoriale per raccontare cosa apprezza e cosa cambierebbe della Tortolì di oggi.
“Quelle ville hollywoodiane con vista sul paradiso terrestre”
Quanto sia costato costruire le mastodontiche abitazioni che sono sorte a ridosso della baia di Porto Frailis è difficile da stabilire. Sicuramente centinaia di milioni di euro per graniti e pietre, serviti a cementificare una delle zone più belle di Tortolì.
Appena dieci anni fa, sul versante della collina si poteva cogliere con lo sguardo il verde della macchia mediterranea. Ora è un brulicare di costruzioni di dubbio gusto hollywoodiano, ostentazione di un benessere raggiunto a fatica. Eppure nonostante le colate di cemento, il mare di Porto Frailis rimane uno dei posti più suggestivi, in cui perdersi nei silenzi invernali.

Come vede il futuro della professione giornalistica rispetto alla nuova frontiera del digitale e alle forme di citizen journalism?
Credo che grazie alle nuove tecnologie si aprano nuovi orizzonti e nuove sfide. Credo infine che tutti abbiano il diritto-dovere di informare con i mezzi che sono a disposizione. Un’unica regola, ma quella vale anche per i professionisti della notizia, è il rispetto della verità dei fatti. Sempre e comunque.

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