C’è una Toscana pressoché sconosciuta, che poco o nulla ha a che vedere con le splendide città d’arte e di cultura o con le frequentatissime località balneari che l’hanno consacrata meta gettonatissima di viaggiatori provenienti da tutto il mondo.
Questa Toscana di cui vi parlo e che desidero presentarvi è silenziosa e meditativa, fuori dai circuiti turistici tradizionali e per questo terra ‘quasi incontaminata‘.
Un intellettuale ginevrino, al secolo Jean Charles Leonard Simonde de Sismondi, che ebbe la fortuna di esplorarla la battezzò col nome di Svizzera Pesciatina poiché riconobbe nella zona una straordinaria somiglianza con i monti della sua terra natale, cioè la Svizzera. Beh… come dargli torto?
L’aggettivo pesciatina, invece, si riferisce al fatto che la zona in questione si estende sull’Appennino Tosco Emiliano toccando principalmente il comune di Pescia e in minor parte quello di Piteglio che appartengono entrambi alla provincia di Pistoia.
La zona, prevalentemente montuosa, è punteggiata da dieci caratteristiche frazioni un tempo circondate da poderose mura di cinta - oggi andate per lo più distrutte - e da torri di avvistamento che negli anni hanno mutato la loro funzione divenendo sedi di residenze nobiliari o di campanili.
Iniziamo il nostro viaggio dalla punta più estrema, vale a dire dal paese che si trova più a nord: Pontito. Difficile da credere, ma c’è un pullman che si inerpica sù per la montagna fino a giungere quasi alla punta estrema. A bordo non ci sono tante persone e quelle che ci sono si conoscono tutte fra loro. Non è difficile. Non sono davvero in tanti a vivere nella Svizzera Pesciatina, si tratta per lo più di gente un po’ in là con gli anni: massaie, taglialegna, agricoltori oltre a quelli che lavorano nelle cartiere a valle e che fanno sù e giù tutti i santi giorni!
L’autista è allegro e gioviale, scherza un po’ con tutti. Gli basta un’occhiata veloce per capire che non siamo del posto così si improvvisa guida turistica. Ci parla degli alberi che crescono nella zona: castagni, noccioli, abeti. Pontito in particolare è pieno di abeti. Nel periodo di natale - ci racconta - vengono illuminati tutti al punto che l’intero paese assume l’aspetto di un gigantesco abete. Man mano che saliamo il panorama che si intravede attraverso il fitto della vegetazione si fa sempre più suggestivo. Ad un certo punto la strada si allarga, e la visuale è più nitida, l’autista ferma il pullman, prende fiato e quasi emozionato ci dice: ‘vi presento la bellissima Val di Torbola che ha dato i natali alla civiltà toscana‘.
Difficile trattenere un sorriso, ma non è di sbeffeggio, quanto di istintiva simpatia nei confronti del sentimento di orgoglio che ha ispirato quelle parole.
Siamo a Pontito e nonostante a valle abbiamo lasciato il sole, soffia un venticello che ci regala un brivido. Pontito è un insieme di case che si sovvrappongono come gli strati di una torta, sù sù in cima fino alla ciliegina che è rappresentata dall’antica chiesa dedicata ai SS. Andrea e Lucia. Comunque ci si muova, non si fa che salire e scendere continuamente, in un dedalo intricatissimo di viuzze ripide e strette secondo lo schema dell’antico borgo medievale.
Da Pontito arrivamo a Stiappa un agglomerato di case in pietra, sormontato dalla torre campanaria della chiesa di Santa Maria Assunta. Il paese è circondato dai resti della cinta muraria, al suo interno sopravvive intatta una delle tre porte, la porta nord, caratterizzata da una loggia antistante e con accanto una fontana in arenaria della prima metà del XIX secolo.
Stiappa è famosa - ci dicono - per le belle donne e la buona cucina. La sua specialità e il fagiolo per cui si è guadagnata il marchio ‘dop‘. Il posto inoltre è ricchissimo di castagne, per secoli le popolazioni delle zone più povere della montagna si sono nutrite di castagne lesse o arrostite o cotte nel forno e soprattutto trasformate nella polenta, che si ricavava dalla farina ottenuta facendo essiccare le stesse. Oggi la farina di castagne si usa prevalentemente per fare dolci.
Sulla strada che ci porterà alla meta successiva sono riversate un sacco di persone. Sono gli ‘stiappi‘ come li battezza simpaticamente il nostro amico autista, cioè gli abitanti di Stiappa che hanno l’abitudine da sempre di fare lunghe passeggiate lungo i bordi della strada.
Scendendo da Stiappa arriviamo a Castelvecchio e l’impressione entrando in paese è proprio quella di accedere a una cittadella medievale.
Fiore all’occhiello del luogo è una meravigliosa Pieve in pietra arricchita da decorazioni enigmatiche rappresentanti uomini, bestie, maschere e figure mostruose.
Sulla facciata campeggia un bassorilievo fatto di tre figure, un uomo centrale e due donne ai lati. L’interpretazione è dubbia, anche se qualcuno vorrebbe ricondurre l’uomo centrale a Gesù che abbraccia idealmente le donne. Una tradizione popolare invece dice che si tratterebbe del muratore che edificò la Pieve e che fu fatto cadere rovinosamente dal diavolo che ne voleva ostacolare l’opera.
