9 Novembre 2008

L’Eremo di San Bartolomeo in Legio: fuggire dall’ordinario caos cittadino

di Valeria Gatopoulos (Blog Roccamorice. Alla Scoperta della nostra Italia)

Eremo di San Bartolomeo in Legio

Eremo di San Bartolomeo in Legio

Se passeggiando per i verdi prati di Roccamorice vi trovaste di fronte una scalinata e qualche finestrella, che sembrano precipitare dalla roccia nella quale sono state costruite, non stupitevi! Non state sognando, né tanto meno siete ubriachi di quell’aria frizzante che vi solletica il naso. Siete semplicemente di fronte all’Eremo di San Bartolomeo di Legio.

L’edificio è nato, si pensa, attorno all’anno mille d. C e fa parte di quella costellazione di eremi che fa capolino tra le meravigliose montagne abruzzesi, famose, non solo per i numerosi parchi nazionali, ma anche per la loro tradizione pastorale e per l’asilo che hanno fornito per diversi anni a Fra Pietro da Morrone, meglio noto come Celestino V.

Talvolta interrotto dal belato delle greggi e dal cinguettio degli uccelli, l’immenso silenzio in cui è immerso l’eremo, crea un’atmosfera soffusa in bilico tra il sacro e il profano.

Visto dall’esterno l’edificio sembra essere un piccolo rifugio o un nascondiglio camuffato dalla nebbia o dalla coltre bianca di neve.

L’accesso all’eremo avviene scendendo lungo un percorso battuto tra alberi e sterpaglie: si è fuori dal mondo, non c’è nel raggio di chilometri niente di umano e tecnologico, a parte voi visitatori con i vostri iPod e i vostri cellulari, inutilizzabili per via dell’assenza di campo.

Dopo una scarpinata di 20 minuti, si giunge finalmente a quella scala che si osservava da lontano, vi renderete conto di quanto distanza e prospettiva ingannino, la Scala Santa, così come viene chiamata, non è affatto piccola!

Ventitré scalini da percorrere salendo in ginocchio e pregando, due rampe continue di cui una nascosta da un muretto di pietra bianca, logorato ed eroso dal tempo e dalle intemperie. Soprattutto al ritorno, scendendo queste scale vi sembrerà di precipitare giù, vi troverete aggrappati a quella parete benedetta cercando protezione e appiglio, è una sensazione strana, particolare, indimenticabile.

L’ingresso all’eremo avviene mediante una porticina in legno, che ridà su un locale cieco, con pareti e pavimenti spogli, che esaltano un piccolo altare con la statua di San Bartolomeo.

Al lato dell’altare scorre un rigagnolo d’acqua santa e miracolosa che defluisce in una vasca esterna a disposizione dei credenti.

Questa prima stanza, oltre alla cappella duecentesca affrescata, costituisce il corpo essenziale della struttura. C’è una seconda stanza spoglia, il cui uso non è stato accertato, e diversi corridoi e nicchie scavate nella roccia umida e bianca.

La visita all’eremo è consigliata specialmente il 25 agosto e il 9 settembre, per poterne meglio apprezzare il carattere religioso-folcloristico. Come da tradizione, infatti, i pellegrini in queste date, dopo la messa celebrata all’alba nella cappella e la colazione presso il sottostante torrente “Capo della Vena”, conducono in processione la statua del santo in paese.

Al di là dell’aspetto prettamente religioso del luogo, la visita all’eremo è uno dei modi migliori per poter passare una giornata a contatto con la natura, liberi da ogni tipo di stress cittadino, in una dimensione ascetica, emozionati da panorami mozzafiato e dall’ebbrezza del richiamo ancestrale pastorale che emanano i piccoli trulli che ricoprono la vallata sovrastante.

(Foto di Giovanni Lattanzi, per gentile concessione)

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