12 Dicembre 2008

Giovani a caccia delle potenzialità inespresse

di Sara Radicia (Blog Servigliano. Interviste Giornalisti)

Luca Moriconi

Luca Moriconi

Luca Moriconi, 30 anni, giornalista professionista. Ha vissuto per diversi anni a Roma e Milano, per poi tornare nella sua regione d’origine, le Marche. Oggi vive ad Ancona dove lavora nella sede regionale della Rai, ma è ancora legato alla sua città, a Servignano.

Cosa più le piace del suo lavoro?
Amo l’adrenalina che sale quando si racconta una storia, si dà una notizia, come si dice in gergo si “sta sul pezzo”, quando si ha tra le mani quel prezioso materiale chiamato “immagine” - un buon girato fa già il pezzo, non servono nemmeno le parole.
Pensare che la gente possa farsi un’opinione, capire meglio il come e il perché di certi fatti, grazie al tuo lavoro è una sensazione bellissima. Il vero giornalista, infatti, è sempre al servizio di chi lo ascolta, mai di sé stesso e in televisione bisogna diffidare dei malati del video: questo non è un mestiere scorciatoia per stare sul piccolo schermo.

Che rapporto ha con il territorio?
Amore e odio: classico per chi è fortemente attaccato alla sua terra ma vorrebbe che si evolvesse, che facesse quel salto in avanti.
Le Marche sono, secondo me, la più bella regione d’Italia: geograficamente abbiamo tutto in pochi chilometri - mare, collina, montagna - e celiamo tesori preziosi d’arte, storia e cultura. E forse proprio questo è il vero problema: questi tesori sono troppo nascosti.
Io comunque sono fiero d’essere marchigiano!

Servigliano in poche battute.
Piccolo centro dell’entroterra fermano, circa 2.500 abitanti, con una particolarissima e unica piazza quadrata - raro esempio in Italia e nel mondo, credo - Servigliano è il luogo dal quale tradizionalmente si scappa, ma altrettanto tradizionalmente si torna quando si cerca la propria tranquillità e il proprio passato. Me ne sono andato quando avevo 19 anni, ma ogni volta che torno è come se mi sentissi protetto da quelle strade e da quel silenzio. Oggi questo è una paese profondamente diverso da 10 anni fa, più giovane e dinamico.
Merito va dato a un’amministrazione che ha saputo rinnovarsi e che presenta una nuova generazione di giovani profondamente convinti che ogni territorio, anche il più piccolo, nasconde potenzialità inespresse fortissime.

Qual è secondo lei il luogo più bello?
Non c’è uno preciso; trovo che sia un gioiellino impossibile da dividere in luoghi.

Cosa vale la pena visitare?
Consiglio l’ex campo di prigionia, oggi diventato un centro sportivo all’aperto: l’ho sempre trovato un posto speciale dove respiri la storia. Venne costruito durante la prima guerra mondiale come zona di raccolta dei prigionieri e, durante il secondo conflitto, fu teatro delle deportazioni di ebrei e della prigionia degli alleati catturati dai nazifascisti.
Quando entri lì senti davvero il brivido lungo la schiena e pensi che più di sessanta anni fa la storia scriveva proprio lì una delle sue pagine più dure.

Cosa la rende più orgoglioso del suo comune?
La capacità di non spegnersi: Servigliano ha poche energie ma tutte ben spese.

Tre cose che secondo lei potrebbero essere meglio valorizzate.
La vecchia Chiesa di Santa Maria del Piano, il borgo e lo stesso Campo della Memoria.

Cosa farebbe per la sua città?
Costruirei una strada a scorrimento veloce che dimezzi i tempi di viaggio da e verso la costa.

Un momento di vita cittadina particolare.
Il famoso Torneo Cavalleresco di Castel Clementino che non credo abbia bisogno di pubblicità: è una delle rievocazioni storiche più importanti del centro Italia.
Per tutto il mese di agosto, il paese torna indietro nel tempo, al medioevo, quando l’Abate di Farfa cedette la zona pianeggiante - dove attualmente sorge il centro storico - per ricostruire il paese distrutto da una frana. Feste, banchetti e la giostra dell’anello, fra i cinque rioni in cui si divide la città, animano le strade, il borgo, l’estate dei cittadini.

C’è una tradizione culinaria in città?
Sono un po’ profano in materia ma, in generale, posso dire che a Servigliano e nei comuni limitrofi si producono i migliori insaccati di maiale della regione e rinomati vini, come il Falerio.

Come vede il futuro di Servigliano?
Non lo vedo perché per me è imprevedibile.
Spero che resti sempre il mio personale luogo della memoria, anche se poi la vita mi ha portato lontano da qui; che si evolva, cresca e non si fermi a quello che ha già conquistato; che vada avanti espandendosi, non solo, ma anche, demograficamente.

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