A Castelvecchio possiamo placare l’arsura in un’antica fonte da cui scorre perennemente l’acqua ghiacciata e proseguire il nostro itinerario, questa volta a piedi, fino alla prossima meta…
Si tratta di Sorana dove ancora è possibile scorgere i resti delle antiche mura che circondavano la Rocca (un tempo detta Sovrana), dove oggi sorge la chiesa.
Rimaniamo immediatamente colpiti da due cose: l’usanza di mettere ad asciugare la biancheria su degli improvvisati stendini ricavati da alcune rudimentali aste di legna e la presenza di numerosi gatti che si improvvisano discrete guide turistiche conducendoti nei luoghi più impensabili: scorci naturali e angoli nascosti di cui solo un istinto felino può essere capace di cogliere la bellezza. La gente di Sorana si riunisce al circolo dove i pomeriggi trascorrono oziosi tra una partita di burraco e un incontro di calcio alla tv.
Fuori e tutt’intorno domina il silenzio. Chi non si appassiona ai giochi di carte sta fuori, al sole, insieme agli amici a godere dell’aria buona che la natura generosamente ha elargito.
Prossima tappa: San Quirico. E’ uno dei borghi più importanti della Svizzera Pesciatina e anche uno dei più popolati.
La porta di accesso a quello che fu l’antico castello è rimasta quasi intatta nonostante nel 1920 il paese fosse andato copletamente distrutto da un violento terremoto, ma a vederlo oggi nessuno lo direbbe mai in quanto il paese ha ripreso la sua struttura di castello medioevale. Nella ricostruzione è stata rispettata infatti la planimetria urbana di cui i suoi abitanti vanno da sempre orgogliosi.
Nel centro del paese c’è una loggia ricca di colonne doriche e una splendida fonte di pietra serena che orna il centro della piazza. Ma più di ogni altro elemento ciò che si offre alla vista dello spettatore è la torre di avvistamento di forma quadrangolare, e non rotonda come molte altre presenti nella zona.
Una passeggiata lungo un sentiero boscoso ci conduce in poco più di mezz’ora fino alla nostra prossima meta rappresentata da Aramo.
Il borgo ci accoglie come un paese fantasma. Deserto e silenzioso. La gente è in casa, spia dalle fessure delle finestre domandandosi chi abbia portato fin lì quegli inattesi visitatori. Ma non fa domande la gente del posto. Si limita ad osservare. Questo può essere un po’ fastidioso all’inizio, ci racconta un ragazzo incontrato lungo il nostro cammino, ma poi ci si fa l’abitudine.
Aramo è un insieme di casette in salita che si affacciano a picco sulla valle della Pescia. Proprio in cima c’è una spettacolare chiesetta. Si tratta della chiesa di San Frediano che domina maestosa tutto l’abitato.
Infine, su un poggio dove confluiscono i rami in cui si divide il fiume Pescia sorge Vellano.
Se lo si osserva dal basso la sensazione è quella di un borgo fatto di casette tutte colorate, che si staglia sulla collina fino ad avvolgerla in spire sempre più strette, e che culminano nella sommità dove un tempo sorgeva la l’antica Rocca.
Le stradine sono strette e tortuose e recano tracce di come il paese fosse secoli fa. Anche a Vellano c’è un’antica Pieve, una delle più antiche di tutta la Valdinievole. Sorge fuori dalle mura, in una posizione defilata rispetto al paese, al centro di una radura posta ad un livello più basso.
Vellano, ha conosciuto più degli altri comuni della zona, una certa frequentazione turistica. Molti inglesi o americani hanno comprato una casetta e si sono trasferiti qui in maniera pressocchè stabile.
Un operaio che rientra dopo una giornata in cartiera, fa fatica, forse, a vedere il trionfo della natura che si celebra tutto intorno a noi. E’ uno spettacolo a cui assiste da quando è nato e quindi forse tende a darlo per scontato. Ma noi no. Ci sembra un miracolo non essere bombardati dal frastuono della città. L’unico rumore che riusciamo a sentire è quello del nostro cuore, che batte per l’emozione. L’emozione di ritrovare il contatto con la natura di cui siamo figli, ma che la modernità ci fa costantemente rinnegare.
Il nostro viaggio termina a Vellano, anche se mancano altri tre borghi all’appello: Fibialla, Medicina e Pietrabuona, ma quelli ve li racconterò al mio prossimo viaggio!
3 commenti a “Su e giù per la Svizzera Pesciatina”
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Buon giorno,
Grazie per questo articolo, in merito a una reggione che sembra bella.
Nella mia famiglia, francesa ma con delle origini italiane, abbiamo una casa proprio in Vellano, e delle parcelle, ma non sappiamo dove. La casa e Via del Vicinato. Ho con me i numeri dei fogli e particelle catastali. Dove posso trovare una mappa detagliata di Vellano con i nomi delle strade, e le particelle catastali, perche per esempio su Google Map, la Via del Vicinato non e indicata.
Grazie mille,
Distiniti saluti,
Nicolas
Ciao Nicolas,
può tentare al comune di Pescia (Tel: 0572 4920) o in alternativa all’Archivio di Stato di Pistoia, sezione di Pescia (Tel: 0572477261).
Complimenti. Scritto con cuore e mani.
cesare