“Su quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di monti“… ci sono nato io. Mio padre aveva trovato lavoro lì e quando poteva, tornava a trovare mia madre giù a Castel San Giorgio. Mia madre aveva anche lei un lavoro e quindi non seguì mio padre al nord, aspettavano entrambi un avvicinamento di lui, dopo un periodo di anzianità. Non ho mai chiesto loro perché decisero che nascessi lì e non dalle nostre parti.
Dei giorni della mia infanzia a Lecco ho solo una manciata di ricordi, ma nitidissimi. Polaroid di angoli che non sono segnati in nessuna guida turistica e mai lo saranno. Il mio viaggio solitario, anni dopo, ha lo scopo di ricongiungermi a quelle sensazioni o almeno a quello che ne è rimasto.
Quando nacqui io Lecco era ancora parte della provincia di Como, ossia la città che mi sono lasciato alle spalle ed ora è sparita dietro chilometri di statale e una decina di rotonde.
Non so spiegare perché, ma te ne accorgi quando stai arrivando a Lecco, indipendentemente dal seguire le indicazioni. Si ha la sensazione che montagne, alberi, case e cielo inizino a convergere verso un unico punto, come un tovagliolo che viene tirato da un angolo, preludio del primo groppo alla gola: la vista del Resegone.
Lo ricordavo con la fronte innevata, scuro, vasto e terribile, per niente somigliante a questo massiccio verde che si staglia in un cielo azzurro di primavera inoltrata. Quanto mi divertiva da piccolo l’assonanza Resegone/sega! La casa dove abitavamo era una delle prime alle pendici del monte, praticamente gli stavamo seduti sulle ginocchia.
L’immagine del famoso massiccio me ne fa scintillare subito un’altra, per l’importanza quasi mitologica che gli attribuii: il ponte che divide il lago dal fiume. Neanche il tempo di pensarlo che ci sono già sopra, lo attraverso come se stessi tagliando un traguardo, con tanto di occhi spalancati e le labbra che si adagiano su un sorriso meravigliato. Il ponte. Il ponte! Il Lario da una parte e l’Adda dall’altra! Il ponte sotto il quale mio padre andava a pescare, ora ne scopro anche il nome: Ponte Azzone Visconti.
Senza aver tempo di riprendermi, appare il monumento ad Alessandro Manzoni: sempre lì, nella sua eterna posa di estrarre qualcosa dalla giacca, ti fissa con la sua espressione interrogativa celata dietro un accenno cortese di benvenuto. “Manzoni, da quanto tempo! Ti ricordi di me? Ogni volta che a scuola ti nominavano dicevo sempre: -Io stavo a Lecco, l’ho visto!-”. Si, sono nel pallone più totale.
Basta macchina, vado a piedi. C’è il lungolago con le giostrine e la pista delle macchinine elettriche che ora non funziona. Meglio così, avrei finito col farci un giro insieme a bambini con dieci anni meno di me e mi avrebbero preso per pazzo. Con dispiacere che definire immenso sarebbe riduttivo, noto che hanno tolto la locomotiva. La locomotiva era una carcassa arrugginita vicina al parco giochi dove tutti si facevano le foto. Era uguale a quella che fa da segnaposto nel Monopoli, chissà ora dov’è.
Rientro nel centro storico fino alla piazza principale, dove c’è la chiesa di San Nicolò con il suo campanile a forma di matita e più avanti la fontana a raso con tre zampilli, dove mi ritrovò mia madre dopo che mi ero allontanato da lei mentre prelevava da un bancomat lì vicino. Avevo tre anni.
La sera Lecco si addobba di luci per raddoppiarsi nel lago ed il colle di San Martino sembra offrirle il braccio. E’ una festa per gli occhi. Sono sull’ultimo scalone di fronte al porticciolo, dove le barche attraccate ondeggiano tutte fuori sincrono. Immergo una mano nell’acqua fredda e me la passo sul viso, rubando l’ultimo odore della giornata, il più importante. Sono in mezzo alle Alpi e per la prima volta non ho nostalgia del mare.
(Foto di Guido Bertolotti e di Marco Bonavoglia in licenza GFDL)
3 commenti a “Lecco, una meraviglia scritta sull’acqua e sulla pietra”
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Complimenti Luciano, mi piace il tuo racconto, hai saputo descrivere molto bene Lecco. Leggendo il tuo racconto ho “rivisto” con gli occhi della mente il nostro bel Resegone, così come lo vedo ogni mattina alzando lo sguardo, sempre con una luce diversa, a seconda del tempo, a volte nitido, stagliato nel sole mattutino, altre volte avvolto in una sottile nebbiolina azzurra, ma sempre riconoscibile per quella sua forma a sega. Così come ho rivisto tutti i luoghi della nostra bella Lecco che hai descritto così bene, la fontana di piazza XX Settembre, il San Martino, il ponte Azzone Visconti e l’immancabile campanile di San Niccolò, un simbolo ormai noto a Lecco, almeno quanto il monumento del Manzoni, nell’omonima piazza.
Conosco bene Lecco perchè ho vissuto per parecchi anni a Pescarenico e lavoro a Lecco anche ora che vivo a Mandello del Lario (un ridente paese sul lago a 10 Km. da Lecco). Grazie per avermi fatto comprendere che la bellezza è intorno a noi, basta saperla guardare. Spesso infatti tendiamo ad abituarci a quello che ci circonda e cerchiamo altri spazi, magari all’Estero, dimenticando quanto è preziosa la nostra bella Italia!