Lagonegro è un nome indubbiamente suggestivo e riporta a scenari surreali dalle fantasiose scenografie. Ma, ci troviamo abbondantemente nella nostra preziosa Italia, nella bellissima Basilicata e in uno scorcio naturalistico a due passi dalla Campania.
Quando penso a Lagonegro, mi viene in mente la vita ostica della provincia italiana, appena uscita dalla guerra e con grandi sogni in tasca. In particolare, un’immagine in me permane: quella di una stazione ferroviaria, con i treni che si allontanano; a bordo uomini colmi di speranze da consumare a migliaia di chilometri da casa (un altro modo per definire il fenomeno dell’immigrazione).
Lagonegro compare già nei documenti del primo Medioevo; sempre da questi si ricava l’origine del curioso toponimo. Nella bolla del Monsignor Alfano si nomina la località di Lacus Niger, chiamata così per la presenza di un lago dalle acque scure, oggi scomparso.
Altra caratteristica che lo distingue è la posizione: nel bel mezzo, tra il Mare Tirreno e l’entroterra più montagnoso, che lo pone come punto di convergenza per i tragitti e le strade del grande sud.
Una peculiarità che mi ha immediatamente colpito è la posizione della città più antica, detta Cartello.
Per arrivarci è necessario inerpicarsi su una lunga scalinata; il frutto di questa fatica è la visione di un bel centro storico, colmo di vecchie case e chiese. Il tutto sembra essere incollato all’irto costato.
Legata alla religione è la tradizionale festa della Madonna delle Nevi. La celebrazione non prescinde dalla natura circostante. È incredibile come l’uomo si sia adattato alla sua terra, l’ha fatta sua, per continuare il culto cristiano nei luoghi più disparati. Dicevo di questa festa: si svolge sostanzialmente in tre distinti momenti. A fine giugno la statua viene portata in cima al Monte Sirino a simboleggiare il ritorno della bella stagione. Nel mese di agosto invece, presso una cappella dedicata alla Madonna, si proseguono le celebrazioni. Infine, a settembre la Santa ritorna nel paese, al riparo dai rigori invernali.
Nei piccoli paesi, specialmente del sud, alcuni luoghi assumono il significato di avamposti verso un mondo diverso e, possibilmente, migliore. A Lagonegro, ieri più di oggi, la stazione ferroviaria è stata per molti una speranza. Si partiva con la classica valigia di cartone verso le Americhe, ma con il paese dentro il cuore. Guardo alcune foto del paese e trovo la stazione che avevo già immaginato: chissà quante partenze, quanti pianti a margine dei binari.
A questo punto potrebbe sorgere un dubbio legittimo: a parte le “amarcord” di circostanza, che cosa si può fare a Lagonegro?
Beh, l’ambiente naturale richiama i turisti per felici weekend di tranquillità, il classico dolce far nulla!
Se invece siete il tipico turista allergico alla stasi, sappiate che la località si trova a metà strada tra il mare e le più alte montagne di questa parte dell’Appennino.
La progressiva affezione dei turisti nei confronti dei “ridenti paesini”, come delle zone tranquille, ha favorito una buona affluenza in questo paese. Proveniente anch’io da una piccola realtà di provincia, perdo la relativa imparzialità per schierarmi e spezzare lance a favore delle cittadine defilate e vittime di “troppa tranquillità”.
Tornando a Lagonegro, si riscontra uno sviluppo di strutture recettive come hotel e agriturismi. Soprattutto i secondi trovano il loro habitat naturale, abbinando relax della mente a spudorate abbuffate di cibi prodotti in loco.
Infine, un piccolo racconto mitico sulla città: sembra che a Lagonegro siano stata sepolte le spoglie della celebre Monna Lisa, la nobildonna che ispirò il quadro di Leonardo.
Ad essere onesti, non ci sono prove certe, né tumuli a tal riguardo, ma un weekend a Lagonegro, in questo luogo dal curioso nome lo consiglio lo stesso!
(Foto di Stefano Paolini in licenza Creative Commons)
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