20 Febbraio 2009

Salvarsi dall’oblio attraverso anche il social network

di Maria Salerno (Blog Poggioreale. Alla Scoperta della nostra Italia)

Piazza Elimo

Piazza Elimo

Lo chiamano il paese “fantasma”, forse per via di quel terremoto che 40 anni fa lo colpì violentemente, costringendo i suoi abitanti ad abbandonarlo per zone più sicure.

E’ la terra degli “Elimi”, misterioso popolo che per più di un millennio si insediò in quella parte di Sicilia dominata dalla superba Segesta, ovvero Poggioreale, in Provincia di Trapani.

Un piccolo centro agricolo che sorge su quella Valle del Belice tristemente nota ai più per la funesta scossa che nel 1968 rase al suolo diversi comuni nella parte occidentale dell’isola.

Poggioreale reca ancora oggi, a distanza di oltre 40 anni, i segni di quella “freccia” che la colpì dritta al cuore e la ragione è da ricercare nel fatto che ben lungi dal cicatrizzarsi, quella ferita sanguina ancora.

Il comune nasce nel 1642, nobile e barocco con un impianto urbano a scacchiera ancora visibile dal tracciato viario. Il centro storico si sviluppa sul Corso Umberto I che dall’ingresso del paese conduce nella suggestiva Piazza Elimo con impianto classico, dove sorge la scalinata che conduce alla Chiesa Madre o Madrice, antico e glorioso simbolo del paese insieme alla Torre del Campanile.

Della Madrice l’ala nord è andata completamente distrutta, quello che è sopravvissuto al terremoto - vale a dire l’altare maggiore con le sue colonne barocche - è stato trafugato dagli sciacalli all’indomani della tragedia e il campanile vive ad oggi una situazione di grande precarietà.

Quel che resta dell’antico centro barocco non è quello che ci è stato restituito dal terremoto. Negli anni si sono avvicendati numerosi crolli che stanno conducendo all’inesorabile, impotente declino di un pezzo della valle del Belice, ma soprattutto alle perdita di uno spaccato di vita contadina, di tecniche costruttive, di un patrimonio archeologico notevole. Sul vicino Monte Castellazzo, solo per fare un esempio, sono state rinvenute tracce di insediamenti indigeni risalenti niente meno che al IV secolo a.C.

La ricchezza di Poggioreale è certificata dall’origine del suo nome, derivante dal latino “Podus Riali” ovvero “Poggio degno di un Re” perché sorge su una collina da cui è godibile una splendida vista e un clima mite.
Il suo fiore all’occhiello è sicuramente il centro storico, scelto dal regista Giuseppe Tornatore come set di due fra i suoi più celebri film: “Malena” e “L’uomo delle stelle”.

Ciò perché al di là della tragedia che l’ha colpito, Poggioreale rimane un luogo incantato e chiunque abbia fatto l’esperienza di passeggiare fra quei ruderi, non ha potuto fare a meno di respirare l’atmosfera magica che promana dalle sue antiche strade.

Nonostante i media non se ne occupino più perché la tragedia del Belice sembra ormai archiviata “nel regno dei fatti che - come si dice in gergo giornalistico - non fanno più notizia”, sono numerosi i turisti che in qualsiasi stagione dell’anno visitano l’antico borgo barocco. E, oltre ai turisti, c’è qualcuno che ama questo paese dimenticato, i poggiorealesi: quegli uomini e quelle donne che, in quel lontano 1968, trasferirono le loro vite nelle baraccopoli prima e nel nuovo centro poi, ma che non hanno mai abbandonato il ricordo delle strade e dei vicoli della città antica, che sopravvive imperiosa e regale a dispetto degli eventi.

E probabilmente sono figli di quella gente i giovani che hanno dato vita a un gruppo su Facebook, il social network più in voga del momento, per dire: “Salvate il campanile della chiesa madre del vecchio centro di Poggioreale”. In pochi giorni si sono moltiplicate le iscrizioni, segno tangibile di una sensibilità popolare che non vuole rinunciare a un pezzo della sua memoria, ma che da sola non basta a evitare che si consumi il dramma di un paese destinato a non essere conosciuto dalle generazioni a venire.

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